La commedia, divina invenzione

Un genere apparentemente leggero e popolare, che possiede però una propria forza comunicativa
/ 13.02.2017
di Nicola Falcinella

La commedia è da sempre uno dei generi principi del cinema italiano. Facendo ridere e usando la risata come strumento di critica sociale o politica, registi come Mario Monicelli, Dino Risi e altri hanno saputo trattare e leggere momenti drammatici della storia o affrontare temi delicati dell’attualità. 

Nell’ultimo decennio la commedia ha vissuto una stagione di grande diffusione e incassi al botteghino, ma anche di trasformazione. Il successo di pubblico ha portato una ripetizione di temi, interpreti e schemi che ha inaridito la vena. Ora il genere continua a richiamare spettatori, pur non dominando più, nemmeno nel periodo natalizio: si limita infatti a proporre sì molti titoli ogni anno, ma questi sono spesso modesti. Se i nomi più consolidati perdono verve, si affacciano nuovi registi che promettono di percorrere strade meno battute. 

Il «cinepanettone», termine orrendo per definire i film natalizi, ibrido di commedia, comicità e farsa, è cambiato: la separazione della coppia Boldi-De Sica ha portato all’esaurimento della formula. Massimo Boldi propone ogni novembre il suo film per uno zoccolo duro di pubblico, Christian De Sica ha fatto incursioni in film più autoriali (Fräulein) continuando i film per le feste. Bandita la ricetta originaria, il cinepanettone, inteso come film natalizio di bassa qualità e dubbia comicità, è però proliferato, lo scorso anno ne abbiamo visti ben quattro, oltre al prenatalizio Boldi: Natale a Londra: Dio salvi la regina di Volfango De Biasi con Lillo e Greg, Non c’è più religione di Luca Miniero con Bisio, Angela Finocchiaro e Gassman, Fuga da Reuma Park con i collaudati (e forse declinanti) Aldo, Giovanni e Giacomo e il fiacchissimo Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi. De Biasi, suoi anche Un Natale stupefacente e Natale con il boss, sta diventando specialista del filone, il nuovo Neri Parenti. Miniero, che ha realizzato Benvenuti al sud, Benvenuti al nord e La scuola più bella del mondo, lavora sugli stereotipi regionali in bilico tra soluzioni intelligenti ed esigenze di cassetta. Il suo vecchio compagno di lavoro Paolo Genovese (insieme si rivelarono con Incantesimo napoletano) dopo Immaturi e Tutta colpa di Freud ha fatto il botto a livello internazionale con Perfetti sconosciuti.

Anche la commedia hollywoodiana è marginale nei gusti del pubblico italofono: nessuna è stata tra i 50 più visti del 2015/2016. Meno intenso il passaggio di comici e personaggi della tv al cinema, si assiste spesso a rifacimenti di film francesi (lo stesso Benvenuti al sud, Il nome del figlio o Un paese quasi perfetto). Se Brizzi (Notte prima degli esami) sembra in calo, salgono le quotazioni di Enrico Lando con I soliti idioti, grazie alla coppia Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli, e al recente Quel bravo ragazzo.

Tra commedia e comico puro si muove, diretto da Gennaro Nunziante, Checco Zalone, attualmente il fuoriclasse della risata all’italiana, nonché primatista di incassi con il buon Quo vado. Tra gli emergenti c’è Maccio Capatonda reduce da Italiano medio con la sua spalla Herbert Ballerina. I personaggi da commedia sono parecchi, da Alessandro Siani, che ha sempre successo anche se la spinta ascendente forse si è arrestata, a Enrico Brignano, da Vincenzo Salemme (meglio quando diretto da altri) a Ficarra e Picone o Rocco Papaleo. Resta immarcescibile Carlo Verdone, mentre Roberto Benigni è da tempo lontano dallo schermo e Leonardo Pieraccioni è sulla scena senza la verve dei primi lavori.

Tra i registi, Paolo Virzì ha portato avanti la tradizione della commedia all’italiana negli ultimi decenni insieme alle incursioni di Daniele Luchetti (La scuola) o Silvio Soldini (Pane e tulipani), stanno tra autorialità e commedia commerciale Giovanni Veronesi e Luca Lucini, mentre caso a parte sono Enrico e Carlo Vanzina. Un gruppetto di giovani prova a mettere in pratica la lezione del compianto Carlo Mazzacurati, trattare temi seri o sociali con il sorriso: Matteo Oleotto di Zoran il mio nipote scemo, Roan Johnson (anche cosceneggiatore di Fuori mira di Erik Bernasconi) in concorso alla Mostra di Venezia con Piuma dopo Fino a qui tutto bene e Duccio Chiarini di Short Skin. Da tenere d’occhio pure Sydney Sibilia, del quale è atteso il seguito di Smetto quando voglio, e Ciro de Caro, segnalatosi per Spaghetti Story.