La regina dell’editoria

È scomparsa Inge Feltrinelli, donna dalle straordinarie doti umane e intellettuali
/ 24.09.2018
di Paolo Di Stefano

Inge Schönthal era diventata la più Feltrinelli dei Feltrinelli. Aveva conosciuto Giangiacomo, l’editore rivoluzionario e miliardario milanese, una sera di ottobre del 1958 durante un party che si teneva ad Amburgo negli uffici della casa editrice Rowohlt. Lei era una fotoreporter d’assalto, giovanissima aveva lasciato la Germania per raggiungere New York su una nave di lusso, aveva già fotografato Hemingway, Kennedy, Picasso, Churchill, Greta Garbo ed era appena tornata da un reportage nel Ghana; lui era il genio dell’editoria internazionale, avendo pubblicato (detenendone i diritti nel mondo) niente meno che Il dottor Zivago, il romanzo di Pasternak censurato in Unione Sovietica e sgradito anche ai comunisti italiani. «Simpatizzarono… e credo non avessero bisogno d’altro…»: così l’editore Rowohlt commentò quella serata dopo aver presentato Inge a Giangiacomo.

Erano due giovani forze della natura. Lei nata a Essen nel 1930 da un padre industriale tessile ebreo costretto a emigrare in America; Giangiacomo nato nel 1926 a Milano, era stato attivista e partigiano, fondatore della casa editrice di via Andegari nel 1954, già sposato due volte, avrebbe poi, nel 1970, creato i Gruppi d’Azione Partigiana, una delle prime organizzazioni armate degli anni di piombo, e sarebbe finito in clandestinità prima di essere trovato morto il 14 marzo 1972 ai piedi di un traliccio di Segrate.

Inge non avrebbe immaginato niente di tutto ciò quando, nel febbraio 1959, si sposarono in Messico: era da poco uscito un altro bestseller internazionale, Il gattopardo, dello sconosciuto (e già defunto) Tomasi di Lampedusa. Erano giovani e ammirati nel mondo: insieme avrebbero viaggiato ovunque, nel 1962 sarebbe nato Carlo, destinato negli anni Novanta ad assumere il comando della casa editrice e l’eredità della famiglia. Nel 1964 Inge e Giangiacomo raggiungono l’Avana per mettere insieme, con il líder maximo Fidel Castro, i suoi diari.

Grazie alla Feltrinelli, intanto, si possono leggere autori finora pochissimo noti in Italia: Karen Blixen, Jorge Luis Borges, Doris Lessing, Jack Kerouac, Nadine Gordimer, Henry Miller, Friedrich Dürrenmatt, Max Frisch, Günter Grass, per citarne solo alcuni. Questi ultimi tre consigliati, curati e spesso tradotti da un editor ticinese, Enrico Filippini, intelligente scopritore di autori di lingua tedesca e braccio destro di Giangiacomo. Gli anni successivi segnano l’apertura verso la letteratura latinoamericana: nel 1968 esce Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez.

Ma prima la clandestinità poi la morte così tragica del fondatore faranno precipitare nella crisi la casa editrice, che richiede una revisione dei bilanci e una ricapitalizzazione. È Inge, presidente dal 1970, a prenderne in mano le redini e lo fa con mano ferma, circondandosi di collaboratori di notevole rilievo sia sul piano strettamene editoriale (Franco Occhetto e Sandro D’Alessandro su tutti) sia sul piano commerciale, puntando molto sull’espansione delle librerie (affidate a Romano Montroni), che erano state pensate da Giangiacomo. E naturalmente guardando alla qualità degli autori.

Tra gli anni Ottanta e Novanta, Inge e i «suoi» tirano fuori dal cappello L’amante di Marguerite Duras, i romanzi di Isabel Allende, di José Saramago, di Amos Oz, di Vázquez Montalban, di Daniel Pennac e di Banana Yoshimoto; e gli italiani: Tabucchi, Celati, Tondelli, Starnone, Maggiani, De Luca…

Inge Feltrinelli era un vulcano in continua ebollizione: entusiasta per carattere, curiosa, sensibilissima alla qualità umana delle persone prima ancora che intellettuale. È stata per qualche decennio la regina dell’editoria, una sorta di Ministro degli Esteri del libro, capace di amicizie profonde con i suoi autori, narratrice orale straordinaria, raccontava l’epica dell’editoria del Novecento da protagonista, con risate sonore e contagiose, senza enfasi e senza nostalgie ma con il piacere allegro di trasmettere un’esperienza che riteneva fondamentale anche per il futuro.