L’imitazione senza confini

Il professor Nidesh Lawtoo ci parla del suo ultimo saggio Il fantasma dell’io
/ 23.04.2018
di Sebastiano Caroni

Il Ticino, e la Svizzera italiana, sono dei territori piuttosto piccoli se paragonati anche solo alla Svizzera, e diventano minuscoli in rapporto all’Europa o al resto del mondo. Ma questo non vuol dire che non ci siano storie e vicende in cui i nostri luoghi non figurino come dei punti di partenza, come importanti zone di transito, oppure come spazi dove si inscena un ritorno. C’è chi parte per sempre, e c’è chi invece ritorna. C’è chi, partendo, mantiene un legame con i luoghi d’origine, pur continuando a vivere altrove. Quando si parla di ritorni ci si riferisce, spesso, a eventi che hanno una certa portata simbolica e una risonanza che coinvolge amici, familiari, spesso interi villaggi. Lo sa bene Nidesh Lawtoo, partito dalla Mesolcina negli anni 90 per studiare Lettere all’Università di Losanna, prima di recarsi negli USA dove ha ottenuto un dottorato in Letteratura Comparata alla University of Washington. In seguito, ha insegnato letteratura inglese all’Università di Losanna, è stato ricercatore SNSF alla Johns Hopkins University di Baltimora, ed è ora Professore di Letteratura Inglese e Filosofia all’Università di Leuven, Belgio, così come Principal Investigator di un Progetto di ricerca ERC (European Reaserch Council) intitolato Homo Mimeticus. Ha scritto vari articoli in riviste internazionali e due libri sul tema dell’imitazione, tra cui, recentemente, Il fantasma dell’io: la massa e l’inconscio mimetico (Mimesis edizioni, 2018). 

Il fantasma dell’io è un saggio maturato soprattutto nel contesto dell’esperienza americana, inizialmente pubblicato in inglese nel 2013 con il titolo The Phantom of the Ego. Ora è fresco di traduzione e pubblicazione presso la casa editrice Mimesis di Milano: un ritorno alle origini sui generis, quindi. A giustificare ampiamente il viaggio linguistico che il testo ha fatto, unitamente al suo autore, un tema decisamente universale così come molto attuale. Raggiunto per una chiacchierata informale, Lawtoo ci ha spiegato che «il libro riflette sul tema dell’imitazione, o mimesis, un tema chiave per capire il comportamento umano. L’imitazione è così fondamentale che non ci si pensa, come il famoso pesce che non si accorge dell’acqua in cui è immerso. Imitiamo spesso inconsciamente, senza rendercene conto. Dalla nascita in poi il neonato risponde a un sorriso con un sorriso, e gli adulti ridono o sbadigliano quando lo fanno gli altri. Anche le emozioni e le idee, sia positive che negative, hanno un potere di contagio che genera un’imitazione inconscia, soprattutto nella massa, ma non solo».

Ma cosa ha spinto Lawtoo a far tradurre il libro nella sua lingua madre? «L’imitazione è un tema che concerne tutti, dai genitori agli insegnati, dai politici che sanno influenzare l’opinione pubblica ai giovani sempre più connessi a dei nuovi media – e mi andava quindi di riportare a casa il frutto della mia ricerca. L’imitazione per gli umani può essere buona, se abbiamo buoni modelli, ma può anche portare, spesso, a effetti nocivi, che penetrano la nostra vita, i nostri corpi, e le nostre menti. Il libro, sottotitolato La Massa e l’inconscio mimetico, è un tentativo di diagnosticare il potere quasi ipnotico e inconscio dei leader politici sulla massa, ma pure di altri modelli, letterari e cinematici per esempio, senza scordare il lato terapeutico della mimesi come la simpatia, il riso, e la magia degli affetti e dei sentimenti che ci legano agli altri».

Uno degli aspetti interessanti, non solo del libro, ma dell’insieme del progetto Homo mimeticus, è l’approccio dichiaratamente multidisciplinare. A questo proposito Lawtoo afferma: «La mia formazione è a cavallo tra la letteratura e la filosofia. Invece di dividere le discipline mi sono divertito a creare ponti e passerelle fra vari campi del sapere utilizzando il filo conduttore della mimesi. In realtà è il tema dell’imitazione che richiede uno sguardo multidisciplinare per essere capito, e gli autori che discuto lo dimostrano. La letteratura infatti si interessa al fenomeno umano nella sua complessità e non divide il mondo in discipline. Per motivi storici e culturali, il modernismo (1880-1950) in particolare vede la nascita dei fenomeni di massa, la diffusione dei mass-media, un interesse crescente per l’interiorità, l’inconscio e a varie patologie dell’anima. È quindi aperto allo sviluppo di nuove discipline umanistiche che studiano questi fenomeni mimetici: psicologia delle folle, sociologia, antropologia, ma pure la ricerca sull’ipnosi e la psicoanalisi. Il mio libro mostra che scrittori come Conrad, Lawrence e Bataille, sulle orme di Nietzsche forse più che di Freud, si interessano a un inconscio che non ha sogni edipici ma l’imitazione involontaria come via regia».

E non bisogna stupirsi più di tanto se, partendo da fenomeni che risalgono a più di un secolo fa, Il fantasma dell’io finisce per illuminare anche il mondo contemporaneo. Questo perché, come ci rivela l’autore «gli artisti, essendo animali mimetici che sanno mettersi nei panni dei personaggi che creano, hanno la capacità di offrire delle diagnosi molto precise sul processo che porta l’io a imitare col proprio corpo, e quindi pure con la psiche, le espressioni e le emozioni degli altri. Non per niente proprio gli artisti vengono spesso definiti come le “antenne” della specie umana. Le loro antenne sono così precise che registrano fenomeni mimetici che dovranno attendere un secolo per essere confermati dalle neuroscienze, per esempio, come nel caso dei celebri neuroni specchio scoperti a Parma negli anni 90; un’ulteriore ragione per pubblicare una traduzione italiana del libro».

Non è certo la prima volta – e non sarà neanche l’ultima – che artisti e pensatori anticipano un sapere che dovrà attendere qualche decennio per essere formalizzato dalla scienza: grazie, appunto, a scoperte come quella recente dei neuroni a specchio.