La poliedrica figura di Bixio Candolfi

Mostre - La Biblioteca cantonale di Lugano propone una esposizione dedicata all’uomo di cultura ticinese, in occasione del suo centenario dalla nascita
/ 30.12.2019
di Giovanni Medolago

La sua biografia avrebbe certo potuto tradursi dapprima in una sceneggiatura e poi in un film, come quelli co-prodotti dalla RSI grazie a «Cinema 80», uno dei suoi tanti progetti condotti felicemente in porto da infaticabile promotore culturale qual è stato per quasi mezzo secolo. Il titolo del film lo suggerisce la Biblioteca Cantonale di Lugano, che gli dedica una mostra – curata dallo storico Danilo Baratti – in occasione del centenario dalla nascita: Da Comologno al mondo, Bixio Candolfi senza confini.

La pellicola potrebbe aprirsi con l’attività agonistica del giovane Bixio, appassionato e valente calciatore del FC Locarno, attività svolta con la complicità della mamma e però all’insaputa del padre, preoccupato che allenamenti e partite potessero distrarre il suo figliolo dagli studi alla Magistrale e poi all’Università di Berna.«A 26 anni ero già pelato – ricordava sorridendo – a furia di segnare gol di testa!». Scena clou: la semifinale di Coppa svizzera, raggiunta dalle Bianche casacche nel 1943 battendo il già allora blasonato Young Boys.

Nell’ipotetico film ci sarebbe spazio per molti cameo di altrettanti illustri personaggi: Giuseppe Ungaretti, Giansiro Ferrata, Riccardo Bacchelli, Pio Baldelli, Padre David Maria Turoldo («Uomo straordinario, una delle figure che più mi hanno impressionato»), e Vittorio Sereni, quest’ultimo divenuto poi caro amico di Candolfi, col quale era solito trascorrere qualche settimana al mare di Bocca di Magra, scoglio ligure amato quasi quanto Comologno.

Tra le personalità di casa nostra, ecco poi Giovanni Orelli, Adriano Soldini, Eros Bellinelli, Plinio Martini o Giovanni Bonalumi; infine Max Frisch e René Burri, che in Onsernone trovarono ben altro che un semplice buen retiro.La difficoltà maggiore, per realizzare il nostro film, sarebbe paradossalmente quella di far accettare al buon Bixio la parte del protagonista.

Un esempio eclatante di tale signorile modestia lo troviamo nella sua performance forse più celebre – e celebrata quale trasmissione più longeva non solo della RSI, ma addirittura a livello internazionale –, quella Costa dei Barbari creata con Gabriele Fantuzzi, intellettuale lombardo col quale concepì per sé un curioso pseudonimo monetario: Franco Liri. Quante volte l’abbiamo sentito annunciare quale misterioso responsabile dai tre storici conduttori – Febo Conti, Flavia Soleri e Luigi Faloppa, che parlano, ridono, cantano e qualche volta pensano «in vero italiano!».

Altrettanto importanti furono molte altre iniziative concepite e portate avanti con caparbietà da Candolfi, di cui sono preziosa testimonianza lettere autografe, foto e molti altri documenti proposti dalla mostra alla Biblioteca. Ben prima di Cinema 80 che vide la nostra TV aprire una strada di co-produzione in ambito cinematografico poi seguita dalle principali emittenti europee, il professore (come l’hanno sempre chiamato i suoi più stretti collaboratori) diede vita dapprima ai «Corsi serali» seguiti poi dai «Corsi di cultura».

Creò i Cineclub di Chiasso e Lugano e nell’ambito del Festival di Locarno concepì quel «Cinema&gioventù» che è stata e resta raffinata fucina di tanti cinefili. Fu autore di riduzioni radiofoniche di tanti capolavori degli amati scrittori statunitensi (Faulkner e Hemingway, ma anche il meno conosciuto William Saroyan), cui si affianca – tra innumerevoli altre – una versione in sette puntate del Caso Dreyfus. Attraverso Radioscuola offrì un radicale cambio di paradigma nella lettura storico/antropologica degli Indiani d’America, ben diversi dai feroci pellerossa dei film di John Wayne. Diede fiducia al regista Bruno Soldini, i cui Racconti cinematografici divennero molto popolari.

Negli anni in cui il Ticino viveva grandi cambiamenti socioeconomici, Bixio Candolfi fu tra i primi a cogliere l’enorme potenziale offerto da radio&tv e divenne instancabile promotore di iniziative culturali volte a «migliorare il cosiddetto linguaggio della tribù e più in generale a migliorare la convivenza civile nel Paese» (Giovanni Orelli, chiamato da Candolfi a condurre in TV Questo e altro, mirabile esempio di rubrica culturale accessibile anche ai non addetti ai lavori).

Un intellettuale curioso e poco organico, liberale nel senso più alto del termine: «Il suo liberalismo – spiega Baratti – si richiamava a Piero Gobetti, al Socialismo liberale dei fratelli Rosselli e all’esperienza di Giustizia e libertà, a Norberto Bobbio o ancora alle riviste “Il Mondo” di Mario Pannunzio e in ambito locale “Ragioni critiche”, di cui apprezzava il colto pluralismo».Legatissimo al Ticino e sempre fiero delle sue origini, Bixio Candolfi – come dichiarò in un’intervista televisiva – fu altresì un operatore culturale «sempre vigile di fronte al pericolo di cadere in un banale e chiassoso provincialismo». Il Ticino, purtroppo, a tutt’oggi fatica a trovare qualcuno in grado di sostituirlo.

La mostra sarà aperta fino all’11 gennaio 2020.