Con il recente debutto al Teatro Foce di Lugano di Radio Frankenstein, la vena creativa di Markus Zohner questa volta è al passo con i tempi e coglie spunto dalla stretta attualità per farci riflettere su un tema che si colloca perfettamente sulla scia del ciclo di approfondimenti «sulle origini del tutto» che il regista e attore da tempo realizza con interviste a tutto campo per la sua Radio Petruska destinata ad ascolti in podcast. L’attualità è quella legata al progetto di Sergio Canavero, il neurochirurgo italiano che vorrebbe trapiantare la testa di un paziente sul corpo di un uomo deceduto per morte cerebrale.
La notizia, che ha il sapore del paradosso, era stata data nel 2015 ma dopo aver fatto il giro del mondo sta ancora facendo discutere la scienza e l’etica soprattutto dopo che sappiamo che l’intervento, battezzato «Heaven» (paradiso), verrà realizzato entro la fine dell’anno in Cina. La nazione ospite sembra infatti aver garantito il suo finanziamento dichiarandosi disponibile a quella delicatissima e costosa operazione (11 milioni di euro, 36 ore di intervento e un’équipe di 150 medici) che, secondo il neurochirurgo, rappresenterebbe il primo passo verso l’immortalità. Una certezza conquistata dopo aver già eseguito il trapianto su nove topi.
Il dibattito che il progetto ha generato, soprattutto sul piano etico e morale, è spesso sfociato in polemiche ma soprattutto ha suggerito un paragone con l’esperimento del dottor Victor Frankenstein, il moderno Prometeo nato dalla fantasia letteraria di Mary Shelley ha ispirato la versione teatrale di Zohner che ha messo in scena con la sua compagnia una sorta di quarta parete subliminale fra pubblico presente in «numerus clausus», una sala operatoria e uno studio radiofonico. Il pubblico viene dapprima invitato a riempire un formulario anonimo rispondendo a domande sul valore del proprio corpo in relazione ai sentimenti, a risvolti venali, al senso del sacrificio. Gli spettatori vengono poi accolti in video da un’empatica operatrice e successivamente prendono posto su sedie allineate sul palcoscenico. Di fronte a loro due speaker enunciano la filosofia di «Radio Frankenstein», «la radio che ti fa essere ciò che sei». I due sono anche i chirurghi alle prese con un’anamnesi sdoppiata fra pubblico e vittima sacrificale, contrario a cedere la testa all’infelice proprietario di un corpo deforme. Andrà verso una nuova identità. E che cosa ci fa essere ciò che siamo? Siamo esseri umani perché abbiamo un cuore e un cervello?
Giocato sulle corde di una fredda ironia, in poco più di un’ora il copione immaginato da Zohner ci smonta i meccanismi di una verità annunciata che entra nel labirinto di un paradosso dove arte e scienza giocano a rimpiattino su qualcosa che, probabilmente, rischia di accadere davvero. Sono bravi tutti. Da Zohner nelle vesti di autore e regista a tutti gli interpreti: Patrizia Barbuiani, Santiago Bello, Luca Domas, Alessandra Francolini, Igor Mamlenkov, David Matthäus Zurbuchen con il designer Sandro Pianetti.