Bibliografia
Massimo Arcangeli, Sciacquati la bocca. Parole, gesti e segni dalla pancia degli italiani, Milano, il Saggiatore, 2018.


La lingua della pancia

Da dove viene l’abitudine alle cattive maniere comunicative? Da dove il risentimento linguistico? Un saggio decisamente originale di Massimo Arcangeli
/ 04.02.2019
di Stefano Vassere

«Se m’ingegnassi a scrivere un saggio sulla nostra lingua fra passato e presente, avrei difficoltà a intitolarlo La grande bellezza dell’italiano o L’italiano è meraviglioso. Mi accorgo che per gran parte della mia vita umana e professionale ho coltivato o inseguito la sregolatezza e il caos, l’oscurità e la bruttezza, la differenza e il dolore, la contaminazione e l’eterodossia, le sporcature e le anomalie, le anfrattosità e i percorsi accidentati».

Uno dei problemi che accompagnano da sempre il desiderio di svelare la storia, nei secoli, dell’italiano parlato risiede nel fatto che la nostra lingua è stata poco parlata e molto scritta (c’erano i dialetti) e che quel poco che si riesce a intuirne lo si deriva molto indirettamente da testi di scritto popolare. Un registro episodico, quest’ultimo, marginale, che porta certo l’odore di quella varietà ma che è sempre come un po’ vestito della festa e quindi quasi mai naturale e spontaneo.

Questo inusuale e profondo saggio di Massimo Arcangeli, Sciacquati la bocca. Parole, gesti e segni dalla pancia degli italiani, la prende un po’ alla larga: prima di tutto nel senso che non ne fa una questione solo linguistica e accoglie la dimensione pragmatica, cioè la lingua più il contesto, con i gesti, i milieux storici e sociali, i confronti con le altre lingue e tutto quello che trasforma il codice linguistico in comunicazione.

Questo libro ha poi un metodo piuttosto infrequente, riassumibile più o meno così: «non abbiamo la possibilità di cogliere queste manifestazioni di costume sociolinguistico direttamente dalla bocca dei parlanti e allora che facciamo? Andiamo nella tana del lupo, nello scritto dei classici e vediamo lì se riusciamo a cavarne qualcosa». Goldoni, Leonardo, Dante, i latini, il cinema, politici, autori meno conosciuti, braccati proprio nell’uso di espressioni che nei secoli sarebbero diventate parolacce e cattive abitudini linguistiche. Per datarle, identificarne le origini, valutare che cosa sono diventate dal lì a qui.

Prendiamo i gesti dell’ombrello e del dito medio alzato, che sono un po’ rappresentativi del carattere di novità nel materiale di Arcangeli; hanno una loro diacronia, in italiano: il primo è usato da Alberto Sordi nei Vitelloni e poi quasi scompare, evolvendo nel secondo, che è però scovato in carmi latini dedicati al dio Priapo, in Marziale («Riderai molto di chi ti avrà dato dell’omosessuale, o Sestillo, e gli sbatterai davanti il dito medio»), la Commedia dantesca, esempi classici francesi e spagnoli, americani («Negli Stati Uniti il dito medio alzato sarebbe stato introdotto nell’Ottocento da immigrati italiani»).

Dai gesti alle parole il passo è banalmente breve; c’è a pagina 44 un elenco sistematico e scientifico di occorrenze nel cinema americano di parolacce che richiamano parti intime, di vari ambiti e gradi di volgarità. Dai gestacci, al sessismo, ai riferimenti obliqui alle identità di genere e di provenienza geografica, al linguaggio politico, il testo procede per scarti e sorprese con generose inserzioni delle preziose fonti, e serve un catalogo ragionato e approfondito del malvezzo comunicativo e linguistico.

Questo libro non si legge con comodità; perché la sincera e tormentata ricerca dell’autenticità dichiarata da Arcangeli fin dalle prime righe riguarda la sostanza della ricerca e il suo contenuto, ma anche un caratteristico tessuto testuale semilavorato, che richiama la voce degli originali, propone spesso le impressioni e i ragionamenti quasi come se il linguista diventasse una specie di narratore e, non da ultimo, arricchisce il tutto con un talora destabilizzante apparato iconografico. È un libro sorprendente e nuovo. Al lettore soddisfatto si concederà qualche riserva sull’immagine di copertina, irriferita qui e certamente non all’altezza.