La collaudata liturgia del FIT

Il Festival Internazionale del Teatro (FIT) anche quest’anno non ha disatteso i suoi numerosi seguaci; al LAC di Lugano invece va in scena «Donka. Una lettera a Checov»
/ 08.10.2018
di Giorgio Thoeni

Va da sé che è impossibile render conto di ogni spettacolo. Andiamo infatti in pagina con un parziale rendiconto di quanto abbiamo potuto vedere e apprezzare. Ma ci basta per affermare che anche questa edizione del Festival Internazionale del Teatro (FIT), grazie alla qualità delle sue proposte, si è spesso meritata il tutto esaurito sugli appuntamenti che ha proposto in cartellone nelle varie sale del circuito luganese dedicato alla rassegna. Dobbiamo però fare delle scelte su quanto visto nella seconda tranche iniziando con Cappuccetto Rosso al Teatro Foce nella messa in scena della compagnia pugliese La luna nel letto diretta da Michelangelo Campanale, progetto nato per l’Associazione Tra il dire e il fare di Ruvo di Puglia (Bari).

Campanale, nel curare la drammaturgia, ha scelto una linea originale, evitando l’incedere tradizionale di una fiaba che non ha più bisogno di essere raccontata. Egli esplora l’effetto sorpresa sui personaggi grazie a un’iconografia colorata con costumi e luci per danzatori-acrobati eccellenti (Claudia Cavalli, Erica Di Carlo, Francesco Lacatena, Marco Curci e Roberto Vitelli) accanto a suggestive invenzioni coreografiche (Vito Cassano) ed effetti con videoproiezioni (Leandro Summo). Uno spettacolo inserito nella sezione «Young and Kids», ma destinato a tutti, e che in sala si è rivelato essere una continua fonte di sorprese per l’empatia efficace, la capacità di saper giocare con semplicità con le immagini, la bravura interpretativa e un pizzico di magia teatrale. Quello dei bambini (e ce n’erano) è il pubblico più difficile, ma questo Cappuccetto Rosso ha subito conquistato la loro fiducia. 

Fra le altre occasioni degne di nota certamente va segnalato un ulteriore  appuntamento con la danza contemporanea visto dalla tribuna allestita sul palco ridotto del LAC con This Is My Last Dance, duetto ispirato a Finale di partita di Samuel Beckett di e con Tabea Martin e Simona Bertozzi, un progetto fra l’altro sostenuto dal Percento culturale di Migros Ticino. L’incontro fra la danzatrice e coreografa svizzera con la performer italiana può definirsi un progetto esistenziale.

Sulla pedana del nudo palcoscenico, i movimenti delle due artiste si snodano a turno, si uniscono, si raccontano, si riannodano, si rincorrono, si toccano, si lasciano, parlano… nella continua constatazione allusiva di una fine imminente. Non conta l’età o la capacità di resistere alla fatica di sostenere una danza esigente, a tratti ossessiva, con puntate ironiche e clownesche. I due personaggi vivono la consapevolezza della fine di una parabola nell’agitato silenzio di corpi espressivi, nell’assordante ritmo esplosivo di un’apoteosi senza sentimento: bravissime.

Il terzo e ultimo spettacolo di cui vogliamo brevemente parlare è quello che probabilmente tutti attendevano, quasi come una collaudata liturgia del FIT con il ritorno di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini. Quasi niente è il loro nuovo spettacolo, realizzato con la collaborazione di Francesco Alberici: la conferma di uno fra i più originali e innovativi filoni creativi della scena italiana. Lo spettacolo è una sorta di dialogo con il film Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni. Nonostante il titolo, questo lavoro è molto di più di Quasi niente. Si srotola da una riflessione sulle parole svelando le età di tre donne e due uomini.

Cinque personaggi in scena, ma che in realtà diventano due entità protagoniste confrontate con il tempo, gli oggetti, i ricordi del quotidiano teatralizzato per assecondare la commedia della vita, e in cui le scene del film fanno da bordone al personaggio di Giuliana, la protagonista del romanzo di Buzzati (nel film Monica Vitti) che sulla scena assume tre sembianze; la timida trentenne (la brava e soave Francesca Cuttica), la caustica quarantenne (la superpremiata bravura di Monica Piseddu) e la «quasi» sessantenne (l’eccellente rassegnazione di Daria Deflorian), mentre gli uomini (Antonio Tagliarini e l’attore performer Benno Steinegger) raccontano due diversità, un fragile, specchio dell’essere maschile, a confronto con la disperata forza dell’entità femminile. Quasi niente si illumina di efficacia drammaturgica, in tono minore l’allestimento. Ma stiamo comunque parlando di eccellenza.

Sul palco del LAC ritorna Cechov
C’è maretta fra la direzione artistica del LAC (Rifici e Gagnon) e la Compagnia di Daniele Finzi Pasca. La storia la conosciamo. Dopo essere stata covata per mesi si è trasformata in un contenzioso dai toni aspri da cui è lecito attendersi qualche sorpresa. Nel frattempo the show must go on perché sul grande palco del LAC va in scena Donka. Una lettera a Cechov, spettacolo che ha debuttato nel gennaio del 2010 al Théâtre de Vidy di Losanna e che, dopo un restyling, approda finalmente a Lugano per otto sere, dal 9 al 16 ottobre.