Come ogni appassionato di musica anglosassone ricorderà, a metà degli anni ’90, proprio in piena esplosione britpop, la scena «made in UK» ha vissuto un momento di grazia in cui – accanto agli esperimenti a cavallo tra surrealismo e rock rabbioso di formazioni allora sulla cresta dell’onda quali Blur e Oasis – si è sviluppata una corrente musicale quasi anomala e a tratti ignorata dal grande pubblico, caratterizzata da brani delicati e melodici e ballate inguaribilmente romantiche e suadenti.
Diversamente dai nomi meno noti di quel periodo, la formazione dei Lighthouse Family (appellativo dietro il quale si è, per parecchi anni, nascosto il duo easy listening composto da Tunde Baiyewu e Paul Tucker, rispettivamente cantante e tastierista) è riuscita così a ottenere ottimi riscontri popolari, il tutto grazie all’estrema orecchiabilità della propria produzione e ad alcuni eccellenti piazzamenti nelle classifiche internazionali con pezzi dallo spirito romantico, eppure vitalista, come Lifted e High. Ciononostante, i Lighthouse Family sembravano essersi definitivamente ritirati dalle scene, come suggerito dall’improvvisa latitanza seguita a Whatever Gets You Through the Day (2001); eppure, oggi il duo di Newcastle, già brevemente ricostituitosi nel 2010, torna alla ribalta con un nuovo album, nientemeno che un doppio – di cui il secondo disco, Essentials, è, in realtà, composto soprattutto da remix e versioni alternative di brani tratti dai tre precedenti album firmati da Tucker e Baiyewu.
E dal momento che il grande talento dei Lighthouse Family risiede da sempre nel timbro e nel cantato particolarmente morbidi di Tunde, non stupisce che, anche in questo Blue Sky in Your Head, il fulcro di tutto sia proprio l’equilibrio tra la voce vellutata e suadente del vocalist e gli avvolgenti tappeti sonori concepiti dal suo collega Paul. In effetti, i due sembrano non aver voluto in alcun modo alterare la formula che oltre vent’anni fa li ha resi celebri a livello internazionale: sia l’ottima title track del CD, che brani come Waterloo Street e Live Again ricalcano da vicino (addirittura fin dalle liriche!) tormentoni del passato quali il già citato High o Ocean Drive, mentre pezzi più intensi quale gli eccellenti Put My Heart On You e Immortal dimostrano come il gruppo sappia anche sfornare classiche hit ballabili. Inoltre, nel cimentarsi in pezzi più ritmati e spensierati, il duo mantiene l’abituale usanza di effettuare contaminazioni a cavallo tra vaghe sonorità jazzate e il pop orchestrale di ampio respiro (come avviene in My Salvation, singolo apripista dell’album, ma soprattutto nel nostalgico Super 8, in cui la sezione ad archi risulta fondamentale per il successo del brano).
Ecco quindi che, per quanto non troppo originali dal punto di vista strettamente musicale, ballatone soft del calibro di Who’s Gonna Save Me Now, Under Your Wings e Light On risultano emotivamente coinvolgenti, proprio come, del resto, è sempre stato con il catalogo dei Lighthouse Family, che mostra una particolare grazia nel coniugare leggerezza e sentimenti profondi; ne è un esempio l’epico lento Clouds, che non a caso ha riscosso particolare successo tra i fan di vecchia data. Non solo: tale grazia si ritrova perfino nel secondo CD dell’album, dedicato a rimaneggiamenti assortiti del repertorio del duo. E sebbene chi scrive abbia sempre trovato difficile nutrire una qualsiasi forma d’interesse verso l’arte del remix, bisogna dire che anche stavolta Tunde e Paul hanno mostrato grande gusto, evitando di piegare la propria musica a sonorità dal sapore troppo dance e riuscendo così nella difficile impresa di impedire qualsiasi reale stravolgimento del proprio sound a fini puramente commerciali. Lo dimostra anche la riproposizione di un raro esperimento gospel come (I Wish I Knew How it Would Feel to Be Free), la cui coda è nientemeno che un omaggio all’immortale One a firma degli U2.
Certo, davanti a un album squisitamente easy listening quale Blue Sky In Your Head i puristi della musica impegnata troveranno forse difficile affermare di trovarsi confrontati con musica di particolare spessore o elevata rilevanza artistica; tuttavia, fare di un prodotto di largo consumo uno sforzo di classe è meno facile di quanto si pensi, e la rinnovata abilità dei Lighthouse Family nell’intessere brani orecchiabili e rilassanti, caratterizzati da quelle sonorità «uplifting» che da sempre rappresentano il loro marchio di fabbrica, riesce ancora a dar vita a un perfetto equilibrio tra il più puro sound pop e l’eleganza di contributi orchestrali e sfumature ad alto voltaggio emotivo (si vedano brani emozionanti come The Long Goodbye e The Streetlights and the Rain).
Ed è proprio la combinazione di tali elementi a far sì che quest’ultimo lavoro sia degno di essere annoverato tra i migliori esempi di garbato pop radiofonico attualmente disponibili sul mercato: non poco, per un duo che può ormai vantarsi di aver superato la boa dei venticinque anni di carriera.