Dove e quando
L’abbazia di Einsiedeln. Mille anni di pellegrinaggi. Zurigo, Museo nazionale. Orari: ma-do 10.00-17.00; gio 10.00-19.00. Fino al 21 gennaio 2018. www.nationalmuseum.ch


Mille anni di pellegrinaggi alla volta di Einsiedeln

Al Landesmuseum di Zurigo si narrano le vicende storiche e spirituali dell’Abbazia dal IX al XX secolo
/ 27.11.2017
di Marco Horat

«Andare di qua e di là sulle strade in pellegrinaggio verso immagini sante, acquistare lettere di indulgenza, cantare e pregare per ricompensa, organizzare processioni... è pura ipocrisia». Così Zwingli nel 1523, pochi anni prima di essere scomunicato, bollava la vita religiosa che si svolgeva attorno all’Abbazia di Einsiedeln; vita che conosceva bene dal momento che lì aveva esercitato in qualità di prete secolare dal 1516 al 1518 e quale predicatore qualche anno dopo. Oltralpe soffiava il vento impetuoso della Riforma che non avrebbe scalfito comunque più di tanto la più importante meta di pellegrinaggi in Svizzera, dal XIII secolo, verso la celebre cappella della Madonna nera.

La storia dell’abbazia, fondata nel 934 sui luoghi dove visse per 26 anni il monaco Meinrado, viene raccontata ora da una mostra che presenta oltre trecento oggetti, molti dei quali per la prima volta esposti al pubblico, provenienti direttamente dal tesoro di Einsiedeln che ha raccolto nel tempo lasciti, donazioni, ed ex-voto di imperatori, re, papi come pure di pellegrini e gente comune di tutto il mondo.

Alti e bassi si sono susseguiti lungo i secoli. Ci sono le fortune ai tempi dell’imperatore Ottone I che nel 962 elevò l’abbazia al rango di Abbazia reale, con tutti i privilegi che ne derivavano; o quelle della cosiddetta «consacrazione angelica», che secondo un documento attribuito a Papa Leone VIII – poi dimostratosi un clamoroso falso storico – affermava come la notte del 14 settembre del 948 Cristo stesso avesse consacrato la cappella eretta sul luogo dove sorgeva la cella di Meinrado, facendo di Einsiedeln un luogo eletto da Dio; infine la rinascita durante il periodo barocco che portò all’attuale volto dell’Abbazia (1664-1744). Dall’altro lato i periodi difficili, come durante le dispute in occasione della rivolta degli svittesi, sfociate nella Pace di Svitto del 1350 nella quale l’Abbazia doveva rinunciare alla metà dei suoi possedimenti (tra parentesi rimane comunque il maggior proprietario di foreste in Svizzera ancora ai nostri giorni); oppure gli anni dell’occupazione delle truppe napoleoniche che nel 1798 saccheggiarono e devastarono il monastero, smantellando pietra dopo pietra la Cappella delle Grazie.

Tutti i vari capitoli della storia sono ricostruiti in mostra non soltanto con musiche, immagini, testi in quattro lingue e postazioni interattive, ma soprattutto attraverso documenti originali di eccezionale valore storico e artistico che raccontano dell’importanza religiosa, economica e politica dell’Abbazia di Einsiedeln; senza dimenticare i risvolti umani della storia, come i racconti dei presunti miracoli avvenuti grazie all’intercessione della Vergine, documentati da racconti ascoltabili su tablet e da testi redatti appositamente.

Ci sono poi manoscritti della prima metà del IX secolo appartenuti a Meinrado, il Registro delle Doglianze del 1311, nel quale i monaci elencano in 46 paragafi le ragioni del convento nei confronti della gente di Svitto, che aveva rubato bestiame e ucciso dei fattori poiché contestava i privilegi dei religiosi riguardo all’allevamento (famosi sono ancora oggi i cavalli), ai diritti di pesca, al commercio del legname e ai dazi percepiti. Toccante una scultura in legno di abete rosso del XII secolo raffigurante una (Ma)donna seduta con il suo bambino, che fino all’incendio del 1465 occupava il posto poi toccato alla Madonna nera. Un capitolo a parte è rappresentato dalla spettacolare esposizione di diciassette delle preziose vesti che dal XV secolo ornano a rotazione la statua sacra (la più antica risale al 1685).

Per concludere vorrei ricordare alcune testimonianze della devozione popolare, che sta poi alla base delle fortune secolari di Einsiedeln. Oltre agli ex-voto ben noti anche da noi, sono esposte curiose statuette della madonna in argilla, che venivano grattate con un coltello dai contadini che poi mescolavano la polvere ottenuta con il mangime per gli animali (ma sembra anche per i cristiani) a scopo apotropaico o curativo. Ancora: immagini mariane stampate su carta speciale che i pellegrini potevano inghiottire per ottenere benefici spirituali, nonché i famosi «pünteli», biglietti ripiegati con cura e conservati in appositi contenitori, che i soldati portavano al collo per difendersi dalle pallottole; oppure i cataloghi di immagini sacre della Benziger Verlag che nel XIX secolo occupava ancora più di mille impiegati in Svizzera e all’estero; una vera e propria industria del santino, diremmo oggi, che operava in regime di monopolio, e diffondeva nel mondo la fama dell’Abbazia benedettina di Einsiedeln, che del resto perdura fino ai nostri giorni.