Dove e quando
Ritratti inediti di Davide Stallone. Per un incontro con l’amico Nag Arnoldi. Fino al 23 dicembre 2016. Ristorante Atenaeo del Vino, Mendrisio


La docile irrequietezza dell’essere

Il ritratto di Nag Arnoldi attraverso gli scatti di Davide Stallone
/ 28.11.2016
di Alessia Brughera

Per un fotografo è sempre suggestivo entrare nell’atelier di un artista, varcare la soglia di uno spazio così intimo, luogo di meditazione e di creazione, per poter immortalare i dettagli che raccontano di un mestiere affascinante. Così è stato anche per il ticinese Davide Stallone, penetrato nella fucina di Nag Arnoldi per restituire attraverso i propri scatti il ritratto di un maestro che, fin dal loro primo incontro alla Fonderia Perseo di Mendrisio, lo ha conquistato grazie al suo animo schietto e alla sua autenticità.

Nelle istantanee nate dalla frequentazione dello studio di Comano, esposte in questi giorni nelle sale del Ristorante Atenaeo del Vino a Mendrisio, Stallone ha saputo cogliere con naturalezza le pose e le espressioni dell’artista, movenze strappate allo scorrere del tempo per delineare la sua fisionomia interiore. 

Ciascuna immagine in bianco e nero sembra racchiudere un’intera narrazione: vediamo Arnoldi toccare con gesto paterno una delle opere, quasi accarezzandola, o apprestarsi con mano esperta a plasmare un bozzetto o, ancora, rivolgere verso l’obiettivo del fotografo uno sguardo in cui la consapevolezza della propria arte si unisce a un inaspettato quanto spontaneo stupore. 

Dimora in questo sguardo l’uomo ricettivo e profondo che ha fatto del lavoro di artista uno strumento per irrompere nell’esperienza del mondo, incalzando ricordi, passioni ed emozioni. Riflessivo ma inquieto, silenzioso ma animato da una forte tensione che lo ha spinto a insinuarsi nell’intricata trama dell’esistenza lungo tutto il proprio cammino, Arnoldi ha esplorato le ragioni dell’essere a partire da sé stesso e dal suo vissuto quotidiano, in una tenace ricerca individuale volta a dare un senso alla tortuosa vicenda umana. 

Fin dagli esordi negli anni Cinquanta, il suo processo creativo ha sempre preso avvio dal pensiero, per poi acquistare concretezza attraverso una perizia esecutiva che col tempo ha trovato nella tecnica scultorea il mezzo privilegiato con cui manifestarsi.

Allo stesso modo Arnoldi ha sempre nutrito le considerazioni che hanno accompagnato la sua evoluzione artistica con richiami alle personalità a lui più affini, a cominciare da Picasso, maestro di libertà e sperimentazione, fino ad arrivare ad Alberto Giacometti, a cui è vicino nell’ineluttabile anelito a indagare le sorti dell’umanità. Intrise non meno della sensibilità espressionista, che sfocia nella turbolenta incisività dei volumi, e arricchite dal dialogo con la cultura figurativa sudamericana, a conferire loro immediatezza comunicativa, le sculture di Arnoldi portano con sé una vitalità interiore che nasce dal potente contrasto tra le superfici levigate che contengono le forme e la materia accidentata che le infrange. 

Il dissidio tra armonia e irrequietezza, tra dominio e irruenza abita ogni lavoro dell’artista: i suoi bronzi vivono di lucentezze e di ritmi eleganti sconvolti da torsioni sfrenate, da profili taglienti e da accentuate contrapposizioni chiaroscurali.

L’universo figurale di Arnoldi è costituito da pochi soggetti che si ripresentano di continuo, testimonianza del bisogno dell’artista di un costante approfondimento delle tematiche che meglio riescono a tradurre la sua visione del mondo. Gli imperturbabili guerrieri dai corpi tormentati e dai volti celati dalle armature si accostano al ricco campionario di animali dal grande dinamismo e dalle pose ardite, i possenti minotauri dalla primigenia forza selvaggia si affiancano alle opere sacre dall’intensa drammaticità, in uno spazio in cui storia e memoria, etica e passione si fondono per dare forma alla complessità esistenziale.

Se ancora oggi, a quasi novant’anni, Nag Arnoldi prosegue l’intimo colloquio con sé stesso per sondare con la sua scultura la sostanza del visibile è per il suo saper immergersi come uomo, prima ancora che come artista, nelle discrepanze della vita, nelle fenditure dell’esperienza umana dove l’equilibrio è corroso dall’impulso, e dove la tensione emozionale sa farsi carico del sussultare incessante dell’anima.