Quella di cui Hans-Joachim Roedelius ha fatto attivamente parte è stata una specie di rivoluzione copernicana dell’ambito musicale. Prima di allora – e si trattava degli anni Sessanta – ogni fenomeno sonoro veniva affrontato con i codici tramandati dalla cultura occidentale, ed era proprio simile al guardare l’universo tenendo ben salda la terra come centro irradiante e normativo. Con tutte le conseguenze di parzialità e miope distorsione che questo comportava.
Hans-Joachim Roedelius – attraversando da pioniere esperienze progressive, krautrock e ambient – ha invece segnato dei percorsi nuovi e diversi, abbandonando certezze di forma e contenuto (il senso del rumore, le costrizioni formali, i limiti spaziali, la retorica progressista) e abbracciando nuove idee di ciò che può essere musica, di ciò che può essere cultura. Si obbietterà che alcune di queste istanze erano già state portate avanti da vari alfieri della «musica colta» prima di lui: vero, ma quello che loro facevano in marginali contesti di ricerca Roedelius lo ha fatto a beneficio di (quasi) tutti, partendo non dai castelli dell’alta cultura, ma dai bassifondi dell’underground, legando inoltre il proprio cammino a vere e proprie genialità quali Dieter Moebius (il mai troppo celebrato, mai troppo rimpianto artista appenzellese), Conrad Schnitzler (già iniziatore dei Tangerine Dream), Michael Rother (demiurgo nei Neu! ma anche membro dei Kraftwerk) e soprattutto Brian Eno, colui che negli ultimi cinquant’anni ha sempre preso e compreso l’evoluzione musicale prima di chiunque altro.
Ebbene, all’alba degli ottantaquattro anni di età, Hans-Joachim Roedelius sarà per la prima volta dal vivo nella Svizzera italiana: dal 2 al 4 maggio prossimi per Chiassoletteraria dove – su invito dell’associazione Grande Velocità – darà dapprima vita all’installazione The Roedelius Cells (co-curata con Tim Story, inaugurazione giovedì 2 maggio alle ore 18.30 presso lo Spazio Lampo di Chiasso) e poi a un concerto tra acustico ed elettronico, al Cinema Teatro di Chiasso la sera di sabato 4 maggio.
Occasione migliore per porre qualche domanda al grande musicista non ci poteva essere. E la brevità delle risposte non è tanto segno di indisponibilità, quanto cifra stilistica e umana di un’esistenza condotta per sottrazione retorica, dove l’importanza delle cose è data in massima parte alle cose stesse.
Lei è conosciuto e riconosciuto come pioniere della musica elettronica, ma nel corso degli anni ha suonato spesso anche il pianoforte acustico. Che tipo di set prevede per il concerto di Chiasso?
Mi è stato comunicato che ci sarà un pianoforte a coda e quindi mi concentrerò sul suono di quello strumento. Senza tuttavia rinunciare a un soundscaping elettronico.
Nell’eterna dialettica tra martelletti e corde del pianoforte acustico contro oscillatori e valvole dei sintetizzatori lei da che parte sta?
Ora sento di preferire martelletti e corde.
Chiassoletteraria quest’anno ha per tema «Il mondo nuovo». Per lei, che con la sua carriera ha contribuito a creare infiniti nuovi mondi musicali, la novità può costituire un valore in sé?
Quello che ho sempre sentito di dover fare è creare storie sonore autentiche, derivanti dalle impressioni e dalle circostanze di ogni momento reale. Non sono mai stato succube dell’idea di creare musica nuova solo per la ricerca della novità. La musica dev’essere rappresentazione della persona di chi la fa.
Se oggi si guarda attorno, in quale genere o stile le sembra di vedere nuovi mondi musicali?
Nel campo delle arti sono sempre stato un indipendente, a tratti anche ribelle, e non mi rendo esattamente conto di quello che sta succedendo nella musica intorno a me. Continuo a ritenere che tutto ciò che faccio si riferisca a quella che è stata la mia prima professione: la fisioterapia – particolari massaggi che possono essere cura per i moribondi.
Due anni fa ha pubblicato con Arnold Kasar il disco Einfluss per l’etichetta Deutsche Grammophon. Quando negli anni 60 fondò lo Zodiac Free Arts Lab (collettivo artistico berlinese, sperimentale e antiborghese) avrebbe mai pensato di pubblicare per l’etichetta che – più di ogni altra – ha rappresentato il massimo ideale della musica classica e borghese?
Naturalmente non lo avrei mai immaginato, ma ho sempre fatto quello che mi piaceva e nel modo in cui lo volevo. Forse sono cambiati più loro di quanto non sia cambiato io.
Nei giorni di Chiassoletteraria si potrà ascoltare l’installazione sonora The Roedelius Cells, che è un percorso di riscoperta e ricomposizione di tante sue improvvisazioni pianistiche. Che tipo di risultato possiamo aspettarci?
Sentirete la musica di un compositore – cioè la mia – che si trasforma nella musica di un altro compositore, Tim Story, per un risultato piuttosto incredibile.