Bibliografia
Luigi Forte. Berlino città d’altri. Il turismo intellettuale nella Repubblica di Weimar. Neri Pozza 2018, 299 pagine.


La più americana delle città d’Europa

Da Walser a Kafka, da Roth a Zweig: Berlino negli scritti di una generazione eccezionale raccontata da Luigi Forte
/ 21.05.2018
di Pietro Montorfani

Ha voluto chiederlo a Robert Walser e Franz Kafka, a Sandor Marai, Christopher Isherwood e Gottfried Benn. Ha sentito il parere di Walter Benjamin e si è intrattenuto a lungo con Alfred Döblin, Vladimir Nabokov e Bertolt Brecht. Ha ascoltato persino qualche intellettuale italiano dei meno legati alle muse mediterranee (Marinetti, Boccioni, Pirandello, Borgese). Ma l’obiettivo era uno, e uno l’intento: ricostruire il multiforme prisma dell’identità di Berlino, la più americana delle città d’Europa, la più moderna, forse, anche perché, da sempre, meno caratterizzata di altre (Parigi, Roma, Londra) e perciò meno segnata da un’estetica, meno radicata in una storia, meno stratificata nei secoli.

L’idea di raccontare la capitale tedesca attraverso gli occhi di autori stranieri era venuta già, nel suo piccolo, alla rivista svizzera «Viceversa» (2004, vi partecipò anche chi scrive) e davvero non sono mancati negli ultimi decenni gli scrittori che abbiano sentito la necessità di testimoniare l’incontro con una città al fuori di qualunque schema, eppure quasi banale, in apparenza, perché così prossima all’essenza stessa di una metropoli cosmopolita. Con un’unica, inevitabile postilla: che ogni narrazione di Berlino successiva alle devastazioni della seconda guerra mondiale, cristallizzata per sempre nell’«Ich bin ein Berliner» di John Fitzgerald Kennedy, parla di una città diversa da quella indagata da questo libro.

Qui sta, io credo, il grande merito di Luigi Forte, apprezzato germanista già attivo nelle università di Tübingen, Firenze, Bari e Torino: l’aver spinto indietro il nastro del tempo fino a poco prima dell’immagine tragedia, in un’epoca, quella della Repubblica di Weimar (1919-33), che contiene già in sé i prodromi di quello che sarebbe venuto dopo, ma che pure non aveva ancora perso del tutto il suo slancio utopistico, ottimista, teso verso un futuro possibile. Di qui la natura ibrida di molte testimonianze, soprattutto quelle di parte ebraica (Roth, Zweig), di chi vedeva in Berlino una città «che non conosce tregua», «la New York della vecchia Europa», un luogo «in cui domini – scriveva Brecht – la dura, spietata lotta per la vita».

Il libro di Forte si muove lungo molteplici piste d’indagine, in taluni casi segue passo passo autori celeberrimi (Walser, Kafka, Roth) e in altri cerca invece di considerare nel complesso alcuni gruppi nazionali: i tedeschi doc, innanzitutto, capitanati dall’autore di Berlin Alexanderplatz (Alfred Döblin), ma anche gli esuli russi che ruotavano attorno al quartiere Charlottenburg, gli scrittori inglesi amanti della vita notturna (Auden, Spender, Isherwood, Layard), gli italiani, i francesi. Oltre a un canone di consigli di lettura che sarebbe bene tenere sempre presente, dalle loro voci e dalle loro vicende personali, tristi e liete, emerge la complessa anima di una città sfuggente e misteriosa, veramente, come propone l’autore nel risvolto di copertina, «un sito archeologico della modernità e delle sue tragedie».