Alice Noris

Nata a Lugano, dopo il liceo ha vissuto a New York e Parigi formandosi in arte drammatica e studiando canto lirico. Nel 2003 si è trasferita a Roma, dove ha cominciato a suonare il trombone conseguendo il diploma jazz al Conservatorio di Santa Cecilia nel 2013. Da diversi anni lavora come musicista, suonando in Europa e negli Stati Uniti in complessi di vario genere: dalla musica etnica con l’Orchestra del 41esimo parallelo (accanto a Nada, Giovanna Marini e Rita Marcotulli) allo street-band funk con i Pink Puffers; dall’improvvisazione radicale alla musica contemporanea di Domenico Guaccero alle canzoni dei cartoni animati con Cristina D’Avena. Recentemente è tornata a vivere in Svizzera, a Bigorio, dove continua la sua attività di strumentista e dove ha costituito l’associazione Materiale Elastico con cui organizza eventi culturali.

Valigia musicale

1. Scarpe da tip-tap
2. Cabaret
3. Una gardenia
4. «In search of the lost riddim»
5. Lo spartito di Stripsody


L’eclettismo di Alice

Dopo anni trascorsi all’estero e dedicati alla crescita professionale e personale, la musicista è tornata in Ticino
/ 24.07.2017
di Zeno Gabaglio

1. Scarpe da tip-tap – Se oggi so camminare sui tacchi è perché prima ho imparato a ballarci. Il mio insegnante di recitazione diceva che avevo la grazia di John Wayne, ma penso fosse un complimento. Fred Astaire è stato il mio primo grande amore, volava sopra il ritmo con un timing e un’eleganza impressionanti. Gene Kelly è stato il secondo e poi c’è stato Frank Sinatra, che ho amato in un altro modo, più tardi e più matura. Da bambina avevo una passione per i musical del passato, col tempo ho capito che a catturarmi era il suono delle grandi orchestre che nell’ombra rendevano tutto più bello.

2. Cabaret – Il film musicale di Bob Fosse – con Liza Minelli e le musiche di John Kander – è un racconto poetico, decadente e grottesco, ma allo stesso tempo brillante e umoristico. Non ha un lieto fine, cosa che io di solito preferisco, ma è all’insegna del The show must go on. Siamo a Berlino, al Kit Kat Club, dove c’è un’orchestrina eccentrica – clarinetti, calze a rete, ottoni e paillettes – con il trombone che, grazie alla sua coulisse, assume un tono comico che non mi dispiace. Mi fa pensare a Giulietta Masina ne La strada di Fellini. Grazie a Cabaret ho iniziato a studiare canto, preparandomi a un’audizione per un riadattamento teatrale. 

3. Una gardenia – Ogni signorina ha bisogno di accessori. Billie Holiday portava sempre una gardenia bianca tra i capelli scuri. Talento immenso, voce sensuale e fragile, quel pigro ritardando nel fraseggio, quella rivoluzionaria interpretazione della linea melodica. Billie ha fatto da colonna sonora alla mia vita, per anni, con i suoi colleghi Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Duke Ellington e Benny Goodman; ma anche Charlie Parker, Miles Davis... e più tardi James Brown. Chiusa in camera cercavo le note delle loro melodie sullo strumento, poi ho cominciato a suonare per strada ed è lì che ho imparato a stare sul palco, a entrare in contatto con il pubblico e ad accattivare lo spettatore. Lo spettatore non accattivato per strada semplicemente se ne va, mentre quello che hai saputo attrarre te lo ritrovi in braccio. 

4. «In search of the lost riddim» – Conosco l’Africa attraverso la musica, considero i musicisti africani i supereroi della musica, il loro senso del ritmo, le voci profonde e avvolgenti... L’Afrobeat è un genere che mi è sempre piaciuto in modo viscerale, ma questo disco ha un altro stile, qui si mischiano i ritmi e gli strumenti dell’Africa, il colore della kora, dell’hoddu, del tamburo parlante con l’animo caraibico.

5. Lo spartito di «Stripsody» – è la più nota composizione di Cathy Berberian. Scritto per voce sola, la strepitosa voce dell’autrice, è un capolavoro di sperimentazione musicale ancora oggi fresca e curiosa. Cathy – appassionata di fumetti – lo ha scritto unendo con gusto e genialità suoni onomatopeici: sospiri, risate e miagolii si susseguono mentre sullo spartito appaiono disegni ed esclamazioni tipiche dell’animazione: paff, smack, gulp. Un brano di alta classe ma pure molto giocoso, ed è proprio questa doppia natura che intriga. La stessa doppia natura che con la nuova associazione Materiale Elastico vogliamo riproporre, promuovendo appuntamenti dal carattere insolito: musica, arte, cibo, spettacolo, laboratori creativi, viaggi nel tempo e nella materia.