Le lingue migliori

Razzismo e lingue, il primato della sintassi e la storia delle concezioni linguistiche nell’ultimo libro di Andrea Moro
/ 19.09.2019
di Stefano Vassere

«Chi sostiene che ci siano lingue migliori di altre è ovviamente liberissimo di continuare a crederlo e di battersi per provarlo ma deve rendersi conto che con questa posizione si assume la responsabilità di aprire uno spazio fertile a chi intende discriminare le persone secondo ciò che è più prezioso, e deve affrontarne le conseguenze».

La linguistica può affrontare la questione del razzismo da almeno due prospettive. Una è la strada che viene dalla sociolinguistica e anche un po’ dalla storia della lingua e delle parole, e si occupa di riordinare, analizzare e spiegare il razzismo quando questo assuma la forma delle espressioni linguistiche. Le parole del razzismo, le testualità discriminanti, le morfologie che perpetuano e diffondono le differenze sociali in modo almeno dannoso se non insopportabile per una comunità linguistica. In questo ambito, in Italia, sono certamente molto acute e intelligenti le risultanze del lavoro di Federico Faloppa e due suoi libri: Parole contro. La rappresentazione del diverso nella lingua italiana e nei dialetti del 2004 e Razzisti a parole (per tacer dei fatti) del 2011. Si tratta come detto di rassegne di fenomeni linguistici certo superficiali ma sicuramente non privi di danni; ci sono studi di psicologia sociale che dimostrano come questo verbalizzare provocherebbe effetti di vario e non benvenuto tipo, sulla società ma anche sui singoli parlanti destinatari.

Ma per parlare dei rapporti tra razza e lingua è possibile partire anche da un secondo punto di vista, che, invece di fermarsi a strati più esterni della competenza linguistica (il lessico e la morfologia lessicale), decide di partire dall’essenza della lingua naturale, la sintassi. È da quell’ambiente, dall’ambiente dei sintatticisti più à la page, che giunge Andrea Moro, che pubblica ora un molto responsabile libro dal titolo La razza e la lingua. Sei lezioni sul razzismo. Libro civile, che mette in guardia piuttosto dalle tentazioni improprie e deleterie di stabilire gerarchie tra lingue (e quindi tra costruzioni mentali diverse e tra intelligenze diverse), tentazioni che hanno per secoli rovinato le culture dominanti.

L’idea che talune lingue siano migliori di altre è come una specie di fiume carsico e percorre, con riemersioni e tratti di magra, gran parte della storia delle culture. A partire dal fatto che almeno fino al Rinascimento «la dignità di una vera e propria grammatica era riconosciuta solamente al greco e insieme a esso al latino», per tappe successive per necessità qui molto ampie. Fino all’Ottocento linguistico tedesco, che giunse a stabilire differenze tra lingue, mentalità e quindi, inevitabilmente, nazioni. E così via lungo gli assi della semplicità, della complessità, della musicalità, della possibilità di dare origine o meno a tradizioni letterarie e filosofiche, di ragionare in astratto, di sviluppare il genio di una popolazione.

L’analisi sintattica più avanzata parte dalle strutture mentali che governano il linguaggio e, prospettando la descrizione di una grammatica universale, ci dimostra che non esistono lingue migliori né più attrezzate delle altre, in senso cognitivo, e che le singole lingue non sarebbero che varianti previste di una comune attrezzatura. Certo ci sono lingue nelle quali sono state scritte opere migliori delle altre, o lingue con le quali si sono scritte innumerevolmente più opere; oppure ci sono lingue che ricevono o hanno ricevuto descrizioni più sistematiche, ricche e approfondite di altre (il latino e il greco vengono studiati da molti più secoli rispetto, per esempio, all’italiano, e studiare latino ci sembra quindi più illuminante sui sistemi linguistici) e che funzionano quindi da chiavi di accesso più raffinate alla generale facoltà del linguaggio. Diverse cose hanno rilievo, in questo libro; e non ultima colpisce la dedica che l’autore riserva «alla mia mamma, e alla dolcezza che in ogni lingua susciterebbe lo stesso nome».

Bibliografia
Andrea Moro, La razza e la lingua. Sei lezioni sul razzismo, Milano, La nave di Teseo, 2019.