Bibliografia
Bernhard Schlink, Il lettore, traduzione di Chiara Ujka, Neri Pozza editore, p. 205, € 16,00.

Bernhard Schlink (qui in una foto dell’anno scorso) è l’autore di A voce alta, ora diventato Il lettore (Keystone)


Nelle pieghe di una storia

In un’era in cui sempre più spesso si tende a dimenticare, Neri Pozza propone una nuova traduzione di Der Vorleser, capolavoro di Bernhard Schlink
/ 15.10.2018
di Luigi Forte

Sono passati oltre vent’anni da quando il giurista-scrittore Bernhard Schlink pubblicò il suo bestseller Der Vorleser, tradotto in tutto il mondo e portato poi sullo schermo da due registi inglesi, Anthony Minghella e Stephen Daldry. Nel 1996 uscì in italiano con il titolo A voce alta. Ora l’editore Neri Pozza propone il romanzo in una nuova versione a cura di Chiara Ujka e con un titolo, Il lettore, che rispecchia l’originale. In tempi in cui sembra che la memoria storica si stia sempre più affievolendo, le pagine di Schlink risultano più che mai attuali con la loro dolorosa riflessione su un tragico passato che nemmeno l’amore può estinguere.

Al pubblico di lingua italiana lo scrittore Schlink, nato a Bielefeld nel 1944, per anni magistrato, poi docente di filosofia del diritto presso l’università Humboldt di Berlino, è soprattutto noto per alcuni romanzi polizieschi incentrati intorno alla figura dell’investigatore privato Selb, simpatico e sornione un po’ come Maigret, che tra un’inchiesta e l’altra si addentra nei labirinti del dopoguerra. Schlink scandaglia così atmosfere e psicologie, ambienti e personaggi, ma in realtà le sue detective stories rappresentano solo un pretesto, perché ciò che gli sta a cuore è sempre una sola cosa: la storia tedesca e le sue profonde ferite e contraddizioni. E Il lettore rispecchia tale prospettiva in modo assai coinvolgente e appassionato, anche se il romanziere, da abile funambolo qual è, riesce a mantenere in equilibrio la scrittura prosciugandola al massimo.

Ambientato nella Germania degli anni Cinquanta proprio quando il paese cercava a fatica di affrancarsi dall’esperienza terribile della dittatura e della guerra per ritrovare il gusto della vita, Il lettore racconta la storia di un’attrazione fatale a cui soggiace Michael Berg, all’inizio solo un quindicenne che cerca di lasciarsi alle spalle l’adolescenza e il ricordo di un lungo inverno trascorso per lo più a letto a causa dell’itterizia. Proprio all’uscita dalla scuola, mesi prima, era stato colto da forti conati di vomito e soccorso da una sconosciuta trentenne, Hanna Schmitz, che dopo averlo aiutato lo aveva accompagnato a casa. L’immagine della donna rapisce a tal punto il ragazzo da indurlo a cercarla e a farle visita nella sua modesta abitazione, memore di quell’attimo in cui lei, per rincuorarlo lo aveva abbracciato.

Momenti che nel corso degli anni si riaffacceranno sulla soglia della realtà, nelle fantasie oniriche, come se quell’iniziazione sentimentale fosse il centro di una complessa e inesauribile esperienza di vita. La curiosità e l’ardore di Michael trovano una risposta pressoché immediata nell’accoglienza di Hanna, nei suoi slanci amorosi e nelle sue gioiose pulsioni erotiche. Pudori, turbamenti, sensualità si alternano su uno sfondo di mistero in cui è radicata l’esistenza della donna. E la grazia dell’amore soggiace alla violenza del passato: alle responsabilità che Hanna si porta dietro come ex ausiliaria delle SS in un lager satellite di Auschwitz. Un tema intrigante, sul filo di un disinvolto kitsch, che la scrittura sorvegliata e asciutta di Schlink domina perfettamente.

La passione sembra non aver fine, anzi il ragazzo s’innamora ed entra nella sua vita: ora sa che la donna è cresciuta in Transilvania ed è giunta a Berlino non ancora ventenne, è stata operaia della Siemens e ha fatto molti lavori prima di diventare bigliettaia presso l’azienda dei trasporti. Dai loro incontri nasce intanto un nuovo interesse: la lettura come «magnifica ossessione». Hanna insiste perché sia lui a leggerle dei libri e così il loro rapporto si cementa ulteriormente sulle pagine di autori classici e moderni, da Omero a Tolstoj e oltre.

Ma il tempo passa e Michael si affaccia sempre più sul mondo, mentre la vita di Hanna conserva imperscrutabili zone d’ombra finché un bel giorno essa scompare. Proprio nel momento in cui l’aspettava una promozione sul posto di lavoro legata stavolta al saper leggere e scrivere. È la seconda parte di un romanzo dai riflessi autobiografici che si sviluppa sul filo della memoria e nella lenta e complessa maturazione di un giovane alle prese con gli studi giuridici. Anni dopo infatti lo studente di diritto Michael ritrova Hanna come imputata in un’aula di tribunale.

È accusata, assieme ad alcune compagne, della morte di oltre trecento donne ebree bruciate vive nell’incendio di una chiesa durante una «marcia della morte». Di quel gruppo solo due, madre e figlia, riusciranno a salvarsi ed è grazie alla loro testimonianza che il processo ha luogo sollevando una domanda essenziale: chi diede l’ordine di chiudere le porte della chiesa e redasse come responsabile del gruppo di ausiliarie, il rapporto sul tragico evento? Le compagne accusano Hanna che si fa carico senza batter ciglio di tale responsabilità e viene condannata all’ergastolo. Sarà Michael, perplesso e dubbioso, a capire che tale atteggiamento nasconde un segreto. Hanna infatti, che ascoltava con piacere le sue letture e che sparì nel mo-mento in cui un nuovo lavoro la obbligava a scrivere e leggere, è analfabeta. Ma si vergogna a tal punto da accettare il carcere a vita piuttosto di rivelare il suo segreto.

E Michael per problemi di natura penale non la può aiutare. Anche per lui inizia una nuova fase: per anni legge ad alta voce opere letterarie che registra su nastro e invia a quella donna che non è mai uscita dalla sua vita nonostante egli abbia intrapreso ben altro cammino e si sia anche sposato. L’avvocato Berg sembra ritrovare le emozioni della sua giovinezza mentre Hanna si dimostra un’allieva entusiasta dalla condotta esemplare. Potrà lasciare il carcere anzitempo e Michael non esita a cercarle un lavoro e un alloggio. Il passato però la travolge e la sera prima della sua scarcerazione si suicida in cella. L’analfabeta Hanna è tornata alla ribalta, incupita e disorientata dai fantasmi di un’immane tragedia che sembra soffocare ogni speranza di futuro. Ma Bernhard Schlink ricordava allora, alla propria generazione, che non c’era prospettiva senza una vera, critica disanima del passato. E vale anche per noi, oggi, sempre più propensi a dimenticare.