L’estate apre le porte all’intrattenimento: una scommessa dove la qualità dell’offerta gioca un ruolo preponderante. Per la chiamata alla sua sesta edizione, Territori, il festival di teatro in spazi urbani di Bellinzona, ha imbastito gli appuntamenti attorno a due assi portanti: la valorizzazione di luoghi non necessariamente teatrali e, in particolare, della scena artistica regionale, con un programma che – come allude il titolo della manifestazione Marilyn e le altre – ha proposto molti spettacoli che raccontano biografie di donne.
Scegliamo di iniziare con Io sono un’altra di Camilla Parini, un progetto che si è sviluppato sull’arco di due anni e che ha coinvolto più di 100 donne di età compresa tra gli 8 e i 93 anni. Quello presentato a Territori è l’epilogo, la tappa finale di un’avventura artistica originale nutrita da uno straordinario contorno umano e filosofico, dove tutte le donne coinvolte hanno accettato di operare una sorta di transfer sul corpo di Camilla rispondendo a domande come: chi sono io, come vorrei rappresentarmi e che cosa racconto di me? Ne sono nati autoritratti femminili intriganti, a cavallo fra performance privata e l’esposizione di un corpo che appartiene a un’altra. Il tutto è stato documentato da fotografie e filmati (Marika Brusorio, Muriel Hediger, Martina Tritten) e poi proposto in un allestimento distribuito nei vani di un appartamento al primo piano del Palazzo Casagrande dove gli ambienti privati, dai corridoi alle stanze fino al bagno, diventano tavolozze di riflessione, punti di investigazione e documenti sonori. Voci, suoni, musiche, immagini, frammenti di un’esperienza di vita la cui complessità realizzativa non smette di stupire e apre a mille possibilità interpretative. Un voyeurismo affascinante, un pudore artistico che meriterebbe di valicare i confini e mostrarsi come esempio di genius loci, un progetto che non deve esaurire la sua spinta fra le mura della turrita ma che può confrontarsi anche all’estero, fiero della sua identità linguistica e della sua forza teatrale. Lo testimonia la curiosità e l’attenzione che ha suscitato tra i numerosi visitatori.
Il percorso del festival ha riposto in gioco l’esuberanza di Nando Snozzi che ha messo a segno un altro colpo con i suoi Passaggi clandestini, un’azione scenica organizzata per l’occasione nel parco di Villa dei Cedri. Un appuntamento molto seguito che si è sviluppato sull’arco di tre esibizioni in cui l’artista bellinzonese sfodera la sua verve letteraria fra iperboli sintattiche e lessicali, in un contesto di grande sensibilità dove si agitano profonde inquietudini per un’umanità ferita. La visione di Nando è quella dei suoi colori, delle sue sagome, di una pittura rude, incisiva e selvaggia come la galleria dei volti che nascono dalle sue mani, dalla violenza del gesto, dalla passione. Un’arte che Snozzi ha proposto in un cerimoniale di investitura di Clandestini speciali accompagnato dalla sua squadra fra letture e musica: Patrizia Barbuiani (letture), Zaira Snozzi e Gianni Hofmann (animazione), Matteo Mengoni e Rocco Lombardi (musiche).
Era molto atteso il passaggio teatrale di Lucilla Giagnoni sul palco allestito nella Corte del Municipio per il suo Marilyn, monologo costruito sulla storia dell’attrice americana. Attrice colta, intelligente e di rara bravura, la Giagnoni abbandona le meditazioni apocalittiche e spirituali che l’hanno accompagnata in questi ultimi anni per percorrere la biografia di Norma Jean proiettandoci nella dimensione a specchio di due donne che appartengono a una sola entità. Fra bellezza e sofferenza, amore e ricerca della perfezione Marilyn e Lucilla sono espressione di un’unica appassionante, drammatica e disperata poesia per una Marilyn, solo per un attimo… attrice allo stato puro.
Merita infine una sottolineatura il ritorno in scena di La forme de l’âme, performance di Elena Boillat all’oratorio di San Biagio. La nudità statuaria del suo corpo si modella in un accurato, avvolgente e delicato gioco di luci su movimenti lenti: una meditazione filosofica di grande intensità e purezza.