Luigi Valadier, Erma di Bacco (part.), 1773 (© Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo - Galleria Borghese, foto D. Ventura) 

Dove e quando

Valadier. Splendore nella Roma del Settecento. Roma, Galleria Borghese. Fino al 23 febbraio 2020. www.galleriaborghese.beniculturali.it


L’ordine, passione del secolo

A Roma si celebra l’artista del XVIII secolo, Luigi Valadier
/ 20.01.2020
di Giovanni Gavazzeni

A Luigi Valadier, proveniente da una famiglia di argentieri avignonesi trasferitasi a Roma verso il 1720, è dedicata una mostra di straordinario fascino presso la Galleria Borghese di Roma. Valadier lavorò in gran parte per i padroni della Villa in cui è allestita la mostra. Infatti, per la famiglia Borghese, Valadier realizzò gli arredi liturgici delle cappelle di famiglia, lavorando poi nella residenza di Campo Marzio, nel casino di Pratica di Mare e nella Villa Pinciana dove, negli anni Settanta, il munifico principe Marcantonio IV Borghese avvierà grandiosi lavori di rinnovamento per esporre la straordinaria collezione di scultura antica già del cardinale Scipione Borghese.

Un «rifacimento» che coinvolse assieme a Valadier «i più eminenti pittori e scultori allora presenti a Roma. E assieme a essi anche ebanisti e doratori, intagliatori e tornitori, mosaicisti, stuccatori, fusari, marmorari, tappezzieri, e fustai, antiquari e restauratori, che portarono alla ripresa di mestieri e botteghe da lungo tempo assopite, incrementando al massimo la produzione artigianale e artistica, con il conseguente forte impulso impresso all’economia della città. Basti pensare al recupero della tecnica del mosaico, così eminentemente romana ma sopitasi dall’inizio del secolo precedente e che raggiunse in questo momento l’apice del suo sviluppo e della sua qualità» (così Anna Coliva, curatrice e direttrice della Galleria nel catalogo della mostra).

Sono gli anni nei quali in Francia e poi in Europa prende spazio un «sentimento anti rococò» che ricorre «all’antico di orientamento neogreco». In Valadier prende forma l’eclettismo che Giovanni Battista Piranesi teorizzava e illustrava nelle sue visoni dell’antico, amalgama di simboli prelevati «dalle civiltà confluite nel patrimonio dell’Impero, comprendenti l’arte degli egizi, degli etruschi, dei greci e persino delle popolazioni barbariche», eclettismo che entrava in contatto con l’ordinatrice influenza di Winckelmann e il suo il ritorno alla nobile semplicità antica, alla sobrietà dell’ornato, all’equilibrio delle parti.

La bottega di Valadier, nata in San Luigi dei Francesi, si era trasferita in strada Paolina (oggi al numero civico 89 dell’odierna via del Babuino), anche allora crocevia di «stranieri facoltosi», dove Luigi divenne celebre come formidabile fonditore di bronzi («statuario»). Realizzava prodigiose riduzioni per teste coronate o collezionisti aristocratici, come la colonna Traiana in argento dorato, marmo bianco, granito di Assuan e pietre colorate, acquistata dal principe elettore di Baviera. Il suo genio trova sintesi nei «deser», «storpiatura del termine francese dessert», sontuosi centri tavola destinati ad appassionare l’intera Europa e realizzati con marmi di scavo. Era come se sulla tavola si concretassero le fantasie di Piranesi winckelmanizzate.

La libertà di composizione, «derivata dalla casualità dei reperti, applicava i contenuti di una scienza archeologica alla formazione di un gusto». L’idea di tradurre «in oggetto un immaginario favoloso e al tempo stesso storico, preservandone la monumentalità nonostante la riduzione in scala, la verosimiglianza logica attraverso la preziosità dei materiali, l’esattezza ossessiva dell’esecuzione che diviene in sé un valore», venne a Valadier dalla mediazione dell’architetto Antonio Asprucci, suo sodale collaboratore nella formidabile impresa del rinnovo di Villa Borghese. Impresa che insieme a Villa del cardinale Albani sulla Via Salaria, al Museo Pio Clementino, voluto dal Papa Garganelli Clemente XIV e dal Papa Braschi Pio VI, rispondevano alla passione del secolo: l’ordine. Ordine «in senso proprio di ordinata e distinta disposizione delle parti.

Un ordine geometrico e universale, che non sacrificava il valore e il gusto della varietà». Da qui nasce una cultura museale nuova, antiquaria ed estetica, «dove il progetto di accordo tematico tra la decorazione delle stanze e le sculture in esse contenute ne fecero il modello per le decorazioni concepite da Percier e Fontaine nelle gallerie delle antichità del Museo del Louvre».