Memorie di un adolescente

Una seconda media di Pregassona guidata dall’insegnante Manuel Rossello ha pubblicato una raccolta di ricordi della propria infanzia, tenerissima e a tratti esilarante
/ 07.05.2018
di Sara Rossi Guidicelli

Topipittori è una casa editrice milanese di libri per bambini e ragazzi. La sua collana «Gli anni in tasca» ospita autobiografie e racconti d’infanzia; l’ultimo volume, appena uscito, si intitola Non ero iperattivo, ero svizzero ed è stato prodotto in una scuola di Pregassona.

Si tratta di un libro con una caratteristica rara: sono gli adolescenti a raccontare le memorie della propria infanzia e in effetti, a pensarci bene, di solito sono gli anziani a rimuginare sul passato e a sentire il bisogno di fermarlo su un pezzo di carta, come fa anche notare Paolo di Stefano nella prefazione. Invece qui i ragazzi hanno dodici anni e raccontano con sincerità e spesso ironia quello che hanno già vissuto: le paure, le marachelle, i profumi, l’arrivo dei fratellini, i divorzi dei genitori, l’asilo, la scuola, i giochi, i pensieri. Persino a volte aleggia un po’ di nostalgia per quell’epoca spensierata.

Si tratta di una raccolta di tante piccolissime storie raccontate in prima persona (e al passato remoto, come una vera autobiografia!): tante azioni e reazioni che un bambino non sa quasi mai spiegare e che gli adulti non sanno quasi mai capire del tutto. Qui, in piccole pillole divertenti e apparentemente leggere, c’è la possibilità di ascoltare di prima mano perché uno da piccolo picchiava le sorelle, o giocava a fare il cane, o come riusciva a vincere la noia di fare il chierichetto. 

Si tende spesso a credere che un adolescente provi vergogna per il bambino che è stato e che è solo più tardi che ci si riconcilia con l’infanzia: nel libro Non ero iperattivo, ero svizzero, si sente al contrario quasi un po’ di tenerezza per quelle creaturine appena arrivate sulla terra che cercavano di mettere ordine il meglio possibile nel caos di regole, emozioni e avventure in cui si erano ritrovati.

Alla regia di questa riuscita operazione c’è l’insegnante Manuel Rossello, lettore, docente appassionato e curatore del libro. «Leggo di tutto, ma prediligo da sempre le autobiografie», confessa. «E poi mi piacciono gli aforismi, gli aneddoti, le barzellette». Ecco perché ha unito questi due suoi gusti per creare insieme ai suoi allievi una raccolta di «miniature testuali» che ha usato come gioco della scrittura in classe (il libro è frutto di un lavoro di cinque anni con una dozzina di classi di seconda, terza e quarta media).

«Non è stato subito facile trovare i ricordi», racconta il docente. «I ragazzi all’inizio dicevano che dell’infanzia non ricordavano niente o comunque niente di significativo. Allora ho stilato una lista dove pescare quei ricordi: genitori, fratelli, parenti, abitudini, parole, stranezze, animali, asilo, scuola, viaggi, vacanze, personaggi particolari, la casa, la cantina, il bosco e i sentimenti come la paura, la gioia, l’amore... Così ha funzionato, e i primi a stupirsi di quante cose ci fossero da raccontare sono stati loro». Ha dato loro piccoli fogli chiedendo di usare le parole come se fossero diamanti.

«Stavo imparando ad andare in bicicletta in un grande prato vicino a casa nostra. Da un po’ la mamma mi correva dietro, tenendo la bici con le mani. A un certo punto mi voltai per dirle di provare a mollarmi... ma lei non c’era! Era lontanissima e mi faceva segno di continuare. Mi schiantai contro un palo», racconta un ragazzo. E torna in mente tutto un mondo di ricordi nostri, ognuno i suoi.

«Il mio passatempo preferito al parco giochi era rubare i palloni agli altri bambini. Mi piaceva soprattutto vederli piangere e correre dai genitori, e loro che cercavano di consolarli, senza successo». A volte i bambini ci disarmano, perché sembrano posseduti da una crudeltà perfettamente gratuita, mentre invece magari sono attratti da situazioni intorno a loro che li interessano esattamente come a noi può interessare un film tragico. Oppure vedono gli stessi oggetti che vediamo noi ma danno loro un significato completamente diverso: «Da piccolo andavo spesso nel lettone dei miei quando loro si erano già alzati. In quella stanza c’era una fotografia del matrimonio, si vedeva mio padre che baciava mia madre con davanti il bouquet. I fiori coprivano le loro labbra e i petali sembravano due perfette bocche di mostri che si mangiano a vicenda. Era qualcosa di terrorizzante».

E così, attraverso gli occhi dei bambini, ma con la consapevolezza dei ragazzi che oggi sono, facciamo un tuffo nella conoscenza di questa nuova, ultima generazione. La letteratura pullula di romanzi scritti da adulti di trenta, cinquanta o settant’anni il cui narratore ne ha cinque o dieci. È un espediente che richiama l’ingenuità e il senso continuo di scoperta, mentre qui sono passati solo pochissimi anni dall’infanzia degli autori: i ricordi sono freschi, non c’è intenzione di analizzarli, solo di riportarli, per il piacere di ricordare buffi dettagli, scenette di vita, piccole cose che sembravano grandi o grandi cose che sembravano piccole.

I genitori leggendoli hanno scoperto qualcosa di più sui loro figli e i figli si sono stupiti di quanto era ricca la loro infanzia. Per Manuel Rossello, leggere le vite degli altri è uno dei tanti modi (forse uno dei migliori) per curare le proprie ferite e andare avanti per la propria strada, con passo più allegro. 

Dove e quando
Non ero iperattivo, ero svizzero sarà presentato martedì 8 maggio alle 18 al Biblio Café Tra l’altro in via Castausio 3 a Lugano-Molino Nuovo.