Dove e quando
Adolf Muschg, Perché Aristofane ci può salvare, 14 aprile 2019 (ore 11.00) Monte Verità. eventiletterari.swiss/it/eventiletterari

Concorso
«Azione» mette in palio dei biglietti per ciascuna delle tre serate degli Eventi Letterati del Monte Verità (www.eventiletterari.swiss).
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Buona fortuna!


Le domande immortali di Aristofane

A colloquio con il grande scrittore svizzero Adolf Muschg, che sarà ospite agli Eventi Letterari del Monte Verità, in scena dall’11 al 14 aprile. Tema del festival: «Sulle spalle dei giganti»
/ 01.04.2019
di Simona Sala

Da una parte c’è lui, Adolf Muschg professore di letteratura in pensione, considerato, alla stregua di Frisch e Dürrenmatt, uno degli ultimi grandi intellettuali e scrittori (anche critici, basti pensare al suo Wenn Auschwitz in der Schweiz liegt del 1997, uscito per la traduzione di Michele Sisto su «Limes» nel 2011) del nostro Paese. Dall’altra abbiamo Aristofane, l’irriverente commediografo ateniese nato nel 450 a.C. e di cui ci sono pervenute undici opere complete, alcune delle quali di un’attualità sconcertante. Ed è proprio da questo greco, che utilizzava il palcoscenico per le sue tirate contro la guerra, come in Lisistrata, o contro certe manie di protagonismo di alcuni anziani, come in Le vespe, divertendo e stuzzicando il pubblico, che Adolf Muschg ha deciso di farsi idealmente accompagnare al Monte Verità in occasione degli imminenti Eventi Letterari.

La scelta di Adolf Muschg è in linea con un’edizione (la settima) che ha chiesto a ognuno degli ospiti di portarsi appresso un Maestro di vita e di scrittura, un gigante insomma, sulle cui spalle sedersi per avere una visione più completa e anticonvenzionale del mondo. Grazie a questa formula dell’«accompagnamento» (l'edizione 2019 si svolgerà sotto il titolo «Sulle spalle dei giganti») al pubblico degli Eventi quest’anno sarà regalato una sorta di viaggio nel viaggio: spettatrici e spettatori saranno portati nel Settecento di Antonio Vivaldi grazie allo scrittore tedesco Peter Schneider, nei meandri horror di Stephen King con la giovane belga Adeline Dieudonné e – solo per citarne qualcuno – alla profondità di Primo Levi e Bruno Schulz, letture imprescindibili per il grande israeliano David Grossman.

Muschg, classe 1934, con il suo impermeabile e la borsa a tracolla, ha quasi il piglio del reporter, impressione immediatamente confermata quando si informa sul reale stato di salute della politica italiana, e sulla percezione della stessa che hanno i ticinesi. Ammette di avere preso le distanze dalla produzione letteraria contemporanea e di avere sviluppato un interesse e un amore sempre più grandi per la letteratura antica (luogo dove si trovano davvero le risposte alla vita), e in particolare per quell’Aristofane che sapeva leggere nel cuore degli uomini con profondità e grande ironia. 

Adolf Muschg, perché Atene?
Negli ultimi anni ho letto molte cose di Euripide, Eschilo e Sofocle, apprezzandoli in quanto vi ritrovo modelli di comportamenti sociali e umani applicabili a qualsiasi epoca e cultura. Dobbiamo immaginare la città di Atene nel V secolo a.C.: in alto nell’acropoli troviamo la religione, con il Partenone e Pallade Atena, rappresentata da una statua scolpita da Fidia. Più a sud, su una collina, si trova invece il teatro, che non rappresenta un passatempo o una mera espressione artistica, ma è obbligatorio tanto quanto la partecipazione all’assemblea popolare. Poi troviamo l’agorà, luogo in cui si decide il destino della città, ma dove c’è anche il mercato, che insegna a riconoscere il valore delle cose, oltre che il loro prezzo.

Cosa la affascina tanto del V secolo, periodo d’oro della produzione teatrale ateniese? 
Attraverso quello che succede in scena gli spettatori si rendono conto che per la condizione dell’essere umano non vi sono soluzioni. Inoltre vi sono molte divinità. Pensiamo all’Oreste (nella trilogia Orestea, 458 a.C.) di Eschilo, che uccide la madre per vendicare il padre: culturalmente siamo davanti a  uno spartiacque, abbiamo una madre contro il padre.

