È indubbio che il rosso sia il colore preferito da Peter Keller: sono davvero poche le sue immagini – tra quelle ora in mostra al Canvetto Luganese e il centinaio comprese nel volume Vivere Lugano, edito per l’occasione – dove non appaia questo colore, declinato in tutte le sue tonalità. Da quello ben vivo del nostro simbolo identitario per eccellenza, la bandiera rossocrociata, all’amaranto della scatoletta che attira lo sguardo curioso d’un gatto; dal rosso fiamma dei pedalò a quello un po’ più tenue di un palazzo di Piazza Rezzonico, sino a quello scelto da un pittore per uno squarcio della sua veduta del lungolago, che diventa altresì un bel punctum di barthesiana memoria.
Vivere Lugano è un progetto sul quale Keller ha lavorato ben due anni e che in fondo rappresentata una sfida. «Lugano sta vivendo un periodo di forti cambiamenti – spiega – dovuti al mutamento dei tempi. Molti si lamentano: la forza del franco riduce l’afflusso di turisti, la perdita del segreto bancario rende la piazza finanziaria meno attrattiva e i mutamenti delle abitudini d’acquisto creano difficoltà al commercio. Gli affitti sempre più elevati starebbero spopolando la città, la quale al di fuori delle ore di punta sarebbe sempre più deserta. Ma – si è chiesto – è poi vero tutto questo?» Per rispondere all’interrogativo, armato dell’apparecchiatura necessaria e del suo occhio/spirito critico, Keller ha dapprima escluso quelle immagini da cartolina che, almeno sino a qualche tempo fa, hanno reso Lugano celebre nel mondo; poi si è messo pazientemente a osservare lo spettacolo del teatro della vita, puntando sulla «street photography», genere quasi coetaneo della fotografia stessa (si pensi a Eugène Atget, 1847-1927) che ha l’ambizione di assurgere a documento sociale pur partendo dal ritratto di una singola scena, anche banale.
«Peter ha camminato in lungo e in largo per la città – scrive Marcello Foa nella prefazione del già citato volume – confondendosi con essa e senza scattare una sola foto in posa, rifiutando qualunque episodio costruito: la sua è una narrazione che vuol essere innanzitutto realista». Dunque, poca attenzione nella scelta dell’inquadratura (al Parco Ciani due passanti sono bellamente coperti – impallati, direbbe un critico teatrale – dal sostegno che regge le fronde di un albero) per puntare piuttosto sul tempismo, spesso sull’improvvisazione. Davvero curiosa, ad esempio, l’immagine del giovane che tenta di baciare la sua compagna, ma tra i due spunta un inaspettatissimo setaccio!
Un atto d’amore verso la sua città d’adozione, che Peter Keller (classe 1950 e da alcuni anni fotografo indipendente le cui immagini appaiono regolarmente su diverse pubblicazioni nazionali) ha voluto offrire al pubblico proprio al Canvetto Luganese, uno dei pochi punti d’aggregazione storici rimasti in quella che si definiva «la perla del Ceresio». Ma Keller, pur cosciente della grande trasformazione urbanistica subita dalla città e forte dell’esperienza vissuta a contatto con strade, vie, piazze e abitanti di Lugano, resta fiducioso: «Forte della sua storia, la città sta costruendo il proprio futuro».