Bibliografia
Volker Weidermann, Das Duell. Die Geschichte von Günter Grass und Marcel Reich-Ranicki, Colonia, 2019, Kiepenheuer & Witsch, 2019


Per sempre uniti dalla letteratura

Marcel Reich-Ranicki e Günter Grass: storia di un rapporto travagliato
/ 13.04.2020
di Natascha Fioretti

In tempi in cui Tamedia annuncia che i settori sapere, cultura e società scompariranno e saranno riuniti in un unico grande ressort chiamato Vita (Leben) perché meglio risponde alle aspettative dei lettori contemporanei, vale più che mai la pena tuffarsi nel libro del giornalista e critico letterario tedesco Volker Weidermann che con grande passione, ricchezza di dettagli storici e personali racconta l’inseparabile e più famosa coppia della letteratura tedesca del secolo scorso. Soprattutto narra di un tempo in cui le pagine di cultura non solo erano il fiore all’occhiello dei giornali, ma uno spazio animato da una critica dissacrante e costruttiva, pagine in cui la società si identificava e trovava ispirazione in una dialettica del confronto.

Ad unire il premio Nobel per la letteratura Günter Grass e il papa della critica letteraria tedesca Marcel Reich- Ranicki non furono soltanto le origini polacche (nato a Danzica il 16 ottobre 1927 il primo, a Woclawek nel 1920, il secondo). I due hanno condiviso il terreno di gioco di una vita, una passione viscerale per la letteratura che in modi e circostanze diversi ha segnato il loro destino e rappresentato la loro ragione di vita. L’uomo delle SS e l’ebreo, il poeta e il suo critico sopravvissuto al nazismo non si sono scelti. Erano due avversari che si affrontavano a colpi di fioretto in nome di una certa idea di letteratura e di una certa idea di critica.

Secondo Marcel Reich-Ranicki il critico «deve saper decidere, deve dire chiaramente sì o no e assumersi il rischio del suo giudizio». Non solo, il critico deve sapersi confrontare con le questioni morali, filosofiche e ideologiche del suo tempo. Deve esercitare il suo influsso sulla letteratura e sugli autori. Ne segue che la letteratura deve essere impegnata, capace di confrontarsi con le grandi questioni morali del presente. Per Günter Grass, invece, deve alimentare il dubbio. Occasioni, rare, di riconciliazione tra i due ci sono state, una stretta di mano o un pranzo a base di pesce cucinato dallo scrittore nella sua casa berlinese che al critico è andato di traverso. Era terrorizzato dalle spine.

Il primo incontro avviene a Varsavia nella lobby dell’Hotel Bristol. È il giugno del 1958. Marcel in quei giorni pensa a fuggire dalla Polonia per tornare in Germania. Günter Grass non gli piace, lo descrive come un uomo trasandato, dall’abbigliamento zingaresco che gli incute paura. Si rallegra del suo buon tedesco e delle sue buone maniere. Più tardi, all’amico comune Andrzej Wirth, che li ha presentati, scriverà «Stai attento! Non è uno scrittore tedesco ma un agente bulgaro».

Il secondo avviene qualche mese dopo in Germania alla riunione del Gruppo 47, il più importante collettivo di scrittori della Germania ovest del secondo dopoguerra. È la prima in pubblico del tamburino nano Oskar Matzerath. In quell’occasione Günter Grass chiede a Marcel Reich-Ranicki: «che cos’è lei, un polacco, un tedesco o cosa?». Il critico letterario della «Frankfurter Allgemeine Zeitung» gli risponde «sono per metà polacco, per metà tedesco e per intero ebreo». È l’alba di una carriera di successo per entrambi, ma anche l’inizio di una relazione travagliata e appassionata.

Il primo gennaio 1960 Marcel Reich-Ranicki firma l’articolo che inaugura la sua storica collaborazione con l’illustre settimanale di Amburgo «Die Zeit». È la sua critica al Tamburo di latta uscito nell’autunno del 1959 e, a dispetto delle più lusinghiere e favorevoli dei colleghi, è una stroncatura del romanzo («non vale molto») e una bacchettata all’autore («il suo grande talento stilistico è anche la sua rovina»). Lo invita a combattere i nemici che si annidano nel suo petto e conclude «Gli auguriamo molta fortuna».

Poche, negli anni a seguire, sono le eccezioni in cui il critico concede allo scrittore il suo apprezzamento. Avviene per i suoi versi, Marcel Reich-Ranicki ha sempre amato il poeta Günter Grass «da nessuna parte è più ardito, naturale e sincero che nelle sue poesie». Tra i romanzi apprezza particolarmente Dal diario di una lumaca pubblicato nel 1972 in cui quattro storie tracciano il disegno di una colpa storica, nazionale e personale. Una è quella di Zweifel, sopravvissuto nella cantina di un uomo al quale ogni sera raccontava delle storie tratte dalla letteratura mondiale. Un’altra quella di un uomo delle SS che dopo la guerra diventò di sinistra.

E se nel 1964 Marcel Reich-Ranicki aveva duramente condannato gli scrittori tedeschi, Günter Grass in primis, per aver taciuto in occasione dei processi di Auschwitz a Francoforte, nel 1973 capitò anche a lui di tacere. Da poco nominato responsabile delle pagine letterarie della «FAZ», insieme a sua moglie Tosia prese parte a un ricevimento a casa dell’editore Wolf Jobst Siedler. Grande fu lo sgomento quando vide Joachim Fest e scoprì che avrebbe presentato la sua monumentale biografia su Hitler. Una barbarie invitare dei sopravvissuti all’Olocausto a un evento simile. Ma il critico tacque. Era entrato nella stanza del potere dell’editoria tedesca e non intendeva uscirne, tacque per essere finalmente uno di loro.

Tra il 1980 e il 1993 i due affilarono le lame. Una prima volta fu durante la puntata della storica trasmissione televisiva di Marcel Reich-Ranicki Das literarische Quartett che consacrò definitivamente la sua fama e il suo potere. Lui e i suoi ospiti criticarono duramente il diario-reportage sull’India dello scrittore. Ma a far precipitare la relazione fu la famosa copertina del settimanale «Der Spiegel» nel 1995 in cui la caricatura di un indispettito Marcel Reich-Ranicki strappa in diretta il romanzo Ein weites Feld (Un lungo anno) che Günter Grass dedica alla riunificazione tedesca. Titolo e sottotitolo di copertina recitano «Mio caro Günter Grass… Marcel Reich-Ranicki sul fallimento di un grande scrittore». Non c’è che dire, tra i due, il più irruento, rumoroso, il più intransigente e ruvido, talvolta cattivo, fu Marcel Reich-Ranicki, perché con lui la vita era stata dura e impietosa.

Quando poi nel 1999 Grass riceve il premio Nobel per la letteratura, il critico in un’intervista allo «Spiegel» dice: «chi altri se non Günter Grass? Si immagini se lo avesse ricevuto Martin Walser, sarebbe stato un colpo tremendo. O lo stupido Peter Handke. Sarebbe stata una catastrofe!».I due, alla fine, si saluteranno in un grande abbraccio fraterno, l’abbraccio di chi nel bene e nel male ha condiviso un’esistenza. Marcel Reich-Ranicki gli dedicherà una poesia nella quale definisce lo scrittore «il poeta della nostra generazione». Günter Grass contribuirà al volume in omaggio agli 85 anni del critico ricordando il loro ultimo incontro «consapevoli di dipendere l’uno dall’altra ci siamo affrontati con delicatezza. Avrei dovuto abbracciarla. Lo faccio ora».