Dove e quando

Divina creatura. La donna e la moda nelle arti del secondo Ottocento. Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate. Fino al 28 gennaio 2018. Orari: da ma a ve 9.00-12.00 / 14.00-18.00; sa, do e festivi 10.00-12.00 / 14.00-18.00; chiuso lunedì.
www.ti.ch/zuest

Edoardo TofanoFigura femminile con ventaglio, 1876-1880 (collezione privata, Courtesy Enrico Gallerie d’Arte, Milano)

Italo Nunes Vais, Ancora un bacio, circa 1885 (Novara, Galleria d’Arte Moderna “Paolo e Adele Giannoni”)

Vittorio Corcos, Ritratto di Carolina Maraini-Sommaruga, 1901 (Fondazione per l’Istituto Svizzero di Roma)


Le divine creature dell’arte

A Rancate una mostra racconta la donna e la moda dell’Ottocento
/ 11.12.2017
di Alessia Brughera

È il 1858 quando il sarto inglese Charles Frederick Worth, nel suo atelier al n.7 di rue de la Paix a Parigi, incomincia a confezionare abiti esclusivi, decretando così la nascita dell’haute couture. È con lui che la realizzazione di un vestito si trasforma in un fenomeno di lusso elitario. Elogiato anche da imperatrici e principesse, che sfoggiano i suoi capi nelle occasioni più importanti, Worth è il primo a concepire la moda come impresa creativa: fa sfilare i modelli in anticipo rispetto alla stagione, appone agli indumenti etichette con la propria firma per sottolinearne l’unicità e presenta materiali e decori sempre nuovi.

Se gli abiti di Worth sono merce alla portata di pochi privilegiati, è invece con la diffusione dei primi grandi magazzini in tutte le metropoli europee che la moda femminile parigina si avvicina a un pubblico sempre più ampio con capi dalla qualità e dai costi molto diversificati. L’abbigliamento di tendenza diviene così accessibile anche ai gruppi meno abbienti per i quali fino a quel momento era stato solo un miraggio.

Proprio in questo periodo la moda suscita un interesse particolare in ambito artistico, con pittori e scultori impegnati nella scrupolosa riproduzione di vestiti, acconciature e accessori utilizzati come elementi chiave per raccontare la contemporaneità. Per le effigiate, invece, appartenenti all’aristocrazia e alla ricca borghesia, l’abito aggiornato sulle ultime novità (e dal prezzo molto elevato) è lo strumento con cui costruire l’immagine perfetta da eternare sulla tela, capace di farle apparire eleganti e di manifestare il prestigio della loro condizione.

Ecco allora che nelle opere d’arte del secondo Ottocento emerge una figura femminile dal grande fascino, in sintonia con il gusto del tempo. I ritratti su commissione, emblema della ricerca di legittimazione delle nuove élite, sono sempre più richiesti, diventando il genere pittorico che meglio rappresenta l’evoluzione del costume e con esso lo sviluppo della posizione sociale della donna.

Una mostra allestita nelle sale della Pinacoteca Züst di Rancate ci porta alla scoperta dell’intrigante mondo della moda per signore attraverso più di cinquanta sculture e dipinti realizzati dagli anni Sessanta del XIX secolo agli albori del Novecento. A questi si aggiungono alcuni ventagli d’autore e una selezione di raffinati abiti d’epoca creati da rinomate sartorie, testimonianza delle diverse tipologie di vestiti che una dama aveva l’obbligo di annoverare nel proprio guardaroba.

Nei ritratti e nelle scene di ambientazione quotidiana presenti nella rassegna ben si coglie quanto gli artisti attivi in Italia e nel nostro cantone fossero attenti alla meticolosa resa dell’abbigliamento e delle movenze delle modelle, facendosi interpreti di una nuova effigie mondana che sapeva celebrare la figura femminile in tutto il suo splendore. 

Tra i dipinti che ci accolgono a inizio percorso c’è l’opera del milanese Domenico Induno, stimato pittore degli anni del Realismo. Nel suo Allo specchio, datato 1870, una giovane agghindata con una lussuosa veste da ballo di ispirazione rococò guarda pensierosa le proprie spalle nude nella specchiera appesa alla parete.

Così come stava avvenendo nel resto d’Europa, anche in Italia molti artisti si specializzarono nel ritratto alla moda. Giacomo Grosso è uno di questi, richiestissimo per la sua abilità nel rendere i più minuziosi dettagli di abiti, gioielli e pettinature. A Rancate è esposta la tela Ritratto della signorina O.S., del 1902, in cui il pittore torinese fa della donna raffigurata, colta mentre passeggia in un parco autunnale con un libro aperto in mano, un simbolo della modernità per il suo vestito essenziale, comodo e di un’eleganza sobria. 

Quanto anche gli accessori fossero fondamentali nell’abbigliamento delle dame dell’epoca lo dimostra la sezione dei ventagli, veri e propri strumenti di comunicazione sociale. In semplice carta colorata o in stoffe pregiate, questi oggetti hanno suscitato l’interesse di tanti artisti che si sono cimentati nella realizzazione di esemplari di grande originalità. Belli, nell’esposizione, quello del pittore veneziano Federico Zandomeneghi, che rappresenta una fanciulla nuda mentre si pettina i lunghi capelli vicino a un ruscello, e quello di Giovanni Segantini, dai delicati accordi cromatici ed eseguito con pergamena e oro in polvere.

A una nobildonna in particolare è poi dedicata una piccola mostra nella mostra. Si tratta della contessa ticinese Carolina Maraini-Sommaruga, figura affascinante e generosa, impegnata com’era nella valorizzazione del lavoro femminile e in molteplici attività in favore di bambini malati e ragazze indigenti. Abiti, mobili, opere d’arte e fotografie raccontano la sua vita pubblica e privata, fatta di eventi mondani (come i tanti ricevimenti organizzati nella villa romana sul Pincio che nel 1947 donò alla Confederazione), di interessi culturali e di filantropia.

Il dialogo tra moda e arte si fa ancora più esplicito attraverso l’accostamento diretto di abiti d’epoca ad alcune tele, un modo per far cogliere al visitatore le consonanze tra i vestiti dipinti e quelli confezionati dal sarto. Al luminoso pastello del pittore ticinese Pietro Chiesa che ritrae la sorella Felicita è stato affiancato l’indumento in taffetà di seta indossato durante la posa. All’opera Fiore di vita del torinese Giovanni Battista Carpanetto, datato 1902 e considerato un’icona dello stile floreale italiano, è stata accostata una veste decorata da Luigi De Servi in cui si ritrovano le medesime suggestioni art nouveau che ornano la tunica della modella effigiata.

Degna di nota, infine, per il soggetto accattivante e il taglio moderno della composizione, è la tela di Italo Nunes Vais Ancora un bacio, del 1885 circa, in cui l’artista restituisce un brano di quotidianità cittadina immortalando un affettuoso bacio d’addio tra una madre in partenza e la sua giovane figlia. La fanciulla appare come un figurino di moda, con una lunga giacca aderente, guanti, parasole e alto cappellino: seducente e spigliata, diventa il manifesto della nuova donna di fine Ottocento, consapevole della propria bellezza e del proprio ruolo nella società.