Nuove leve ticinesi

Al netto dello scandalo che ha contrassegnato i primi giorni della kermesse, a Bellinzona si sono viste opere interessanti e che spingono alla riflessione
/ 25.11.2019
di Nicola Mazzi

La 32esima edizione di Castellinaria sarà ricordata, purtroppo, come quella di Alessandro Haber che, sul palco, si è rivolto in modo inopportuno alla conduttrice della rassegna bellinzonese. Facendo passare i film in secondo piano. Peccato perché la varietà delle proposte e la qualità dell’offerta erano ottime e avrebbero dovuto primeggiare. Ma così non è stato. Il polverone che ha suscitato lo sgradevole episodio è stato tale da offuscare il resto. 

Ma siccome questo spazio è dedicato al cinema più che alla cronaca, rimettiamo i film al posto che meritano anche perché gli spunti interessanti non sono mancati. In particolare, desidero concentrarmi su due film ticinesi presentati in anteprima: I segreti del mestiere di Andreas Maciocci e L’ombra del figlio di Fabio Pellegrinelli che – insieme al documentario I ragazzi dello sciopero di Misha Györik – hanno rappresentato il Ticino alla kermesse. 

Pellegrinelli, al suo debutto con un lungometraggio, ha proposto un’opera che contiene il tono delle precedenti sue produzioni: Notte noir e Strategia dell’acqua. In questo caso la vicenda mette in scena un chirurgo ticinese, Giovanni Barbieri, e suo figlio, Alberto, divenuti quasi estranei a seguito della morte di Laura, rispettivamente moglie e madre. Sarà una violenta aggressione di Alberto ai danni di un giovane ragazzo ucraino, Ivan, e il coinvolgimento di Giovanni in una losca vicenda con un clan mafioso dell’est a dare il via al riavvicinamento di questi due mondi e alla scoperta l’uno dell’altro. Un’opera sicuramente studiata ed elaborata che si fa seguire abbastanza bene grazie ad attori nella parte e piuttosto credibili, e a una scrittura realistica e senza particolari sbavature. Tuttavia, a mancare è il ritmo. Seppur girato in modo corretto con inquadrature precise, il film non riesce a catturare del tutto l’attenzione dello spettatore. Le scene sono a tratti statiche e in definitiva mancano di fluidità e di tensione narrativa. Tutti aspetti che miglioreranno sicuramente con l’esperienza, perché il talento c’è e si intravede. 

Anche l’altro giovane debuttante ticinese alla regia di un lungometraggio, Andreas Maciocci, ha mostrato cose interessanti. Il suo I segreti del mestiere è una storia di formazione che si inscrive nel realismo magico. Il protagonista è un adolescente introverso, Samuel, che si trova alle prese con i problemi classici di quell’età: l’amore, il rapporto con il padre e il desiderio di esprimere la propria personalità. Proprio per sfogare il suo estro ha inventato un personaggio animato: Aline, una ragazzina vispa e determinata, la quale risolve casi che neppure la polizia riesce a dipanare. E con lei dialoga in un continuo ping-pong tra fantasia e realtà. È proprio questo l’aspetto più interessante del film, il gioco tra i due mondi che si intercalano dando una chiave di lettura diversa agli eventi che si succedono e aggiungendo ulteriore senso al carattere del ragazzo e all’intera opera. Anche in questo caso, tuttavia, ci sono delle carenze che dovranno essere colmate nel prosieguo dell’altrettanto promettente carriera di Maciocci. La recitazione del giovane Massimiliano Motta, a volte, non riesce a essere del tutto convincente.

Così come la scrittura di alcune scene; su tutte quelle legate al mondo assicurativo ticinese di cui fa parte il padre e che sembrano più adatte a una metropoli come New York che a una realtà piccola come la nostra. Dettagli, forse, ma che sono importanti nella descrizione di un territorio che si vuole valorizzare grazie all’importante lavoro che sta facendo la Ticino Film Commission. Non basta solo mostrare le location, i nostri bellissimi luoghi (in questo film a essere protagonista è il paesaggio urbano nei dintorni della stazione di Chiasso) al pubblico. Bisogna anche saperli descrivere, attribuire loro una realtà e una verità che qui, purtroppo, è un poco assente.