Alla Biennale di Venezia del 1999, diretta dal critico d’arte svizzero Harald Szeemann, per rappresentare il Giappone venne scelto Tatsuo Miyajima. Mega Death era il titolo dell’opera che l’artista nipponico espose nel padiglione dedicato al suo paese, una creazione immersiva lunga trentacinque metri e disposta su tre pareti in cui migliaia di contatori digitali si accendevano lentamente uno dopo l’altro su pannelli di colore blu notte per spegnersi poi tutti insieme in maniera inaspettata. Dopo qualche secondo di black out totale che lasciava lo spettatore avvolto nel buio, i contatori riprendevano a illuminarsi un po’ alla volta. Ciascun numero a LED simboleggiava una vita umana e il suo smorzarsi repentino insieme agli altri diventava metafora delle nefaste conseguenze della guerra, causa della morte improvvisa di tanti esseri innocenti. Era un lavoro attraverso cui l’artista rifletteva sulla caducità dell’esistenza, sulle tragiche vicende della contemporaneità e sulla capacità dell’uomo di guarire e di ricominciare. Tutti temi che Miyajima avrebbe continuato a esplorare durante il suo percorso. Quest’opera dal grande impatto visivo ed emotivo ha permesso all’artista di farsi conoscere a livello internazionale, divenendo emblematica del suo peculiare linguaggio in cui tecnologia e spiritualità sanno fondersi con inattesa armonia.
È sicuramente una sfida non facile quella di riuscire a sollevare grandi questioni esistenziali utilizzando circuiti elettrici e contatori a LED, eppure Miyajima concepisce installazioni in cui la tecnica più moderna sa essere, con una sorprendente semplicità, lo strumento espressivo di un pensiero profondo che rimanda alle filosofie e alle tradizioni orientali.È difatti l’idea di continuità e di eternità ciò che incarnano i suoi caratteristici numeri lampeggianti: il loro scorrere costante rappresenta il flusso ininterrotto della vita che travalica lo spazio e il tempo per approdare a una dimensione dove tutto ritorna.Nella Galleria Buchmann Lugano in questi giorni è esposto un lavoro dal titolo C.T.C.S. Flower Dance no. 12, un’opera che condensa molti dei tratti distintivi delle creazioni di Miyajima. È un’installazione composta da tre pannelli a specchio appesi alla parete, all’interno dei quali sono stati collocati alcuni display numerici a LED. Le cifre da 1 a 9 che sembrano illuminarsi in maniera accidentale osservano invece un criterio ben definito dall’artista, susseguendosi secondo un algoritmo complesso ed evocando liricamente, nel modo in cui ciascuna è stata disposta, un fiore che cade sulle superfici riflettenti.Emerge così lo stretto legame che Miyajima sa intessere con la cultura nipponica nel richiamo a riti millenari ricchi di fascino quali la fioritura dei ciliegi e la contemplazione dei fiori, immagini della bellezza, della precarietà e della rinascita.
Emerge il suo affidarsi ai numeri, da lui considerati un «linguaggio internazionale», per indagarne le simbologie e farne messaggeri di un pensiero che ritiene il cammino terreno una reiterazione di vita e di morte, dove la morte non è altro che un momento di preparazione a una nuova vita. Per questo lo zero nei suoi lavori non appare quasi mai, è il numero del silenzio, del vuoto: non può essere visto perché è il punto di passaggio in cui un’esistenza finisce e un’altra comincia.Emerge poi la stretta connessione tra lo spazio e il tempo, resa nell’opera presente a Lugano attraverso i pannelli che rispecchiano l’ambiente circostante da varie angolazioni, coinvolgendolo nel defluire ritmato dei LED colorati. Il tempo è trattato da Miyajima nella sua irripetibilità, nel suo essere un avvicendarsi di istanti unici che mai più torneranno e che per questo devono essere considerati preziosi. «Vorrei comunicare e ricordare che viviamo in momenti che non possono essere recuperati», sottolinea l’artista. Momenti che con il lampeggiare continuo dei piccoli numeri si caricano di urgenza e di importanza, da una parte turbandoci per il loro inesorabile scivolare via dall’altra spronandoci a viverli appieno.
Nei lavori di Miyajima è dunque la tecnologia a dare il senso del movimento fisico e temporale, a scandire l’esistenza di ogni essere umano che per l’artista è in costante evoluzione e che va esplorata osservando i tre principi su cui si fonda la sua visione, ovvero la capacità di cambiare, di restare in contatto con ogni cosa e di andare sempre avanti.Quella di Miyajima è un’esortazione a diventare parte del naturale mutamento della vita e a percepire la realtà cogliendone il significato profondo proprio attraverso la sua fuggevolezza: spazio e tempo, vita, morte e rinascita, limiti e potenzialità umane, tecnologia e misticismo si combinano nelle sue opere con raffinata poesia per cercare di sondare il senso ultimo del nostro essere al mondo.