Dove e quando
Ercolano e Pompei: visioni di una scoperta. m.a.x. Museo, 6830 Chiasso. Orari: ma-do 10.00-12.00, 14.00-18.00. Lu chiuso. Fino al 6 maggio 2018. info@maxmuseo.ch


Le figure di Pompei raccontano

A Chiasso reperti e immagini da due dei siti archeologici più famosi al mondo
/ 09.04.2018
di Alessandro Zanoli

Consiglio propedeutico alla vista di questa bella mostra: rileggere le pagine introduttive di Civiltà Sepolte scritte da C. W. Ceram. Ricostruiscono la storia della scoperta di Ercolano e Pompei con semplicità e in modo avvincente. Forniscono un quadro dell’epoca e, soprattutto, restituiscono il modo con cui quella scoperta andava a solleticare l’interesse dei regnanti napoletani, in particolare di Maria Amalia Cristina, moglie di Carlo di Borbone. Nelle pagine di Ceram appare anche e necessariamente la figura di Winkelmann, e ciò le ricollega ancora di più alla recente vocazione «archeologica» del m.a.x. museo. Grazie all’importante sinergia con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, esso si trova oggi nella possibilità di offrire al pubblico proposte di grande originalità e interesse.

Va sottolineato come l’intento dell’esposizione sia in qualche modo «visivo-mediatica» (e in questo senso in linea con la vocazione di un museo dedicato al design e alla grafica): Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta vorrebbe far riflettere, cioè, sulle modalità di comunicazione utilizzate per diffondere nel mondo il valore e le bellezze dei ritrovamenti che dalla fine del 700 venivano alla luce con gli scavi. Al centro del percorso espositivo non ci sono dunque solo i reperti veri e propri, ma soprattutto immagini di come venivano ritratti e i «veicoli comunicativi» con cui si pubblicizzava il loro pregio.

La scelta degli oggetti presentati va letta quindi in questa dinamica comunicazionale: si tratta di libri, incisioni, mappe e diari personali, che avevano l’obiettivo di diffondere la «visione» delle due città miracolosamente scoperte. In realtà, il visitatore che si immerge nel percorso espositivo perde quasi subito la prospettiva «mediatica» e finisce semplicemente per godere della magnificenza rappresentata. Dopo un momento, insomma, la mostra diventa una visita, selezionata e preziosa, attraverso Ercolano, Pompei e le loro bellezze.

Spicca su tutto quanto esposto, occorre dirlo, la presenza di alcuni volumi della monumentale opera Le antichità di Ercolano, di Tommaso Piroli. Si tratta di un catalogo sistematico dei ritrovamenti, elaborato a partire dal 1789. Una fatica editoriale che avrebbe dovuto occupare decine di grandi libri. La pubblicazione si interruppe in realtà al sesto volume, ma la fortuna di poter osservare alcune meravigliose pagine ci permette di comprendere l’ambiziosa forza del progetto. Da considerare, inoltre, che in mostra a Chiasso, grazie alla collaborazione con il Museo di Napoli, sono presentate alcune incisioni su rame inedite, che dovevano andare a decorarne i volumi poi non realizzati.

Lungo il percorso che si dipana nelle sale, oltre alle numerose pubblicazioni a stampa e manoscritte che «parlano» di Pompei ed Ercolano, gli oggetti esposti fanno parte di tre categorie: reperti archeologici veri e propri, tra cui splendidi frammenti di affreschi murali, oggetti in bronzo, gioielli e frammenti di sculture. Poi incisioni che riproducono oggetti ritrovati durante gli scavi (e di cui diverse sono esposte vicino ai propri modelli). Infine, molte vedute e planimetrie delle due città, realizzate con varie tecniche e in varie epoche.

Queste ultime sono naturalmente prevalenti nella mostra. Bozzetti pittorici, visioni architettoniche o fotografie, testimoniano del comprensibile desiderio dei visitatori di ricostruire «virtualmente» la magnificenza delle cittadine romane. Lo stesso Re Carlo II di Borbone, del resto, amava «vedere» i risultati del lavoro e chiedeva di essere informato quotidianamente sull’avanzamento degli scavi. La scoperta nel suo regno di un agglomerato antico di tale valore stava a dimostrare quanto nobile e ricca fosse l’eredità storica dei suoi possedimenti. La ricchezza del passato gettava nuova luce sul presente e forse anche presagi di futura fortuna. Nell’esposizione possiamo osservare il cammeo romano che il Re si era fatto incastonare in un anello d’oro. Diventò uno dei suoi gioielli preferiti, a dimostrazione della sua predilezione e vicinanza affettiva con Ercolano e Pompei.

Le vedute esposte al m.a.x museo sono affascinanti e significative: acquarelli, schizzi a matita di artisti ed architetti cercavano di fissare la meravigliosa bellezza delle strade e delle case. Spiccano naturalmente le grandi tavole incise da Piranesi, ma altrettanto interessanti sono per noi gli appunti dei numerosi architetti ticinesi che in vari momenti hanno visitato gli scavi. In particolare colpisce scoprire che uno di loro, Pietro Bianchi, aveva diretto i lavori per un certo periodo. Sempre in questo contesto colpisce anche il taccuino tenuto da Gaspare Fossati nel 1830, contenente oltre a scritti e schizzi, anche un diario. Il viaggiatore si era concentrato in particolare sui ritrovamenti alla Casa del Fauno, il 26 ottobre di quell’anno.

Pompei del resto faceva parte delle mete predilette dai viaggiatori che intraprendevano il Grand Tour romantico attraverso l’Italia. La ricchezza dei materiali icononografici presentati comunque arriva fino al 900 e dimostra l’interesse degli specialisti, di pittori ed architetti. In questa oasi archeologica hanno potuto ritrovare un’insperata concentrazione di elementi dell’antichità, in perfetto stato di conservazione. Altro particolare curioso, l’esposizione fornisce un ricco campionario di cartoline e depliant fotografici vintage. Nel momento in cui Pompei ed Ercolano diventano mete del turismo moderno chi le visita vuole portare con sé le immagini più suggestive, magari in un formato microscopico. La Pompei tascabile in bianco e nero, ultima frontiera del consumismo anni 60, è un po’ il punto di arrivo della mostra chiassese.

A chi visita spetta il compito di completare il percorso, magari con un viaggio «reale» nei due siti archeologici campani. A Napoli, la mostra ci andrà davvero a partire dal prossimo 29 giugno. Un segno dell’importante collaborazione tra istituzioni, che ci offrirà anche in futuro nuovi motivi di sorpresa e scoperta.