Dove e quando
Fiori e ombra. Le fotografie post mortem di Roberto Donetta. Casa Rotonda, Corzoneso. Orari: sa e do 14.00-17.00 o su appuntamento: info@archiviodonetta.ch o tel. al numero +41 91 8711263. Fino al 28 aprile 2019. archiviodonetta.ch


Nell’ultimo splendore

In mostra a Corzoneso le suggestive e impressionanti immagini realizzate «post mortem» dal pioniere ticinese Roberto Donetta
/ 11.03.2019
di Giovanni Medolago

Il binomio classico recita Eros e thanatos. È oggetto di discussione da quasi tre millenni, a partire dai filosofi greci e latini, e in tempi più vicini a noi (Al di là del principio del piacere, 1920) Sigmund Freud ne fece un caposaldo della sua teoria psicanalitica.

Con grazia (e sagacia) tutta femminile, Anna Lisa Galizia – già responsabile del Museo di Villa dei Cedri – ha scelto un’accoppiata decisamente più affabile, Fiori e ombre, per presentare una serie di immagini post mortem, affiancate a motivi floreali e selezionate tra le migliaia di lastre lasciateci in eredità da quel sempre sorprendente pioniere della fotografia che fu il bleniese Roberto Donetta (1865-1932). Accanto alle stampe ai sali d’argento ottenute da Alberto Flammer dopo un lungo e delicato procedimento, ci sono stavolta anche le stampe in digitale curate da Stefano Spinelli.

La pratica della fotografia post mortem nacque a metà del XIX secolo (per poi cadere in disuso circa un secolo dopo) e si diffuse soprattutto nelle classi meno abbienti. Mentre ricchi e benestanti potevano posare per i loro ritratti quand’erano ancora ben vivi e vegeti, i meno fortunati si dovevano accontentare di un solo scatto – dal costo allora quasi proibitivo – cui tuttavia non volevano rinunciare, poiché era l’ultima possibilità per conservare un ricordo iconografico del loro «caro estinto»; un’immagine che permettesse a famigliari, amici e conoscenti di rievocare il defunto anche a decenni di distanza.

«Fissando in modo duraturo su un supporto materiale la luce e l’ombra di ciò che è stato – scrive la Galizia – queste immagini sembravano poter opporre resistenza alla natura fuggevole e immateriale del ricordo, destinato irrimediabilmente a svanire». È inoltre probabile, aggiunge, «che queste immagini volessero dare una visione appagata della morte, insistendo soprattutto sul parallelismo tra morte e sonno. Un modo per rasserenare i famigliari con l’idea che il passaggio si fosse svolto serenamente e che il defunto fosse pronto per risvegliarsi alla vita eterna. Molti testi pubblicitari dell’epoca insistono su questo punto, e l’associazione morte-sonno non è nuova: le divinità greche Ipno e Tanato non sono forse gemelle?».

Donetta sempre sorprendente, dicevamo; concreto e pragmatico osservatore di tutto ciò che accadeva attorno a sé: attività dell’uomo, avanzata del progresso (l’arrivo della ferrovia Biasca-Acquarossa e la nascita della Cima Norma), paesaggi bucolici e/o stravolti dalla furia della natura ecc.; già attento a non togliere mai dignità a chi finiva davanti al suo obbiettivo ancora vivo, Donetta accentua ancor più quel «distacco emotivo» – còlto a suo tempo da David Streiff – quando si trova nel mezzo di una veglia funebre.

Date le circostanze, è costretto a rinunciare alla sua verve di scenografo: niente drappi e tovaglie a fungere da fondale e nessuna messa in scena (tranne per quell’immagine un po’ inquietante del suo ultimogenito Saul, disteso quale finta vittima di quella vipera che porta sul petto, lei sì morta stecchita!). Però, nella pur disadorna stanza allestita come modesta camera mortuaria dalla famiglia Cizzio, a Donetta riesce il miracolo di dosare la luce, probabilmente di candele e lampade a olio (come Kubrick per Barry Lyndon), in modo che la penombra che avvolge i familiari accanto e dietro il feretro diventi viva luce che s’irradia sul letto di morte, col volto del defunto illuminato solo sul suo profilo destro con perfetta simmetria.

Detto delle ombre, beh: riguardo ai fiori Donetta gioca in casa, poiché quella di venditore di sementi era la sua altra attività. La fotografia è «troppo costosa per essere un passatempo, troppo poco remunerativa per costituire una professione» (A. Mariotti), soprattutto quando hai un numerosa famiglia sulle spalle. In questo contesto, mirabile ci sembra in particolare l’immagine intitolata Fioritura notturna di un’Echinopsis, la cui corolla sembra la testa di un dinosauro corazzato e posto su un ceppo d’albero squamoso.

Un altro chapeau! a questo pioniere autodidatta, ribelle a suo modo in campo artistico come nella vita, capace – lassù nella Valle di Blenio d’inizio ’900 – di un’opera «figlia di una sua musa randagia» (A. Nessi).