Da Villa Pia la vista sul golfo di Lugano è incantevole. Quando si arriva a Porza, per visitare le mostre che dal 2012 la Fondazione Lindenberg organizza nella sua sede, si ha l’impressione di arrivare a casa di amici. Attraversando il giardino si entra nelle stanze di questa dimora, di fondazione ottocentesca, oggi sistemata in modo tale da ospitare mostre (due all’anno) ed altri eventi espositivi di dimensioni più ridotte, nello spazio «La Saletta».
La personale dedicata ad Alex Dorici, in corso ancora fino al 10 ottobre, si snoda attraverso nove ambienti, proponendo al visitatore un’esperienza diversa in ciascuno di essi. Si tratta prevalentemente di installazioni, realizzate appositamente per gli spazi che le ospitano, spesso di dimensioni ridotte, non omogenee fra loro e caratterizzate da vincoli architettonici tipici di un edificio storico. Limiti fisici che hanno costituito una sfida nuova per l’artista. Dorici, nel suo percorso di ricerca, ha realizzato la maggior parte delle opere in spazi non museali: anzi, i suoi lavori più noti in Ticino sono proprio quelli di arte urbana – più o meno istituzionalizzata – negli spazi aperti sulle strade della città. Il nuovo stimolo che lo ha guidato in questa occasione è stato invece trasporre le sue modalità «pubbliche» in uno spazio chiuso, privato, ed espressamente destinato all’arte.
Ma, che si tratti delle sale di una fondazione d’arte oppure dei muri di un autosilo, è sempre la possibilità di suscitare meraviglia nel visitatore a motivare l’artista: «Il pubblico riesce oggi a comunicarmi il senso della trasformazione dello spazio» spiega Dorici. «Cerco con la mia opera di modificare gli ambienti in modo tale da alterarne la consueta percezione. Questo dovrebbe provocare un senso di sorpresa, che però io non riesco più a provare. Mi piace invece osservare quest’effetto negli occhi del visitatore. Anche per questa ragione la mostra è sviluppata per permettere una chiave di lettura ben precisa: l’esperienza deve sostituire la spiegazione didascalica».
Il consolidato interesse di Dorici per i materiali di riutilizzo comune – come corde, piastrelle, nastro adesivo – si ritrova anche nella mostra di Porza: così capita che gli ambienti siano realizzati utilizzando filo di lana, scatole della frutta, pacchi per spedizioni. È particolarmente riuscita l’opera «Light Box #399», dove la luce di Wood rimodula lo spazio creato dai volumi degli imballaggi in cartone, ricordando il lavoro di Gianni Colombo nell’ambito dell’Arte cinetica e programmata degli anni Settanta.
La scatola è il primo modulo con il quale Dorici ha cominciato a sperimentare, al momento di svincolarsi dalla grafica e dalla pittura. È stato quindi scelto quale elemento chiave di questa mostra, per creare ambienti concentrici, stanze all’interno di altre stanze. La luce è invece l’aspetto che caratterizza le più recenti ricerche dell’artista: dall’ultravioletto alla luce solare, un mezzo determinante per indirizzare lo sguardo e l’attenzione del visitatore.
Gli spazi dedicati alle opere pittoriche, sia su tela che su ceramica, permettono al visitatore di cogliere la capacità dell’artista di sintetizzare lo spazio tridimensionale. Spiega Tiziana Lotti Tramezzani, curatrice della mostra: «Ho creduto che fosse importante fare capire da dove nasce il lavoro di Dorici e perché egli arrivi alle tre dimensioni. Fra una tecnica e l’altra, c’è un continuo fluire di forme che ritornano. Egli, infatti, è partito dalla pittura – tecnica che non ha mai abbandonato – per arrivare all’installazione. Il suo leitmotiv parte dalle opere bidimensionali, ma le diverse produzioni continuano parallelamente: dalla grafica agli azulejos, dalle costruzioni di corde alla pittura su tela. L’obiettivo è stato dimostrare che l’installazione non è un progetto isolato e di carattere ludico, ma che l’artista ha invece ragioni profonde e ben precise per cimentarsi con lo spazio».
Emerge quindi con chiarezza l’attitudine a servirsi di forme geometriche per intervenire sugli spazi della vita reale, che diventano al contempo protagonisti e scenografia delle installazioni che dominano anche gli ambienti di Villa Pia. Ancora la curatrice: «Credo che nei contesti museali l’installazione sia spesso confinata in pochi ed isolati spazi. Gli artisti che la prediligono quale mezzo espressivo non hanno spesso modo di spiegare la genesi del loro pensiero. Alla Fondazione Lindenberg già con la coppia Gysin & Vanetti ce ne eravamo occupati (Gysin & Vanetti. Due più due diviso due per due meno due, novembre 2014-aprile 2015, ndr), ma si trattava di un altro tipo di rapporto con lo spazio, e con l’arte in generale. Con Alex Dorici è stato importante raccontare la genesi del suo uso dello spazio».
Da ultimo, si segnala lo scotch drawing su vetro che nel giardino della fondazione ritrae ed incornicia il paesaggio circostante. Una moderna cartolina della città e del suo lago.
Dove e quando
Alex Dorici, 9 Rooms, Museo Villa Pia, via Cantonale 24, Porza, fino al 10 ottobre. Orari: ma 10.00-18.00, do 14.00-18.00.
Info: www.fondazionelindenberg.org