Bibliografia

Sergej Roić, Vorrei che tu fossi qui. Wish You Were Here, Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2017.


La canzone perfetta

Il romanzo-mondo di Sergej Roić: dalle canzoni dei Pink Floyd alla nascita dell’umanità, un testo lungo e denso che chiede l’impossibile al lettore
/ 23.07.2018
di Stefano Vassere

«Il mondo non ha parole. È una distesa di conifere (ad alcune piante di alto fusto sarà dato questo nome), di cime anelanti luce e nel sottobosco di pigne. Senza parole, in attesa dell’osservatore che lo descriverà, il mondo cresce attorno, sopra, sotto, dentro di sé».

La versione originale di Wish You Were Here dei Pink Floyd, quella sul disco in studio che porta lo stesso nome, ha un inizio faticoso: si sentono sullo sfondo rumori, fischi e colpi di tosse e il suono è come precario, generato da amplificazioni e sintonizzazioni fuori fase; poi, piano piano, il brano prende quota e voci e impasti di strumenti sembrano come pacificati. Certo è che nella storia del rock questa canzone suona un po’ come una specie di canone ideale e supremo, un canto naturale, alla portata di tutti: la canzone perfetta, insomma.

Deve avere pensato qualcosa del genere, Sergej Roić, nello scrivere quest’ultimo e impegnativissimo romanzo che porta lo stesso titolo della canzone; anzi lo ha pensato per forza, visto che la melodia primordiale percorre tutta la vicenda e anzi ne sostanzia la continuità, accompagnando l’evoluzione dell’uomo come un archetipo culturale per millenni e saltando fuori grazie alla mente malata e quindi quasi «eletta» di un musicista maledetto come Syd Barrett. È questo libro, semplificando, una storia dell’umanità e di alcune sue tappe fondanti. Il salto temporale (macro-temporale, si potrebbe dire) è una delle possibili prospettive per abbordare questa storia che, va detto subito, potrebbe risultare illeggibile se il lettore non fosse pesantemente chiamato a tracciarne possibili strade di accesso e di interpretazione.

Il semplice elenco degli spunti del romanzo di Roić consumerebbe da solo le battute di questo stesso testo, ragione per cui converrà eleggerne qualcuno. Nella sezione «Uno», ad esempio, tre trame contenutistiche parallele sono come intrecciate: ognuna di esse è lasciata sospesa per far spazio alle altre due e poi ritrovare il proprio filo a turni di tre a tre, come certo procedere narrativo che hanno per esempio in tutt’altro ambito alcuni romanzi gialli moderni. Così, a questo lettore è piaciuto molto il filone intitolato «Il principio antropico», dove si narra, certo con scarti e divagazioni, della nascita dell’umanità e, tra il molto altro, del linguaggio naturale. Una specie di genesi biblica: dal mondo senza parole delle origini, alla facoltà fisica di articolare suoni linguisticamente rilevanti, alla conseguente capacità di astrazione, alla parola così come la conosciamo.

Un certo continuo alternare presente e passato remotissimo ha ovviamente ampia cittadinanza nella letteratura e nelle letterature; torna però alla mente un’opera di finzione che si potrebbe pensare quasi sorella di questo romanzo: 2001. Odissea nello spazio di Stanley Kubrick (1968, qui citato un po’ distrattamente a pagina 81), con la scena iniziale del combattimento degli ominidi a prima vista così incongrua rispetto all’ambientazione nello spazio del resto del film. Correvano a quei tempi interpretazioni affascinanti sull’origine del linguaggio, legato da taluna antropologia alla conquistata capacità di ricorrere, per la sopravvivenza, a elementari utensili e non è casuale che, nella memorabile scena, a imporsi nella guerra sia proprio quello che comincia a menare bastonate in giro a destra e sinistra usando un femore come arma.

Ecco, a stagioni e contenuti come questi, viene da associare il romanzo-universo di Sergej Roić. Dai primi tentativi di delimitare il mondo con le parole, al basket croato degli anni Settanta, ai laghetti alpini, al nazionalismo, ai Pink Floyd; al lettore è richiesto uno sforzo che potrebbe sembrare insostenibile e qua e là si ha l’impressione di non farcela. La pazienza, alla fine, premierà i pazienti e gli audaci.