Korn, il nulla più splendido

The Nothing è un album tormentato ma dalle soluzioni eccellenti
/ 20.01.2020
di Alessandro Panelli

I Korn pubblicano il loro tredicesimo album in studio, The Nothing, uscito il 13 settembre 2019 dalla Elektra Records e dalla Roadrunner Records e composto da 13 tracce dalla durata totale di 44 minuti.

Il concept dell’album è un viaggio oscuro all’interno dei propri tormenti, delle presenze negative e dannose che emergono dal proprio essere. L’ispirazione che ha portato Jonathan Davis (leader, scrittore, cantante) e gli altri componenti della band a parlare di una sofferenza cupa, di lotte con il proprio io più profondo e di pentimenti di fronte alle scelte compiute nel corso della vita, scaturisce dal dolore per la recente morte della moglie di Jonathan Davis, Deven Davis, scomparsa nell’agosto 2018 per un overdose causata da un mix di droghe.

Durante tutte le 13 tracce i Korn trasmettono una sensazione cupa e dannata esplicitata da una scrittura incisiva, diretta, che scava nell’animo umano in modo distinto, canzone dopo canzone. A fare da base ai testi oscuri un’eccellente composizione musicale, che varia tra riff di chitarra ottusi, semplici e d’impatto, a linee di basso profonde e perfettamente riempitive, a una batteria tridimensionale, efficace e in grado di creare un muro di suono devastante. Il tutto all’interno di una struttura poco ricercata ma che rispecchia perfettamente i canoni del nu metal classico, in grado di creare breakdown pesanti, distruttivi e ritornelli melodici ma allo stesso tempo gravi che non si sentivano ormai da qualche album.

L’aspetto meglio riuscito di The Nothing è il ritorno alla ricerca di sonorità profonde, graffiate e sporche, caratteristica presente in parte anche nel loro ultimo lavoro uscito nel 2016, The Serenity of Suffering, ma con meno incisione e personalità. La voce di Jonathan torna anch’essa agli esordi dei primi album con una varietà tra il melodico e il growl, mai banale, con un timbro vocale disperato e composizioni di un coinvolgimento totale.

Oltre al devastante tormento che domina in quasi tutte le tracce dell’album, troviamo anche sonorità più allegre, nonostante i testi delle canzoni rispecchino comunque i drammi di una persona martoriata dalle scelte che è stata costretta a compiere. In tracce come H@rd3r ci troviamo di fronte a una strofa dettata da un riff di chitarra piuttosto acuto e giocoso, mentre in pezzi come Can You Hear Me e Gravity of Discomfort domina un senso di sfogo e libertà, con ritornelli che trasmettono una sensazione di ampiezza e immensità che per un momento fa sperare che Jonathan sia riuscito a sconfiggere i propri demoni. Ma purtroppo, nell’interlude finale, lo stesso cantante esplicita il suo fallimento arrendendosi, e chiedendo aiuto a Dio, nella canzone Surrender to Failure.

Ogni traccia di questa nuova opera trova una propria identità, dalle differenziazioni delle strofe ai ritornelli catch ai breakdown sporchi e cattivi. Non c’è che dire, i Korn sono come il vino, col passare del tempo guadagnano in qualità.