In queste giornate sospese fatte di silenzi e di attesa, lo spazio pare ovattato e il tempo sembra espandersi in una dimensione surreale e indefinita. L’esistenza di molti di noi scorre più lenta, più mansueta, ridefinita com’è secondo parametri a cui non eravamo avvezzi. Con l’esterno privato del suo palpitante dinamismo, l’interno domestico è diventato il luogo dove i pensieri si fanno più concentrati, più nitidi, e dove la vita reagisce e si prepara al domani.
Ciò è più che mai vero per gli artisti, chiamati in queste settimane a riflettere profondamente sulla realtà, a porsi domande essenziali e primarie nell’intento di indagarla e interpretarla fin nei suoi risvolti più intimi.
Abbiamo chiesto a tre artisti ticinesi di renderci partecipi di come stanno trascorrendo questi tempi difficili, di raccontarci se e come è cambiata la loro quotidianità, il loro modo di sentire e di fare arte in un momento in cui i confini dell’agire sono circoscritti.
«Vivere una sorta di esistenza dilatata è una condizione che mi ha sempre accompagnato», confessa François Bonjour. «Fa parte del mio modo di essere artista escludermi da tutto e portare avanti la mia ricerca in solitudine. È un approccio, questo, che rispecchia la consapevolezza della complessità di adattarsi alla società. Nella mia casa a Dino mi dedico all’arte e coltivo molti interessi, e se questa pandemia non ha mutato le mie consuetudini, ha però innescato in me nuove considerazioni che sono andate ad aggiungersi a concetti che sto elaborando già da tempo. Sono sensazioni che hanno influenzato le mie opere stimolando ancor di più il mio linguaggio espressivo, già improntato su alcune tematiche specifiche. In questo periodo sto lavorando molto sull’idea di nascita, di germoglio come legame trasparente della vita che ci unisce in questo mondo terreno. Spero che piano piano la normalità possa ristabilirsi così da poter portare avanti alcuni progetti a Lugano, Colonia e Venezia. Mi auguro inoltre che la mia mostra alla Biblioteca dei Frati a Lugano, per me fonte di tanta soddisfazione, possa presto riaprire dopo la sospensione dovuta a questa emergenza sanitaria».
«La mia abitazione a Carona è anche l’atelier in cui dipingo e qui la mia vita non ha subito grosse variazioni», ci racconta il pittore Livio Bernasconi, ottantotto anni il 23 di aprile. «Come si usa dire oggigiorno, io “lavoro a domicilio” e le mie giornate scorrono anche in questo momento secondo i ritmi a cui ero abituato. Sebbene come tutti sia preoccupato per questa situazione, non dimentico che nel mondo si ripetono di continuo tragedie umane non causate da virus, e questo a partire dall’epoca della rivoluzione sociale neolitica, quando hanno incominciato a svilupparsi le forme di aggregazione politica ed economica».
Se nelle sue opere Bernasconi rimane sempre concentrato sui principi costitutivi della pittura, non facendosi così suggestionare dagli accadimenti esterni, la pandemia ha comunque condizionato la sua attività rimandando alcuni dei suoi progetti, tra cui la presentazione di un nuovo libro d’artista accompagnata da un’esposizione: «Era questo un evento pianificato per inizio aprile presso la Biblioteca Cantonale di Lugano. Il volume è stato curato dal critico d’arte Dalmazio Ambrosioni e il programma prevedeva, quale riscontro visivo dei lavori pubblicati, una mostra di miei dipinti realizzati nell’ultimo decennio. Tutto è stato rinviato a data da destinarsi e sarà per me una delle prime cose di cui occuparmi appena ci saremo lasciati alle spalle questo periodo complicato della nostra storia».
È confortante apprendere poi dalle parole degli artisti come questi tempi di pandemia siano stati trasformati in un’occasione per meditare sulla propria ricerca, in un’opportunità per fare chiarezza negli intenti e nei contenuti delle creazioni future. Per Alex Dorici, giovane artista luganese abituato al contatto diretto con lo spazio urbano e con la gente, l’isolamento ha formulato in maniera diversa, ma sempre feconda, la sua attività: «Fortunatamente sto continuando a lavorare nel mio studio. Certo mi mancano le relazioni con le persone e ho dovuto ricalibrare il mio concetto di spazio, ma in questo momento sto approfittando della situazione per portare avanti la mia indagine pittorica», ci spiega l’artista.
«Continuo a ideare e produrre e posso affermare con serenità che da questa triste circostanza sto imparando ad apprezzare il tempo, un elemento prezioso troppo spesso dato per scontato. Le mie incertezze sono perlopiù legate alle mostre già programmate e che purtroppo non si sa se potranno svolgersi regolarmente. Nel caso della mia produzione artistica il mancato svolgimento di un’esposizione significa l’impossibilità di realizzare concretamente un progetto e di poterne apprezzare il dialogo con l’ambiente per cui è stato pensato. Ciò che stiamo vivendo fa emergere in noi artisti molte riflessioni, soprattutto su quello che sarà domani il nostro ruolo. Dovremo sicuramente cercare di trasmettere una rinnovata energia. Nessuno sa quando si potrà ritornare alla normalità e quale tipo di normalità troveremo. Probabilmente bisognerà costruirne tutti insieme una nuova. L’importante è riuscire a farsi trovare preparati, provando a comprendere i cambiamenti per non rimanerne sopraffatti».