Fra il 2020 e il 2021 le opere dell’artista svizzera Sophie Taeuber-Arp, nata a Davos nel 1889, saranno protagoniste di una mostra personale che verrà ospitata al MOMA di New York, al Kunstmuseum di Basilea e alla Tate di Londra. È anche per questo motivo che la Fondazione Arp di Locarno, con la sua curatrice Simona Martinoli, ha deciso di dedicarle l’annuale mostra temporanea valorizzando alcuni pezzi della collezione permanente.
Un luogo incantevole la Fondazione Arp. Come molte delle dimore scelte dai grandi artisti, ha un’atmosfera sospesa nel tempo. In località «Ronco dei Fiori», Hans Arp e la sua seconda moglie Marguerite Hagenbach risiedettero a partire dal 1960 e qui, ancora oggi, è possibile vistare abitazione, giardino ed atelier, con arredi e oggetti originali. Nel 2014 sono stati aggiunti anche uno spazio espositivo ed un deposito, realizzati dallo studio Gigon e Guyer, specializzato in architettura museale. Sono loro infatti gli autori del progetto di rinnovo anche del Löwenbrau Areal di Zurigo, di alcune sezioni del Museo dei Trasporti di Lucerna, del Kirchner Museum di Davos e del Kunstmuseum Appenzell.
A Ronco dei Fiori, in realtà, Sophie Taeuber non abitò mai: morì nel 1943 per un incidente a casa di Max Bill. Eppure Hans e Marguerite Arp fecero molto per preservarne la memoria e valorizzarne l’opera. Il Ticino, peraltro, aveva rappresentato una tappa importante nella vita dei due artisti: nel 1922 Hans e Sophie si erano sposati a Pura, in Malcantone, e regolarmente trascorrevano le loro estati al Monte Verità, dove Sophie seguiva i corsi di Rudolph von Laban e Mary Wigman, figure seminali della danza.
Per qualcuno Sophie Taeuber potrebbe essere solo il volto raffigurato sulla banconota da cinquanta franchi, ma in realtà fu artista di grande importanza nello sviluppo delle avanguardie storiche. Forse per necessità economiche, dedicò la prima parte della sua carriera anche all’insegnamento: fu docente di Disegno tessile e diresse la sezione dedicata ai tessuti presso la Kunstgewerbeschule di Zurigo fino al 1929, contribuendo ad emancipare questo settore dalla tradizione dei «lavori femminili». La novità del suo contributo appare chiara se si considera che proprio in questi stessi anni Sophie frequenta il gruppo Dada e il Cabaret Voltaire. La mostra di Locarno, accostando le gouaches ai lavori su stoffa, prende il via proprio da questa stagione: le opere aderiscono sempre più alla rivoluzione astratta con una griglia ortogonale onnipresente, entro la quale l’artista inserisce elementi animali e vegetali stilizzati, che sembrano emergere solo ad un secondo sguardo.
Inizialmente era lei stessa a realizzare sia i disegni preparatori, che il lavoro a telaio e il ricamo, dimostrando una grandissima capacità tecnica. In un secondo tempo, invece, è la sorella Erika ad occuparsi della tessitura, quando i suoi lavori cominciano a riscuotere un certo successo e quindi ebbe bisogno di aiuti.La netta cesura avvenne con l’incarico per il Café Aubette di Strasburgo: Sophie ricevette personalmente la commissione per realizzarne decori ed arredi. Data la mole di lavoro, decise poi di coinvolgere il marito e Theo van Doesburg, fondatore del movimento De Stijl.
È significativo dal punto di vista storiografico che questa realizzazione, presente in tutti i manuali di storia dell’architettura per la sua carica di innovazione, sia ricordata come un lavoro di van Doesburg, mentre Sophie è per lo più menzionata come sua collaboratrice. In ogni modo questo incarico permette a Sophie di abbandonare l’insegnamento e, con esso, si conclude anche il periodo dei suoi lavori tessili e della danza. Da quando i due coniugi si trasferiscono in Francia, sul finire degli anni Venti, Sophie si dedica prevalentemente a pittura ed architettura: è lei a progettare interamente la dimora di Clamart, poco fuori Parigi, dove i due risiederanno fino al 1940, quando il conflitto mondiale li costringe ad allontanarsi dalla capitale.Negli anni Trenta l’artista consegue finalmente una notorietà internazionale ed è in questo momento che comincia a dedicarsi alla pittura ad olio, in cui convoglia il rigore tecnico che già caratterizzava la sua produzione precedente.
In particolare si concentra sull’equilibrio fra cerchio e quadrato, accentuando ancor più il sodalizio artistico con il marito. Anche questo passaggio è presentato nella mostra di Locarno, che si conclude con alcune opere di Sophie che Hans Arp fece realizzare in grande formato dopo la morte di lei. Egli perseguì un continuo e tenace lavoro di diffusione dell’opera della moglie: basti ricordare che sempre volle esporre alcuni suoi lavori in occasione delle proprie mostre monografiche.
Risulta perciò pienamente coerente che nella sua dimora ticinese sia ospitata questa mostra che, nell’arco brevissimo di trenta opere, riesce a compendiare tutta la vicenda di Sophie Taeuber, grazie a un lavoro curatoriale attento, che si snoda attraverso sottili rimandi tra opere e documenti. Sophie Taeuber-Arp, Senza titolo, 1918-1924 (?), lana tessuta. (Fondazione Marguerite Arp, Locarno)