Bella mostra di Matisse scultore al Kunsthaus di Zurigo. Matisse, assieme a Picasso, è uno dei protagonisti dell’arte del XX secolo. Picasso è più giovane di undici anni. Si incontrano a Parigi nel 1907 nel salotto di Gertrude Stein. Caratterialmente sono uno all’opposto dell’altro. Picasso è istintivo, dinamico, energico. Matisse, al contrario, è calmo, riflessivo, sensuale. Per loro si è citato Nietzsche; individuando nell’uno lo spirito dionisiaco e nell’altro quello apollineo.
Matisse nasce a Le Caveau nel 1869 e muore a Cimiez nel 1954. Ma Parigi è la sua città d’elezione. È famoso soprattutto per le sue tele colorate, poetiche, musicali. Fra il 1904 e il 1906 incrocia l’esperienza puntinista e in seguito dà vita al movimento Fauve, del quale è il più grande esponente, tutto luce e colore in contrasto con l’espressionismo tedesco che privilegia la linea. Il 1906 è l’anno decisivo per la sua arte. Espone al Salon des Indépendants di Parigi Le bonheur de vivre scatenando una querelle nella quale interviene Picasso con Les demoiselles d’Avignon. Il primo è colorato, curvilineo, il secondo monocromatico e spigoloso. In seguito le sue opere diventano leggermente cubiste in omaggio a Cézanne. Poi l’esplosione dei colori con La Danse. Prima nello studio preparatorio del 1909, oggi al MoMA di New York, poi con il dipinto dell’anno seguente, che si trova all’Ermitage di San Pietroburgo. Un vero e proprio cerchio apollineo con accordi di verde, rosso e blu, come sottolinea Anna Ottani Cavina.
Il suo è un lento lavoro, di sottrazione. 40 sedute per dipingere un nudo, più di 100 per una natura morta. 500 pose per la scultura Le serf. Durante la maturità la tavolozza si fa via via più selettiva tendendo all’astrattismo. Gli ultimi decenni li trascorre in famiglia, «lontano dai clamori della vita mondana».
Meno nota è la sua produzione scultorea. D’altronde nell’arco della sua vita realizza soltanto 80 bronzi, peraltro quasi tutti di piccole dimensioni. Mentre, per fare un paragone, Picasso ha al suo attivo 700 creazioni plastiche. Nel 1950 alla Maison de la Pensée di Parigi, in occasione dei suoi 80 anni, sono esposti 62 pitture e ben 51 bronzi.
Come dicevamo, il Kunsthaus di Zurigo dedica la mostra autunnale alle sue sculture. Più di 70 opere, con disegni e dipinti, assieme a lavori di Rodin, Maillol e Bourdelle che all’inizio sono stati i suoi punti di riferimento. La realizzazione dei bronzi di Matisse segue la stessa evoluzione dei dipinti: espressionisti all’inizio e sempre più essenziali con il trascorrere degli anni. La curatrice della mostra, Sandra Gianfreda, nell’introduzione al catalogo sottolinea che sono approssimativamente due le categorie con le quali si possono dividere i suoi bronzi. Da una parte la molteplicità dei punti di vista e la verticalità della costruzione e dall’altra un metodo di progressione formale che trasforma le figure da un aspetto naturalistico a uno autonomo e stilizzato.
Accanto alle opere in mostra ci sono spesso delle fotografie di nudo femminile trovate sulle riviste a buon mercato come Mes Modèles o L’Etude academique o magari pseudo-scientifiche come l’Umanité féminine. Quest’ultima è una rivista fotografica che trasforma l’etnografia in un passatempo popolare. Ma soprattutto una ricca fonte di ispirazione per il voyeurismo finalizzato al turismo sessuale europeo. Le immagini di Juive algerienne e Juive d’Alger gli servono per Nu camp del 1906-07. Mentre Jeunes filles targui hanno esattamente riscontro nelle Deux femmes del 1907. Questa foto per Matisse ha il pregio di rappresentare due donne nude, una di fianco all’altra, viste sia da dietro che di fronte. Matisse a quell’epoca, tra il 1906 e il 1907, lavora a Collioure dove non riesce a trovare delle modelle; ma è anche vero che il bianco e nero delle immagini, i toni di grigio e i contrasti di chiaro e scuro danno un’immagine semplificata che rende meglio di quella di una modella vivente.
La mostra si apre con la scandalosa Femme accroupie del 1881-1882 di Auguste Rodin del quale possiamo poi ammirare l’imponente Jean d’Aire del 1887 al centro della sala. Sulla stessa linea retta, uno di fronte all’altro, Le serf di Matisse del 1900-1903. Rodin realizza una scultura più alta del normale, levigata, naturalistica, accurata, con la figura tesa e il busto spostato in avanti. Matisse al contrario ha un tocco delle dita nervoso a tratti spigoloso e la figura ha il busto spostato all’indietro. In questo caso si avvale di un modello italiano soprannominato Bevilacqua. Seguono tante piccole sculture come la serie dei cinque ritratti di Jeannette attraverso i quali negli anni leggiamo il percorso di stilizzazione delle forme. La modella è Jeanne Vaderin che posa per i primi due. Nella terza versione Matisse lavora a memoria e si serve di questa per realizzare le ultime due.
Alla fine del percorso troviamo un gigantesco kouros del VI secolo avanti Cristo attribuito a Polimede di Argo somigliante a quel Cléobis appartenuto a Matisse, che porta con sé nei suoi vari atelier per tutta la vita, e che sarà esposto il prossimo anno, dal 7 febbraio al 6 maggio, al Museo Matisse di Nizza. La verticalità della statua è certamente fonte di ispirazione per Nu de dos I, II, III e IV. Questi 4 bassorilievi costituiscono un aspetto a sé della sua produzione. Innanzitutto per le dimensioni (190 centimetri di altezza) e poi per la durata della realizzazione: dal 1908 al 1930. Eseguiti non per costituire un unico progetto ma che, visti uno accanto all’altro, danno il senso della sua evoluzione artistica.
Nel primo Matisse dà grande importanza alla resa anatomica. Nel secondo si assiste a una semplificazione delle forme, l’assialità si accentua e la colonna vertebrale scompare. Nel Nu de dos III, realizzato tra il 1913 e il 1916, la coda dei capelli diventa un cilindro che scorre lungo tutta la schiena sino alla fine dei glutei. Nell’ultimo la figura è maggiormente semplificata e il corpo forma quasi un blocco omogeneo con lo sfondo. Qui Matisse, fa notare Claudine Grammont in catalogo, raggiunge la purezza, la tranquillità, l’equilibrio e la calma della statuaria arcaica egiziana e greca in opposizione ai corpi in movimento di Rodin.