Dove e quando
Chaplin’s World, Corsier sur Vevey (Rue de Fenil 2). www.chaplinsworld.com

Charlie Chaplin davanti alla sua villa romanda in un’immagine del 1969 (Keystone)


Nell’incredibile mondo di Charlot

Curiosità e meraviglie nel «Chaplin’s world» di Corsier sur Vevey
/ 26.02.2018
di Giovanni Medolago

«Abbiamo una bella casa con quattordici ettari di terreno sopra Vevey, città bella e antica, che ha ospitato Rousseau e Courbet. La vista del lago e delle montagne ha un fascino indescrivibile e i bambini sono tutto il giorno in esplorazione nei boschi e nei frutteti, si arrampicano sui ciliegi, i peschi, i susini, i meli, i peri. Nelle giornate di sole come queste pranziamo nel frutteto e dovresti sentire quant’è buono il mais che coltiviamo... e le fragole, i lamponi e il ribes nero.

La posizione è strategica, in due ore raggiungiamo in pratica tutte le capitali europee. Sono stato parecchie volte a Londra e a Parigi, ma la maggior parte del tempo la passo a Corsier – è proprio la casa di campagna ideale». (da una lettera a Clifford Odets, sceneggiatore/attore).

Così scriveva Charlie Chaplin (CC) all’amico rimasto in quegli USA dove Charlot, il Vagabondo, non poté più rientrare, colpito da uno degli ultimi colpi di coda del maccartismo. Per la verità, non solo la casa bensì tutta la campagna intorno a Vevey è ideale, sembra quella «Svizzera verde» cantata da De Gregori. È lo stesso Charlot a dare il benvenuto ai visitatori del Chaplin’s World, con una statua sull’uscio, ma l’inconfondibile omino con baffetti cilindro e scarpe grosse già ci appare dai giganteschi murales dipinti su due palazzoni, poco prima dell’ultima rampa che porta al Manoir de Ban, un villone affacciato sul Lemano costruito nel 1840 dall’architetto vodese Philippe Franel nel mezzo di un parco dalle sequoie secolari. Dal 16 aprile dello 2016 (quel giorno CC avrebbe compiuto 127 anni, essendo nato nella Londra dickensiana del 1889), sono aperte al pubblico le porte dell’elegante maniero, al quale è stato affiancato «le Studio», ed è da lì che inizia la visita. Emozionante, diciamolo subito, poiché ci fa toccare con mano la definizione di cinema quale fabbrica dei sogni.

C’è tuttavia molto di reale e ben concreto in quello che sembra riduttivo definire semplicemente museo: le vere foto dei tuguri dove CC visse un’infanzia tormentata quanto appassionante (a cinque anni era già sul palco, per sostituire il babbo, troppo ubriaco per reggersi in piedi) ci introducono alla stanzetta dove viveva invece con Il monello (il piccolo, geniale attore Jackie Coogan), primo lungometraggio e primo grande successo di Charlot dopo un’infinita serie di «due rulli», quei cortometraggi da 20 minuti circa che noi chiamiamo «comiche».

Il visitatore può letteralmente dondolarsi nella baracca pericolante lassù nel Klondike, dove Charlot contrasse «La febbre dell’oro», non così alta tuttavia da impedirgli d’inscenare il balletto delle scarpe, quelle scarpe (in mostra a Corsier) che finirà per mangiarsi, suole comprese. Spezzoni di film celebri, estratti dai Super 8 familiari (scelti per offrirci CC in improvvisate gag domestiche), foto e un’infinità di mirabilia ci permettono di scoprire non solo le soluzioni escogitate per girare questa o quella scena, ma anche qualche tratto del carattere dell’uomo/artista CC. Per esempio la sua pignoleria nel registrare, sino all’ultimo cent, costi e ricavi dei suoi film: per The Gold Rush spese 923’886,45 dollari per 170 giorni di tournage e l’impiego di 600 comparse, trasportate in Alaska con treni speciali! C’è poi l’aspetto ludico: potete farvi dare una spuntatina ai capelli nel salone dell’umile barbiere sosia di Hinkler nel Grande dittatore.

Si passa poi al Manoir, dove spiccano eleganza e gusto che non scivolano mai nell’opulenza sfacciata. La raffinata sala da pranzo perfettamente apparecchiata con ceramiche e cristalli preziosi; il pianoforte dove CC compose le musiche dei suoi film; la biblioteca e lo studio dove presero forma le sceneggiature dei suoi lavori e infine la camera da letto. La signora Chaplin, al secolo Oona O’Neill (figlia del drammaturgo Eugene), l’ha conservata intatta dopo la morte del suo geniale e affascinante marito, avvenuta – ultimo coup de théâtre – la notte di Natale del 1977. «In questa casa i nostri genitori hanno vissuto 25 anni felici» – hanno dichiarato concordi gli eredi di CC e Oona. E la figlia forse più famosa, Géraldine, ha voluto aggiungere: «Mamma voleva tanti figli, e a papà piaceva vederla col pancione!».

Venticinque anni di felicità confermati dalle parole che chiudono l’autobiografia di un artista che con la sua grazia ha saputo conquistare (e far ridere) più generazioni nel mondo intero: «Oltre il lago vedo i monti silenziosi, e in questo stato d’animo non penso che a godermi la loro magnifica serenità».