Dove e quando
Metamorfosi. Uno sguardo alla scultura contemporanea.Fino al 25 giugno 2017.
Orari: ma-ve 10.00-12.00 / 14.00-17.00; sa-do 10.00-18.00.
www. mendrisio.ch/museo

BENEDETTA MORI UBALDINI, Landscape #1, 2017


Le metamorfosi del plasmare

Al Museo d’arte di Mendrisio uno sguardo alla scultura contemporanea
/ 06.06.2017
di Eliana Bernasconi

Fondato nel 1982, il Museo d’arte di Mendrisio dispone di una collezione che spazia dal XVI al XX secolo, organizza tre manifestazioni all’anno e recentemente anche altre mostre fuori dai suoi spazi, come le esposizioni fotografiche di Casa Pessina. Si è inoltre recentemente inaugurato nella Casa Croci il Museo del Trasparente, dedicato alle storiche processioni notturne della «Settimana santa» mendrisiense.

Radicato nel territorio, il Museo d’arte di Mendrisio si interessa degli aspetti poco indagati delle varie correnti o dei singoli artisti, ha uno sguardo attento alla scultura antica e moderna, alla grafica, all’arte svizzera e ticinese, alla presentazione di artisti poco conosciuti ma presenti sulla scena internazionale. L’esposizione in corso si snoda negli antichi spazi che nel 1200 e 1500 ospitarono il convento dei frati Umiliati e Serviti: con una scelta di opere di 24 artisti di diverse generazioni, noti e meno noti, coglie perfettamente lo spirito della contemporaneità, evidenziando un nodo nevralgico del nostro presente, dove la rappresentazione e la relazione degli esseri umani con la natura e con il proprio corpo ha subito una mutazione irreversibile.

All’inizio del 900 i materiali classici della scultura erano l’argilla, la pietra, il legno e il bronzo. Lo sviluppo tecnologico della nostra epoca introduce nella quotidianità prodotti artificiali, nuovi tipi di plastiche e di metalli, plexiglas, silicone, vetro acrilico. Tali nuove conoscenze dischiudono agli artisti dimensioni sconosciute e forniscono loro nuovi strumenti per penetrare nella profondità della materia, a tutto ciò va aggiunto l’avvento della rappresentazione virtuale, l’attuale dominio del digitale.

Le opere esposte ben dimostrano quale interazione forzata, quale contaminazione tra la natura madre e la tecnica figlia della modernità si sia attuata nella nostra era. Daniele Agostini, co-curatore della mostra, scrive inoltre che le sculture e le installazioni dei 24 artisti contemporanei si caratterizzano per il loro porsi al confine tra il bizzarro e l’ordinario: «vengono proposte come il frutto di un accumulo collezionistico di eredità cinquecentesca, come nelle Wunderkammer, o gabinetti di curiosità, proliferati nel Cinquecento, luoghi dove venivano raccolti ed esposti i più curiosi oggetti provenienti dal mondo naturale (naturalia) e artificiale (artificialia)».

Il percorso di Metamorfosi è stato attuato in collaborazione con gli artisti, citeremo solo qualche opera invitando chi entra a lasciarsi stupire, a volte divertire da continue, imprevedibili scoperte. Alcuni artisti hanno realizzato appositamente un lavoro per la mostra, ad esempio l’opera, intensamente ed emotivamente materica di Julia Steiner Ground listening (Ascoltando la terra) in argilla, legno e lacca, o Landscape di Benedetta Mori Ubaldini, dove incredibili meduse in rete metallica galleggiano nello spazio vuoto. Fra gli artisti storici Meret Oppenheim che con dei tagli su una forma in bronzo evoca il sesso femminile, o Serge Brignoni che in una scultura lignea quasi totemica fonde elementi animali e vegetali, mentre la sintesi formale fra corpo umano e natura si opera in Jean Arp. Una stratificazione ritmica di piani dinamici e un processo di astrazione avviene invece nell’opera del famoso Tony Cragg. Non si può non rimanere colpiti dalla grande installazione in materiale tessile animata da un meccanismo artificiale lunga 8 metri: White Heart di Carlo Borer, è realizzata con strumenti altamente tecnologici, una stampante 3D crea ogni giorno un cuore di dimensioni naturali e l’enorme pulsante organo umano in perenne movimento è una macchina che allude agli incredibili progressi in campo medico-scientifico. L’opera in porcellana policroma del cinese Ai Weiwei è una forma allungata, insieme uno scettro cerimoniale buddista e un fungo sacro modellato in forma di interiora umane che simbolizzano la nostra vulnerabilità. La ricerca di Loris Cecchini è legata alla scienza, originata da un modulo che è base del suo lavoro e può per questo riprodursi sempre o trasformarsi in pianta rampicante in acciaio cromato. Anche l’installazione di Penelope Margaret Mackworth-Praed, Pleiades. The other side of the sky (Costellazione delle Pleiadi), che pure realizza opere avvalendosi di basi numeriche merita di essere vista: una luce ultravioletta nel buio rivela a intervalli impercettibili strutture metalliche geometriche. Parassita, di Lorenzo Cambin, è un susseguirsi di leggerissimi elementi uguali ma non identici dove metallo, legno e terracotta si saldano in un’inedita struttura.

Nel suggestivo chiostro secentesco del museo troviamo l’opera più intensa e misteriosa: Garofani, carnations, non calpestare le aiuole di Luisa Figini & Rolando Raggenbass, presentata nel 2003 ai Sotterranei di Monte Carasso: in un ambiente dove la luce è quasi inesistente un sonoro brusio di api pervade l’ambiente e degli elementi plastici, fiori in poliuretano, ricoprono il pavimento. Raggenbass ci ha lasciato, ma l’installazione contiene e trasmette, intatto e presente, tutto il senso dell’originalissima poetica di questo grande artista.