Il padre rappresenta il diritto paterno ispirato da divinità maschili come Apollo; da parte della madre ci sono le Erinni (o Euminidi), divinità femminili della vendetta, che puniscono il matricida con la follia. Sull’Aeropago viene convocata un’assemblea per decidere delle sorti di Oreste. La giuria è presieduta da Atene, che gli è favorevole, e scatena così le ire delle Erinni. Al fine di placarle, Atene decide di intitolare loro un tempio, convincendole a diventare divinità della giustizia, anziché della vendetta. 

In che modo rapporta questa vicenda alla situazione politica dell’epoca, che vedeva Atene impegnata in una sanguinosa guerra con Sparta per il controllo del Peloponneso?
Il quadro è più ampio: il popolo di Atene seppe organizzarsi – in forma democratica, seppur limitata – in modo da sconfiggere una potenza come la Persia. Ma ciò che mi interessa è come gli ateniesi svilupparono un senso comune più grande dell’interesse privato; proprio per questo motivo erano obbligati ad andare a teatro, per confrontarsi con quanto non corrispondesse alle loro idee e convinzioni. In questo modo scoprivano entrambi gli aspetti di una questione, imparando a partecipare alle discussioni e ad ascoltare. Per me il fatto che nella storia dell’umanità, sebbene per un lasso di tempo di appena quarant’anni, un popolo sia riuscito a raggiungere tutto questo, ha dell’incredibile.

Il rapporto con la divinità era molto diverso rispetto al nostro.
Le divinità erano immortali, ma presentavano le stesse debolezze di carattere degli uomini. Non potevano dunque essere il punto di partenza per le azioni degli uomini: ogni persona doveva sviluppare il proprio spirito critico. Aristofane ci mostra come una società, in particolare la polis di Atene, abbandonata dagli spiriti che avevano guidato i romani o i persiani, cercasse di comportarsi come una comunità adulta, fosse anche solo per il proprio interesse.

Il grande merito di Aristofane però, è quello di spingersi ancora più in là, mostrando come si possa ridere di determinate situazioni senza diventare disumani. Degli dèi si poteva anche ridere (anche se era obbligatorio crederci, l’ateismo era un reato, basta pensare a cosa capitò a Socrate), come dimostra Dioniso, il dio protettore del teatro, che a un certo punto diventa un giullare con un grande fallo finto. Il pubblico sicuramente rideva e come, si fa oggi allo stadio, magari urlava quando dal palcoscenico venivano criticati o interpellati i notabili di allora... Aristotele camminava dunque sul filo del rasoio, accettando il rischio delle sue parole.

Cosa le manca di tutto ciò nella nostra società?
Le nostre società stanno diventando sempre più fasciste: quando le si mette in questione si trasformano in tribunali identitari; ad Atene invece si attendeva la domanda più robusta. Le pièce premiate erano quelle che ponevano le domande migliori. Rapportandomi al presente mi viene in mente La visita della vecchia signora di Dürrenmatt, una pièce che si presterebbe benissimo a delle domande, ad esempio sul ruolo della Svizzera nella Seconda guerra mondiale: saperne di più sarebbe bello.

La lettura di questi autori ha un lato incredibile: ci rende più indulgenti con il genere umano, poiché si capisce che passano i secoli ma non cambiano i problemi e gli argomenti di discussione. A questo proposito penso a Lisistrata, dove alcune donne, guidate dalla vivace Lisistrata, decidono di negarsi agli uomini finché non ci sarà tregua con Sparta. Una sorta di protofemminismo?
In Lisistrata c’è la bellissima figura della donna che non vuole partecipare al ricatto, ma poi alla fine cede, rendendo le cose difficili al suo uomo: è una figura così umana… Ricordiamoci però che tutte le pièce, anche nelle parti femminili, erano recitate esclusivamente da uomini. Non è incredibile che gli uomini si divertissero a guardare altri uomini che recitavano ruoli di donne più forti di loro? Le donne infatti erano forti, come dimostra Antigone

Chi avrebbe portato agli Eventi se non fosse stato Aristofane?
Al momento sto scoprendo il «passato mai passato» (unvergangene Vergangenheit), cerco cioè delle risposte a domande legate alla contemporaneità e le trovo nella memoria collettiva dell’essere umano registrata nella grande letteratura. Ci sono molte più cose sull’essere umano in Shakespeare che non nella maggior parte dei libri di psicologia.
Le opere del passato mi permettono di capire la mia natura animale più di quanto possa fare qualsiasi manuale. Per questo esse sono diventate per me fonti irrinunciabili. La letteratura è matematica di alto livello, vi si possono riconoscere le operazioni del cervello, le alternative e soprattutto – cosa che gli algoritmi ancora non sono in grado di fare, poiché funzionano secondo un sistema binario – aiuta a gestire l’ambiguità.