Dove e quando
Da Kandinsky a Nolde. Dialogo fra due collezionisti. Le collezioni Braglia & Johenning. Fondazione Gabriele e Anna Braglia, Lugano. Fino al 29 giugno 2019. Orari: gio, ve e sa 10.00-13.00/14.30-18.30. www.fondazionebraglia.ch

Alexej von Jawlensky, Testa astratta: fiaba araba, 1925 (Collezione Fondazione Gabriele e Anna Braglia, Lugano)


L’arte tedesca che emoziona

Alla Fondazione Braglia di Lugano dialogano le opere di due preziose collezioni
/ 27.05.2019
di Alessia Brughera

«I collezionisti sono persone felici», questa citazione di Goethe che ci accoglie appena varcata la soglia della Fondazione Braglia a Lugano è quanto di più vero si possa pensare a proposito di due coppie di appassionati d’arte che hanno dato vita a importanti raccolte mossi dalla gioia e dall’entusiasmo. Ciò che difatti accomuna, forse prima di ogni altra cosa, Gabriele e Anna Braglia e Friedrich e Renate Johenning è il genuino appagamento del collezionare, l’approccio spontaneo all’acquisto dell’opera d’arte guidato esclusivamente dal sentimento positivo che essa è in grado di suscitare, dal fremito di piacere che sa regalare allo spirito.

Il fatto poi che le loro corde emotive si siano lasciate sollecitare dai medesimi artisti è un’altra felice affinità tra i Braglia e gli Johenning, quella che ha ispirato l’attuale mostra allestita negli spazi della Fondazione luganese in cui sono stati accostati oltre settanta lavori selezionati dalle due raccolte, a creare un percorso che vive di continue consonanze.

Entrambe frutto di una passione nata più per caso che per intenzione, le collezioni Braglia e Johenning spartiscono la fascinazione per l’arte germanica di inizio Novecento, un interesse si può dire quasi esclusivo per i coniugi tedeschi, meno preponderante, invece, per i coniugi svizzeri, inserito com’è in un contesto di più ampio raggio.

Se nei suoi esordi, a metà Novecento, la collezione Braglia si nutre perlopiù di arte italiana (quella di Fontana, Crippa e Dova, ad esempio), vicina alla cultura d’origine della famiglia di Gabriele a Anna, è agli inizi degli anni Novanta che incominciano a confluirvi i lavori espressionisti: primo su tutti è Ricordo di Romanshorn di Paul Klee, un’opera comprata a Basilea che colpisce molto la coppia per la sua capacità di restituire l’atmosfera suggestiva della città. Da lì in poi i Braglia volgono uno sguardo sempre più attento all’Espressionismo tedesco, che si pone come una sorta di cambio di rotta e di nuovo punto d’arrivo nel loro vivace e curioso peregrinare nel mondo dell’arte. Oggi la raccolta Braglia annovera circa sessanta pezzi degli artisti più significativi del gruppo Die Brücke, del Der Blaue Reiter e del Bauhaus.

Fin da subito orientata in direzione del movimento espressionista è invece la collezione Johenning, la cui origine si colloca alla fine degli anni Settanta con un acquarello di Emil Nolde. Da quell’opera comprata per caso da un amico trascorrono nove anni prima che Friedrich e Renate decidano di fare nuove acquisizioni e diventare così veri e propri collezionisti. I coniugi Johenning, rapiti dall’eccitazione per il colore, incominciano a raccogliere numerosi lavori tra acquisti ben ponderati e altri dettati dall’impulso, come quello della splendida tela di Nolde Donna e ragazza II trovata alla fiera d’arte di Colonia e portata a casa senza esitare nemmeno un secondo, tanto erano rimasti incantati dalla sua bellezza. A comporre la loro collezione sono oggi più di cinquanta opere di arte tedesca di fine Ottocento e inizio Novecento, da cui emerge la predilezione per figure quali Nolde, Jawlensky, Macke, Paula Modersohn-Becker, Schmidt-Rottluff e Pechstein.

La sorprendente analogia tra le due raccolte ben si coglie visitando la mostra di Lugano, attraverso un percorso che mette in risalto le scelte artistiche condivise dai collezionisti e che si dispiega nelle sale espositive per nuclei tematici, a riprendere i soggetti principali affrontati dai maestri espressionisti con il loro linguaggio provocatorio e incisivo.

Sfilano così le opere del gruppo formatosi a Dresda nel giugno del 1905 sotto il nome Die Brücke, impegnato a combattere «le vecchie forze tanto profondamente radicate», come ebbe a dire Ernst Ludwig Kirchner, con un’arte che accentua l’indagine psicologica e che si fa rivelazione dell’insofferenza nei confronti delle inibizioni della società. I lavori di Kirchner, Heckel, Nolde, Mueller e Pechstein, protagonisti della compagine, hanno forme spigolose e colori di un’intensità dirompente, specchio dello scatenamento degli impulsi primitivi.

Ecco poi le opere degli esponenti del Der Blaue Reiter, associazione di artisti dal carattere internazionale, fondata nel 1911 a Monaco di Baviera, promotrice di una pittura spontanea e intuitiva intrisa di valori simbolici. Per Kandinsky, Marc, Jawlensky, Campendonk, Macke, Münter e la Werefkin, i significativi membri del gruppo, l’arte non è rappresentazione del reale, bensì manifestazione di contenuti interiori e di un autentico rapporto con l’essenza spirituale della natura.

A questo movimento si legano anche Lyonel Feininger e Paul Klee, figure poi approdate al Bauhaus che ebbe un ruolo rilevante nel rinnovamento artistico europeo degli anni Venti e Trenta.

Percorrendo la rassegna incontriamo il dipinto di August Macke Donne al parco, del 1913, serena visione di una passeggiata da cui si evince il motivo per cui l’autore veniva considerato il più assiduo sperimentatore della gioiosità pittorica francese all’interno del Der Blaue Reiter. Poco lontano troviamo l’opera dal titolo Due nudi nel bosco, datato 1925, di Otto Mueller (l’ultimo arrivato in casa Die Brücke), un lavoro che sintetizza bene la commistione di eleganza e di fredda durezza delle forme tipica dell’artista.

La tela di Paula Modersohn-Becker, Ragazza con pecore allo stagno II, immortala invece un soggetto tratto dal mondo contadino colto nella sua dimensione più prosaicamente umana: con un linguaggio basato sulla semplificazione formale, la pittrice tedesca immerge persone e animali in un silenzio quasi sacro, capace di restituire una realtà fatta di sentimenti.

Colpisce lo sguardo con la sua esuberanza cromatica la serie di acquarelli eseguiti da Nolde tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, un tripudio di papaveri, girasoli e dalie che catturano la magia dei fiori sfaldandone i contorni nel colore puro.

Pigmenti ben più violenti e antinaturalistici sono quelli utilizzati da Pechstein nella sua Giovane donna con piume, del 1910, un ritratto emblematico dello stile dell’artista improntato all’essenzialità e all’aggressività espressiva.

Belle, nella sezione «città e campagna», le opere di Kandinsky e di Gabriele Münter che ritraggono scorci di Murnau, località tanto cara a molti dei pittori del Der Blaue Reiter, attraverso un uso vigoroso del colore e una figurazione concentrata.

Il dipinto di Nolde Donna e ragazza II (quello a cui i coniugi Johenning non hanno saputo resistere), ci regala poi un delicato brano di vita famigliare dove il colore, pur forte, sembra accarezzare la serenità del momento, mostrandoci come l’arte espressionista tedesca possa raggiungere esiti di intenso e nostalgico lirismo.