Dove e quando
Marcello Mastroianni, Roma, Ara Pacis. Orari: 9.30-19.30; fino al 17 febbraio 2019. arapacis.it


Omaggio al bel Marcello

All’Ara Pacis di Roma un’esposizione celebra uno dei volti più noti del grande cinema italiano
/ 24.12.2018
di Blanche Greco

«Marcello, come here!» Anita Ekberg, sirena bionda in abito da sera, nel silenzio della notte, avanza intrepida tra gli spruzzi e le statue, nell’acqua luccicante della Fontana di Trevi chiamando un giovane Marcello Mastroianni riluttante, ma affascinato che, di slancio, si toglie le scarpe e la raggiunge. È la sequenza più celebre della Dolce Vita di Federico Fellini, ed è una delle tante presenti nella prima Mostra dedicata a Mastroianni a Roma, all’Ara Pacis, sino al 17 febbraio.

Interprete di ben 145 film e di una lunga serie di commedie, lo riscopriamo bello, sfolgorante, il sorriso appena abbozzato, l’aria di chi non si prende sul serio, eppure misterioso, sorprendente perché vulnerabile, lo ritroviamo nei panni dell’ingenuo spettatore dello spogliarello di Sophia Loren in Ieri oggi e domani; oppure nel compassato barone Cefalù di Divorzio all’Italiana, o nel malinconico protagonista di Una giornata particolare. Ascoltiamo i suoi registi e amici parlare di lui, come Luchino Visconti che lo diresse a teatro e poi nel film che gli diede il successo: Le notti bianche (1957), definirlo: «Pigro, indolente, ma sul lavoro un professionista instancabile, disponibile e serio. Però quando la scena è finita lui magicamente sparisce e se chiedi dov’è, invariabilmente ti rispondono: “Al telefono”. Marcello è sempre al telefono».

Mario Monicelli che l’aveva diretto in vari film tra cui I soliti ignoti, in una vecchia intervista svela invece parte del fascino e del successo internazionale di Mastroianni: «La sua silhouette così discreta, così autoironica, ha portato nel mondo intero un’idea della nostra civiltà, della nostra cultura che ben pochi altri hanno saputo offrire con la stessa eleganza». Ma la mostra Marcello Mastroianni è più della celebrazione di un artista, perché il suo curatore Gian Luca Farinelli, alle immagini, ai film e alle voci di chi lo ha conosciuto, ha aggiunto quella vellutata e inimitabile di Marcello che si racconta.

Perché lui, sobrio e refrattario alla mondanità e a quegli atteggiamenti divistici così amati dai suoi colleghi, dopo aver vestito i panni di tanti personaggi diversi, dopo essere stato per anni l’alter ego cinematografico di Federico Fellini, sentì l’esigenza di spiegarsi, di dire la sua su se stesso, la sua vita, le sue scelte, i suoi incontri, in un lungo documentario-testamento ironico e divertito, dal titolo: Mi ricordo, sì mi ricordo del 1996. Il film venne girato in Portogallo, dalla sua compagna, la regista Anna Maria Tatò, non lontano dal set di Viaggio all’inizio del mondo di Manoel de Oliveira, il suo ultimo impegno di lavoro, pochi mesi prima della sua scomparsa. Così, punteggiata da brani di questa insolita e simpatica biografia, la mostra diventa intima e confidenziale: l’uomo e l’attore si fronteggiano e si svelano davanti agli occhi dello spettatore-visitatore, grazie ai racconti e ai commenti divertiti di Marcello sulla sua carriera e la sua vita.

Ci sono i ricordi d’infanzia nella bottega di falegname del nonno e del padre, dove si aggirava dopo la scuola; quelli della guerra, dove talentuoso disegnatore assunto dall’Istituto geografico militare, per paura di venire trasferito in Germania, scappa a Venezia grazie a un falso lasciapassare: «Decisamente quello fu il mio disegno migliore!» – commenta sarcastico. Ma c’è anche il racconto del suo ritorno a casa dopo la guerra: un viaggio-odissea, degno di un film di Monicelli attraverso l’Italia, a cavalcioni di un’autocisterna di benzina con una valigia piena di fagioli, destinati alla sua famiglia a Roma, della quale non ha più notizie da mesi. Non sa che, grazie a suo fratello Ruggero (poi montatore cinematografico) il quale all’epoca aveva trovato lavoro come cameriere all’Hotel Excelsior, i suoi non hanno mai patito la fame, anzi: «Ho sempre pensato che il diabete di papà e la sua morte» – chiosa Marcello – «siano stati la conseguenza di tutti i dolci che mangiarono in quel periodo».

C’è l’appuntamento, sulla spiaggia di Fregene vicino a Roma, sotto il sole rovente nel giugno 1958 con Federico Fellini che gli propone d’interpretare La Dolce Vita: «Federico mi accolse con un flautato: “Marcellino, Marcellino….” Io mi preoccupai, perché quando usava i diminutivi voleva ottenere qualcosa, senza raccontarti niente». Ricorda Mastroianni che accetta il ruolo di protagonista anche se al posto della sceneggiatura gli viene mostrato un disegno: un uomo che nuota in mare, ma sotto il pelo dell’acqua ha un sesso lunghissimo intorno al quale, come pesciolini, si aggirano delle donne. «Lo guardai e glielo resi senza commenti». – conclude Mastroianni – «Avevo sbagliato a chiedere la sceneggiatura. Non avrei mai più fatto una richiesta simile a un regista».

Sensazioni, emozioni, storie personali raccontate con la sua tipica autoironia, ma anche incomprensioni, etichette che lo irritano profondamente come essere celebrato come un «latin lover» dalla stampa americana: «Una vera stupidaggine! Perché nei film mi vedono attorniato da belle donne! Ma è per lavoro!» – sottolinea stizzito Mastroianni – «Ho fatto carriera con il mio mestiere, non certo facendo il bellimbusto». E Marcello pare dimenticare i suoi amori da rotocalco: Faye Dunaway e poi Catherine Deneuve, forse perché fanno parte della sua «vita tra parentesi», come lui chiamava la sua vita «reale» che si svolgeva tra un film e l’altro, anche se era sempre legata al cinema, pensiamo a Flora Carabella sua prima moglie, anche lei attrice, e ad Anna Maria Tatò.

Una vita «vera» che «chissà se è esistita» si chiede sognante Mastroianni che, nelle lunghe pause sul set, si «attaccava al telefono» per combattere la noia; per scaricare la tensione, ma soprattutto per illudersi di vivere una vita normale con gli amici e la famiglia. Invece era sempre prigioniero del cinema e della propria immagine tanto che persino indulgere nei piaceri della buona tavola, una delle sue passioni, ogni volta gli costava settimane di dieta ferrea per tornare sul set magro e affascinante come sempre.