L’avventura della danza contemporanea

Un interessante volume raccoglie documenti e testimonianze di un’epoca svizzera vivace e innovativa
/ 06.02.2017
di Giorgio Thoeni

I temi che vengono discussi attorno alle nuove proposte della scena contemporanea muovono frequentemente soggetti dialettici che talvolta si soffermano su aspetti semplicistici, per non dire superficiali come la nudità esposta, oppure il dialogo con le nuove tecnologie, o ancora il «métissage» che avviene attraverso studiati incroci fra stili e protagonisti. Il tutto per un quadro da cui far derivare riflessioni sull’impatto comunicativo della danza e il suo futuro artistico. La danza sta oggi vivendo un momento molto felice. Lo si avverte nella nostra regione e su scala nazionale: l’attenzione verso nuove creazioni e i suoi protagonisti si traduce in numerose proposte per confronti che possono solo giovare. E anche il sostegno dei sussidi pubblici è diventato argomento prioritario per molte istituzioni. 

Gilles Jobin, Philippe Saire, Foofwa d’Imobilité, Marco Berrettini, Nicole Seiler, Cindy Van Acker, Perrine Valli, Thomas Hauert, Marie-Caroline Hominal, Laurence Yadi & Nicolas Cantillon, Noemi Lapzeson o ancora Claudio Schott, Nunzia Tirelli, Tiziana Arnaboldi, Claudio Prati & Ariella Vidach, Lorena Dozio… sono solo alcuni dei nomi che hanno scritto o stanno ancora scrivendo pagine importanti e che in molti casi hanno ottenuto riconoscimenti a livello internazionale. Fra glorie del passato e rilievi del presente l’elenco è davvero molto più lungo e la danza contemporanea svizzera ha una storia affascinante. Un capitolo che non ha ancora conquistato la giusta considerazione: in parte lo si deve a un’affermazione che ha faticato a farsi largo fra le specificità regionali, argini culturali e linguistici che spesso impediscono di affrontare temi comuni in termini generali. A ciò si aggiunge la poca letteratura esistente sulla danza contemporanea in Svizzera, una realtà «attiva, solida, diversificata e importante comunità di artisti e di attori culturali». 

Per raccontarla occorre infatti considerare un complesso percorso di crescita che inizia dagli anni 60, quando molti artisti si costruiscono una propria identità impegnandosi in un itinerario professionale all’estero, per poi arrivare agli anni 80, un’epoca in cui questa forma d’espressione conquista per la prima volta una larga visibilità fino alle consacrazioni dei giorni nostri. 

È una storia dunque relativamente giovane e che racconta anche lo sviluppo culturale del nostro Paese e che oggi assume le giuste proporzioni grazie alla pubblicazione di La danse contemporaine en Suisse. 1960-2010 Les débuts d’une histoire, un libro edito dalle Editions Zoé di Ginevra e scritto dalla ricercatrice ginevrina Anne Davier con la francese Annie Suquet, storica della danza.

Suddiviso in tre parti, il libro inizia il suo excursus sull’onda del ’68 quando, travolti dal desiderio di emancipazione, di ribellione e di libertà, molti danzatori e futuri coreografi svizzeri cercano di ampliare gli orizzonti della danza aprendo le frontiere fra gli ambiti artistici (teatro, arti plastiche, cinema, circo, letteratura, musica…) ed elaborando nuovi approcci al movimento, anche alla luce del dirompente progresso musicale della musica Jazz di quegli anni. Una trasgressione rispetto alle tradizionali tecniche proposte dalla danza classica accomunato da un forte desiderio di «ibridazione« fra discipline. 

La seconda sezione cerca di capire come questa nuova generazione di artisti si è battuta per fare uscire la danza contemporanea dal cerchio «confidenziale», come ha potuto trovare una visibilità dialogando con associazioni, festival e, soprattutto, attraverso gli spettacoli. In questo senso assume un’importanza rilevante il ruolo che nel 1986 si assunse Pro Helvetia, la fondazione a sostegno dell’arte e della cultura svizzere, collaborando all’organizzazione a Boswil (AG) del primo simposio dedicato alle sorti della danza contemporanea: una tappa che la faceva entrare nell’agenda della politica culturale svizzera. Una terza e ultima parte del libro si concentra sulla generazione che ha potuto approfittare delle sinergie innescate dai precursori e, soprattutto, cercando di rispondere alla domanda: quale sarà il panorama di riferimento per gli artisti emergenti? 

In definitiva, come si può immaginare, il risultato di questa ricerca diventa una fondamentale base per meglio comprendere molti aspetti di un’arte che ha conquistato una popolarità fino a pochi anni fa limitata a un ristretto pubblico di appassionati. Non solo. Questo libro, il risultato di ricerche d’archivio, di una settantina di interviste e strutturato come una biografia, prende finalmente in seria considerazione anche la realtà della Svizzera italiana dedicando pagine interessanti e approfondite ad alcune delle principali voci che hanno contraddistinto la sua vicenda. Nel bene come nel male, ma sempre con un respiro di speranza per l’avvenire.