Le vibrazioni sulla pelle

Incontro con la violinista tedesca, celebre per aver iniziato la sua carriera a 13 anni, sotto la direzione di Herbert Von Karajan
/ 17.07.2017
di Enrico Parola

Poi sono arrivate le varie Hillary Hahn, Julia Fischer, Janine Jansen. Dopo. Perché la prima «lolita dell’archetto», la prima bambina a stupire il mondo col violino è stata lei, Anne-Sophie Mutter. Aveva solo 13 anni e già aveva stregato il mito del podio d’allora, Herbert von Karajan. Ora è una matura signora di 54 anni (compiuti il 29 giugno), fascinosa e virtuosa di uno strumento che la vede ancora tra i massimi interpreti viventi. «Ancora» suona strano, ma non per lei che a maggio ha festeggiato con i Berliner Philharmoniker diretti da Riccardo Muti e con il Festival di Salisburgo i quarant’anni di collaborazione, per poi riportare alla Scala il Concerto di Brahms con cui aveva debuttato nel 1986.

Che cosa ricorda di quegli esordi con Karajan?
Un periodo meraviglioso: lui mi spingeva sempre ad andare al limite delle mie possibilità, anzi ad andare oltre perché mi suggeriva la sua visione della musica, aprendomi orizzonti sconfinati e prospettive di una profondità inimmaginabile.

Soprattutto per una tredicenne…
Tanti immaginano quanta soggezione potesse avere una bambina al cospetto di un mito che intimidiva anche i più grandi solisti e le migliori orchestre; beh, da una parte certo, l’emozione era forte e lui sulla musica era inflessibile, non concedeva deroghe all’età, non ammetteva l’imperfezione; allo stesso tempo però mi trovavo a mio agio: era affabile e disponibile, forse perché aveva due figlie una più grande e una più piccola di me, quindi mi trattava un po’ come se fossi una terza figlia, quella di mezzo.

Anche lei ha avuto due figli
E dall’avvocato di Karajan (Detlef Wunderlich, ndr.)! è stato il mio primo marito, per sei anni. Se Karajan ha influito in misura determinante sul mio percorso musicale, loro lo hanno fatto sulla mia vita e proprio per questo anche sulla carriera. Innanzitutto a livello quantitativo: prima suonavo tantissimo, anche cento serate consecutive in tournée, poi ovviamente ho limitato gli impegni, eliminando per un po’ di anni i viaggi più lunghi, annullando completamente l’Estremo Oriente e tornando a casa più spesso.

Non è facile conciliare la carriera di concertista con quella di mamma.
Ma non è detto che un equilibrio pur impegnativo sia un limite, un di meno. Umanamente mi hanno arricchito, penso mi abbiano reso una persona migliore, hanno allargato la mia visione del mondo e questo ha approfondito anche il mio modo di guardare la musica. D’altra parte, pur essendo sempre dispiaciuta quando lasciavo i bimbi a casa per suonare in qualche città, penso che non sarei stata capace di rimanere a casa 365 giorni all’anno; forse senza musica non sarei stata neppure una brava mamma.

Avrà sicuramente insegnato la musica a loro
Diciamo che in famiglia sono stata migliore come mamma che come musicista. Arabella aveva problemi già col flauto a scuola, ha preferito la danza; Richard aveva provato col violino, a sei anni; ma pensava che bastasse imbracciarlo e agitare l’archetto per far uscire delle belle note, invece…Dopo un’oretta mi chiese perché non suonasse come suonavo io e gli ho spiegato che il suono mi usciva così perché studiavo da quarant’anni. Ha smesso subito ed è passato al pianoforte, lì i suoni vengono subito precisi.

Arabella è un personaggio teatrale di Richard Strauss, Richard è anche il nome di Wagner oltre che del compositore bavarese. Si è ispirata a loro?
No, Arabella perché ci piaceva e basta; mi piace la musica di Wagner, ma come uomo era orribile e aveva idee orribili; Richard è per Riccardo Cuor di Leone, mi piace tantissimo come personaggio.

In generale lei caldeggia molto l’avvicinamento dei bambini alla classica.
Certo! Bisogna portarli a concerto, tanto o si entusiasmano e seguono o si addormentano, comunque non disturbano, e anche se chiedono qualcosa a papà o mamma può andar bene, non sarà certo l’unico rumore in sala. Poi bisogna farli toccare con mano gli strumenti, farglieli provare; di tutto, anche i tamburi, le percussioni; se la questione diventa troppo rumorosa, beh… hanno inventato i tappi per le orecchie! Quelli di cera funzionano benissimo.

A proposito di musica in famiglia, il suo secondo marito fu André Previn, pianista e compositore acclamato.
Sì, un grande, per me anche più grande di Bernstein. Ovviamente ne ho suonato i brani e in casa suonavamo spesso assieme; lui però tra le mura domestiche amava soprattutto cimentarsi col jazz; e gli veniva benissimo.

Lei, almeno pubblicamente, si è sempre tenuta nel solco classico.
Ma lì sono stata di ampie vedute, ho suonato di tutto da Bach fino ai contemporanei. Prima di diventare mamma suonavo anche l’intero repertorio in una sola stagione, anche se era molto impegnativo non solo fisicamente ma anche intellettualmente perché si deve continuamente cambiare mondo.

I brani preferiti?
Beethoven e Brahms sono quelli che ho affrontato più volte e infatti quando debutto in una città preferisco farlo con i loro concerti; quello di Beethoven, in particolare, perché l’ho studiato tantissimo con Karajan e non mi sono mai dimenticata dei suoi insegnamenti. Non ho remore a suonare Bach col violino moderno e non barocco: lui al suo tempo cercava gli strumenti migliori, avesse avuto i nostri…

Capitolo abiti; lei è sempre molto elegante, colori spesso sgargianti, ma se c’è una caratteristica comune dei suo vestiti da palco è l’essere sempre smanicati. Perché?
Non è un vezzo estetico ma una necessità musicale: voglio avere spalle e braccia completamente libere per suonare e adoro sentire le vibrazioni dello strumento direttamente sulla pelle, senza nessun filtro.

Quale significato dà alla musica, al concerto?
Parlo per l’arte in generale: uscire da se stessi, maturare, spalancarsi; conservo ancora vivo il ricordo di quando, avrò avuto 15 anni, vidi per la prima volta il famoso campo di grano coi corvi dipinto da Van Gogh: mi sembrò davvero di uscire da me stessa ed entrare non solo nel quadro, in quella scena, ma nel mondo mentale del pittore.