La locandina della mostra in corso a Zurigo

Dove e quando
Prossima fermata Nirvana. Approcci al Buddhismo, Zurigo, Museo Rietberg. Fino al 31 marzo 2019. www.rietberg.ch


Le molte vie del buddhismo

Al Museo Rietberg di Zurigo si ripercorrono gli itinerari storici e artistici di una corrente spirituale giunta fino a noi
/ 04.03.2019
di Marco Horat

Tutto quello che avreste voluto sapere sul buddhismo, o quasi. È quanto propone il celebre museo dedicato alla culture altre dalla nostra, in una rassegna che per la prima volta nella storia dell’istituzione, coinvolge fin dalla sua impostazione la didattica: le otto «stazioni» tematiche dell’esposizione infatti sono visitabili seguendo percorsi autonomi pensati anche per le scuole – quelle cittadine hanno collaborato in prima persona nell’ambito del programma «religione e cultura» – e famiglie con bambini. Più di cento pezzi: oggetti, sculture, statue in bronzo e pietra, dipinti, rari e antichi mai esposti in Svizzera (integrati con documenti sonori attuali, cartine e immagini) provenienti da Cina, Giappone, India, Pakistan, Tibet, Myanmar e altri paesi; molti i prestiti di spicco come pure numerosi sono i reperti che appartengono alle ricche collezioni del museo zurighese, che qui vengono ulteriormente valorizzati in un nuovo contesto tematico.

Il risultato è una mostra che vuole rappresentare la storia del buddhismo e delle scuole di pensiero che ne sono derivate (il Piccolo e il Grande veicolo ad esempio), i suoi princìpi, le sue caratteristiche, le particolarità e i personaggi reali o fantastici che lo animano, a partire dalla figura storica del Principe Siddharta Gautama che coincide con quella del Buddha Shakyamuni, fino ai discepoli, ai bodhisattva quali Tara della compassione o al demone tentatore Mara.

Non c’è «il» buddhismo – dice Elena Del Carlo del Rietberg – perché in effetti si tratta di una realtà estremamente composita e dai confini sfumati; una città con molti quartieri, con edifici, vie e piazze diverse ma che insieme formano una comunità sparsa in tutto il mondo con milioni di seguaci, pur non avendo strutture ecclesiali ben definite: non c’è un papa, non ci sono cardinali, vescovi o simili. Si può dunque dire che il buddhismo sia una religione, oppure è una filosofia, uno stile di vita, un modo per rapportarsi con sé stessi e con il mondo? È tutto questo insieme, come un diamante dalle molte facce, con una storia plasmatasi dapprima in forma orale e poi scritta, in vari paesi e durante molti secoli, a partire dall’India e dal V-IV secolo avanti Cristo. Un principio che come per altre culture ha dato origine a un’infinità di forme artistiche di grande bellezza legate al culto praticato dalle classi privilegiate, ma anche ai riti e alla devozione popolare.

Il percorso termina affrontando il tema della odierna presenza buddhista in occidente e in particolare nel nostro paese, sia con testimonianze sonore di praticanti e studiosi (purtroppo solo in tedesco) sia con una ricostruzione di una via cittadina nella quale vengono provocatoriamente esposti ritratti di grassi Buddha in forma di soprammobile da salotto, teste di bodhisattva che sono contenitori per fiori, festoni di inutili bandierine colorate, paperette di gomma per neonati rivestite con il manto monacale e altri simili orrori. Prodotti di consumo che rispecchiano quel fenomeno tipico della società moderna che un antropologo ha definito come «cialtronizzazione culturale»; lo snaturare cioè il valore culturale intrinseco di un oggetto mettendolo fuori contesto e riducendolo a vuoto simulacro.

Visitando la mostra del Rietberg si fanno scoperte interessanti. Ho citato prima il nome del Principe Siddharta e a qualcuno sarà venuto in mente il nome di Hermann Hesse e del suo famoso libro (che magari sarebbe bello leggere o rileggere prima di visitare la mostra). Non è questo il solo risvolto ticinese: per esempio si può ammirare una austera statua di un monaco orante che veniamo a sapere era una delle preferite di Eduard von der Heydt, che l’aveva probabilmente acquistata negli anni ’20 del Novecento a un’asta o da un antiquario, come era solito fare; insieme ad altri capolavori di tutte le parti del mondo, la statuetta rimase esposta a Casa Anatta al Monte Verità dal 1926 al 1939. La donazione avvenuta in seguito della sua prestigiosa collezione alla città di Zurigo nel 1946, portò proprio alla nascita del Museo Rietberg.

Ma Ticino a parte ci sono altre rarità che vengono esposte per la prima volta in Svizzera. Citerei una grande statua in pietra proveniente dal Pakistan con un fantastico ritratto del Buddha dalle sembianze occidentali, frutto dell’influenza ellenistica nella regione del Gandhara (a partire dal I sec. a.C) portata dal grande Alessandro. Staccato da specialisti zurighesi dalla sua base originale nel museo di Peshawar per la prima volta da quasi un secolo, è il primo frutto di un accordo di collaborazione culturale tra il nostro Dipartimento degli affari esteri e l’omologa istituzione pakistana.

Il prestito più eccezionale, dicono gli organizzatori, è però un insieme di gemme trovate nell’India meridionale da un archeologo dilettante britannico di nome William Claxton Peppé nel 1898. Erano sepolte in profondità in diversi contenitori all’interno di uno stupa che qualcuno diceva essere la tomba del Buddha storico, ed erano mescolate alle ceneri e ai resti ossei di un defunto. Il Buddha forse? Nel 1900 parte di queste reliquie furono divise tra importanti templi e monasteri di Sri Lanka, Birmania e Thailandia, dove sono ancora venerate dalle popolazioni locali e da milioni di pellegrini; quelle rimaste a Claxton Peppé vengono ora esposte per la prima volta in Svizzera grazie alla disponibilità dei suoi eredi.

Non vorrei dimenticare un ultimo prestito dai musei di Praga che hanno portato sulla Limmat un prezioso e antico rotolo giapponese dipinto che illustra la vita del Buddha Shakyamuni dalla nascita all’estinzione nel Nirvana; così come si raccontavano per immagini le storie della vita di Gesù sulle pareti delle nostre chiese medievali.Per questa mostra, ed è un peccato, niente catalogo; è stato però preparato un utile abbecedario con i termini utilizzati dal buddhismo, in tedesco, francese e inglese.