Dove e quando
Collection de l’Art Brut, Losanna (11, av. des Bergières). 3ème Biennale de l’Art Brut: Corps, fino al 29 aprile 2018; Ernst Kolb, fino al 17 giugno 2018. Orari del museo: ma-do 11.00-18.00; lu chiuso. Info: www.artbrut.ch

Senza Titolo, 1969 - 1993, penna a sfera, 29,7 x 21 cm (Claudine Garcia, [AN] Collection de l’Art Brut, Lausanne)


La guerra dei corpi

Mentre a fine aprile è prevista la chiusura di Corps, La Collection de l’Art Brut presenta l’opera di Ernst Kolb
/ 02.04.2018
di Daniele Bernardi

Sordomuto, infermo e analfabeta, il figlio di una famiglia di falegnami si dedica con ostinazione al disegno. Dapprima si impegna nella rappresentazione della vita di paese – bestie, attrezzi e macchine sono i suoi soggetti –, successivamente, in seguito alla scoperta di un libro di nudi maschili, a quella di una lacerata visione della figura umana che ancora lo ossessiona: il suo nome è Josef Hofer e oggi vive presso un foyer nel comune di Ried im Innkreis, in Austria.

Dopo varie vicissitudini, tra il 1936 e il 1963 Morton Bartlett, responsabile di una agenzia grafica di Boston, si impegna nella segreta costruzione di quindici bambole: per farlo si ispira ad opere di anatomia femminile e di storia del costume, impara a cucire e a modellare la creta. Ma non è tutto: assieme a vestiti e parrucche forgia più teste e arti in atteggiamenti diversi, affinché ogni fantoccio abbia differenti possibilità espressive. Frutto di molte ore di lavoro, le inquietanti bambole saranno scovate alla morte dell’artista nel suo domicilio.

Internato in un ospedale psichiatrico a ventisette anni, nel 1930 Sylvain Fusco cessa di parlare; alle spalle ha un crimine passionale e l’esperienza del carcere. Dopo diverso tempo prende a tracciare graffiti sui muri del dormitorio. Inizialmente disegna enormi sessi femminili, oscuri dettagli fisici. Poi, con l’aiuto di un medico che gli procura carta e pastelli, Fusco plasma infinite masse di corpi botticelliani finché, nel 1940, muore di stenti a causa della penuria dovuta alla mobilitazione.

Questi sono solo tre degli straordinari artisti che La Collection de l’Art Brut di Losanna propone fino al 29 aprile in Corps, la sua terza biennale dedicata ora, dopo Véhicules (2013) e Architectures (2015), al conturbante tema del corpo. L’esposizione, il cui allestimento è stato affidato all’attore, danzatore e regista Gustavo Giacosa, indaga molteplici aspetti dell’argomento attraverso una serie di nuclei tematici: squartamenti e ricomposizioni, corpi macchine, connessioni, metamorfosi, specchi, morte, cerchi magici e tatuaggi. L’impressionante insieme delle opere appartiene, naturalmente, agli archivi del museo che, in questa occasione, ha attinto pure alla Collection Neuve Invention.

Quindi, accanto ai nomi noti dell’Art Brut (Aloïs, Carlo, Henry J. Darger, August Walla, etc.) e ad altri meno conosciuti, si possono scoprire le affascinanti creature di Marguerite Burnat-Provins, i volti diafani della misteriosa Madame Favre, le sagome tratteggiate da Rosemarie Koczÿ o i contorsionismi dei personaggi di Friedrich Schröder-Sonnenstern. E, come sempre avviene nelle sale del Château de Beaulieu, è un assedio di occhi, colori e tratti precisi ad assalire il visitatore destinato a perdersi dentro al vortice di una sconvolgente energia.

Per questi artisti – che, per lo più, non si definiscono né si pensano tali – il corpo non possiede certo la docilità di cui scrisse Foucault nel suo Sorvegliare e punire. E anche quando questo, talvolta, è vissuto come un carcere, una guerra o un labirinto, la sua rappresentazione ha comunque l’evidenza di una protesta dirompente, di un grido lacerante. Opere come quelle di Robert Gie., di Katharina e di Dwight Mackintosh confermano quanto il mito borghese della cultura si riveli inconsistente di fronte alle necessità di un dire che, al di là del proprio bisogno espressivo, non conosce padroni.

Contemporaneamente a Corps, dal 9 febbraio al 17 giugno La Collection de l’Art Brut presenta inoltre un allestimento monografico dedicato all’opera di Ernst Kolb (Mannheim, 1927-1993). Soprannominato «il cittadino Kolb» o «l’uomo dei sacchi plastica», dopo una formazione da panettiere e all’emergere di una grave forma diabetica, si consacra al disegno a partire dai cinquant’anni. La sua personalissima tecnica si avvale di strumenti semplici: una penna biro e i pieghevoli raccolti agli eventi culturali che frequenta con regolarità.

I soggetti di Kolb sono figure antropomorfe, pupazzi, personaggi bidimensionali saturi di linee e ghirigori. Sovente occupano uno spazio insufficiente alla loro stazza e sono costretti a piegarsi tra i limiti del foglio (la maggior parte delle opere è infatti di piccolo formato). Alcuni incarnano delle identità-simbolo, come il poliziotto; altri, invece, sembrano più misteriosi: li si vede sporgersi su un grande vaso o assumere atteggiamenti di non ovvia interpretazione; spesso, oggetti e strane bestiole li affiancano.

Stando a quanto si legge nella pubblicazione che accompagna l’evento, nonostante l’impegno di un discreto numero di persone interessate alla conservazione dell’opera di Kolb, la città di Mannheim non ha mai dimostrato alcun interesse nei confronti della sua produzione. Con questa mostra è la prima volta che un’istituzione museale accoglie il suo lavoro. Mentre il mondo dell’arte contemporanea, prigioniero di vecchi equivoci, pare rincorrere le logiche isteriche del mercato, ancora una volta La Collection de l’Art Brut si distingue invece col rigore delle proprie posizioni etiche ed estetiche.