La grande chance di Guadagnino

Quattro Nomination agli Oscar per il regista italiano
/ 12.02.2018
di Fabio Fumagalli

**(*) Chiamami col tuo nome, di Luca Guadagnino, con Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar (Italia – Stati Uniti 2017)

Chiamami col tuo nome è un film sull’estate. L’estate della campagna nel Nord Italia, il tempo dei sentimenti e del desiderio. L’estate del 1983 è anche quella di Craxi, Grillo e Loredana Berté, ma solo dietro le quinte. Nel film, per certi versi sorprendente, di Luca Guadagnino, in primo piano ci sono i grilli e le cicale, l’afa delle strade deserte da percorrere in bicicletta fra i prati assolati attorno a Crema. E i ruscelli, le piscine rustiche, anche solo le pozze nelle quali sguazzare in compagnia. Un po’ tanti bagni, presi un po’ troppo spesso, come d’altronde varie cose in questo film prolungato e ripetitivo, ma comunque stimolante. 

La nascita dei sentimenti e del desiderio, i temi insomma che importano al Guadagnino ispirato dal romanzo di André Aciman, si sviluppano anche nella frescura di un altro spazio ben esplorato, la settecentesca ricca casa di vacanze (che sarebbe piaciuta a Visconti). Al diciassettenne Elio e al seducente ospite – il giovane americano Oliver, nuovo assistente del papà archeologo – non mancano di certo le ragazze. Ma, prima ancora delle risate e dei flirt cari ai ricordi adolescenziali di tutti, per Elio contano i libri, e soprattutto la musica che compone al pianoforte. Assieme a quello che diventerà il tema propulsivo del film, ossia la scoperta della propria sessualità.

Luca Guadagnino nasce a Palermo da padre siciliano e madre algerina, e vive in Etiopia per vari anni. Si laurea a Roma, ma i suoi film sembrano da sempre più apprezzati all’estero. Era il caso di Io sono l’amore del 2009, del quale si diceva «raffinato nelle immagini, grandiloquente nel messaggio, piuttosto disordinato nella sceneggiatura come nel montaggio».

A un anno dal suo esordio a Sundance, dove gli americani l’hanno come sempre adorato, ha sorpreso un po’ tutti. E ora ha ottenuto quattro Nomination agli Oscar: miglior film, attore protagonista, sceneggiatura non originale e miglior canzone. Guadagnino gira in inglese, con attori americani; la sua ambizione estetica è stata guardata a lungo con sospetto dalle nostre parti. Almeno quanto la sua vena, spesso etichettata come borghese. Alla Visconti, o Pasolini, sebben più banalmente; oppure, come qui, un po’ alla maniera del Bertolucci di Io ballo da sola.

Gli attori sembrano crederci e per la sceneggiatura il regista si avvale della collaborazione del grande maestro James Ivory. Mettendoci però con emozione, per la prima volta senza eccedere più di tanto, molto del suo.