Una donna è l’ultimo romanzo della scrittrice francese Annie Ernaux, vincitrice nel 2016 del Premio Strega Europeo e di recente insignita anche del Premio Hemingway alla carriera, consegnatole in Italia, a Lignano Sabbiadoro. Pubblicato in Italia per la prima volta da Guanda nel 1988, Una donna racconta la storia della madre della scrittrice a partire dal consueto impianto autobiografico o come viene definito dalla critica: «auto-socio-biografico». Trasforma così il lutto in un «progetto di natura letteraria», come Ernaux si dice verso l’inizio del romanzo per rispondere alla domanda che si sta ponendo da giorni su quale siano il senso e la natura di quelle pagine e del bisogno invincibile di scriverle.
Con la ripubblicazione di Una donna si completa così anche in Italia quella che possiamo definire la «trilogia familiare» dell’autrice francese, inaugurata col romanzo Il posto, riedito sempre da Orma Editrice nel 2014 e che, significativamente, prende spunto dalla morte del padre. Il testo racconta la storia di quest’uomo, la sua vita da operaio e poi da commerciante, il posto che occupava nella società così diverso da quello a cui la figlia, Annie, ebbe accesso due mesi prima della sua morte: il posto da professoressa.
Non possiamo non notare il legame tra la fine dei suoi cari e la possibilità che la scrittura offre alla scrittrice di tenerli accanto, raccontandone la storia, che le appartiene perché è quella delle sue origini, di cui lei non porta più segni, se non nella memoria. Il romanzo Una donna comincia con: «mia madre è morta lunedì 7 aprile», mentre verso la metà del testo Ernaux scrive: «mi sembra di scrivere su mia madre per, a mia volta, metterla al mondo». Quale mondo, però? Ernaux proviene da una famiglia di operai normanni che riescono a comprare uno spaccio alimentare, bar e tavola calda, dove la madre lavora dall’alba a notte fonda dando da bere agli avventori. L’autrice infatti scrive: «era necessario che mia madre morisse perché io mi sentissi meno sola e fasulla nel mondo dominante delle parole».
Una donna è una storia come tante di una donna di origini umili che ha faticato perché per sua figlia il destino fosse diverso e che non si è risparmiata dal farle pesare la fatica e i sacrifici, a causa del suo carattere irruente, più che per cattiveria. Il ritratto che ci fa la scrittrice è infatti quello di una signora estroversa, infaticabile, aggressiva. Ernaux ci descrive i diversi tratti della personalità della madre, la durezza ma anche la sua disponibilità illimitata ad adattarsi pur di aiutarla, da una prospettiva che si potrebbe definire «appartata», come se fosse ancora bambina e la osservasse di nascosto, con l’amore e il distacco di chi non può capire, perché si trova altrove.
La narrazione diventa più emotiva quando racconta della malattia: l’inizio della demenza senile, gli anni in cui si è occupata di lei fino al momento in cui ha dovuto farla ricoverare. Il dolore a cui dà voce però non è quello della «donna», è il suo, scaturito da una fatica perpetrata negli anni e che è stata inutile, perché tutti gli sforzi e lo sgomento quotidiani non hanno potuto interferire neanche in minima parte con la demenza che occupava via via inesorabile la mente di sua madre, spazzandone via la memoria.
L’ultimo volume di questa «trilogia familiare» di Ernaux L’altra figlia è stato scritto nel 2011 e racconta di una sorella, Ginette, morta prima che lei nascesse, di cui i genitori non le hanno mai parlato. Si tratta di una lettera impossibile alla bambina morta di difterite a sei anni, diventata un angelo per la madre che dice un giorno a una cliente: «era più buona di quella lì. Quella lì sono io». Con queste parole Ernaux scopre di avere avuto una sorella, di essere la seconda, dopo un fantasma, però. Interessante, infatti, come questo dialogo impossibile con Ginette diventi anche una riflessione sul «fantasma» che «sempre si nasconde nella scrittura». Da notare, anche, che a differenza del progetto di riparazione alla base degli altri due romanzi, dedicati al padre e alla madre e scritti nella speranza di farli rivivere, in questo caso Annie vuole che Ginette «rimuoia» per «liberarsi della sua ombra».
Alla scrittura immediata e capace di introspezioni profondissime, che ci riguardano anche quando Ernaux ci parla della sua storia personale, della sua famiglia, si associa la bravura del traduttore Lorenzo Flabbi, vincitore nel 2017 del premio Stendhal, per la migliore traduzione dal francese, grazie a un altro romanzo auto-socio-biografico di Ernaux: Memoria di ragazza.