Dove e quando
Katja Snozzi – Von Berzona nach Island. Frammenti di un progetto rimasto incompiuto. Loco, Museo Onsernonese. Fino al 28 ottobre 2018.


Katja Snozzi, Max Frisch e l’Islanda

A Loco è esposto il progetto artistico (purtroppo incompiuto) avviato dalla fotografa con il grande intellettuale svizzero
/ 15.10.2018
di Gian Franco Ragno

Dopo aver ripreso idealmente – in una lunga serie di ritratti – tutta la popolazione di un nuovo comune del Locarnese (Gente di Pedemonte), una rappresentanza di coloro che hanno superato il secolo di vita in Svizzera (Anime centenni, libro in seguito tradotto anche in un’esposizione al Museo Vela di Ligornetto con il titolo di La bambinaia di Rita Hayworth) Katja Snozzi propone, in questa nuova mostra, un’idea rimasta nei cassetti grazie alla quale dialogava con uno dei più celebri ospiti del Ticino, Max Frisch.

Snozzi e Frisch si conobbero durante una sessione fotografica nei primi anni Ottanta: lo scrittore svizzero e la giovane fotografa, accompagnata dal marito Alfredo, diventarono presto amici, sintonizzandosi su un progetto editoriale purtroppo rimasto inedito: si sarebbe trattato di un libro sull’Islanda in cui, nelle intenzioni iniziali, la fotografia e il testo avrebbero dovuto procedere paralleli, evocando entrambi atmosfere lontane, senza tuttavia interferire l’uno nel lavoro dell’altra, senza volontà didascalica o illustrativa della scrittura rispetto al linguaggio visivo.

Il progetto, a lungo rimasto a uno stadio di bozza su carta, fatta di appunti e di corrispondenza in corso d’opera, è oggi esposto a Loco, ed è diventato insieme esposizione e catalogo, dal titolo, appunto, Von Berzona nach Island – come recitava una dedica di Frisch a Katja Snozzi. E il volume su cui venne posta è proprio L’uomo nell’Olocene del 1979 che, come è noto, prende spunto dal soggiorno obbligato e forzato dello scrittore in Val Onsernone nei giorni della grande alluvione del 1978.

Nelle pagine del racconto, in cui si traspone l’esperienza di quei giorni, troviamo il pensionato basilese Geiser che cerca in tutti i modi di frenare la perdita della memoria – e quindi dell’identità, come sentenzia nelle primissime battute il protagonista preoccupato: «senza memoria non si sa niente» – con la ripresa di una serie di informazioni enciclopediche e nozionistiche tra cui, appunto, un riferimento alla lontana isola.

Ma più in generale, oltre lo spunto per il racconto, va detto che il rapporto tra Frisch e Berzona, nato con l’acquisto di una casa di vacanza nel 1964, è assai ricco e complesso, e non può essere certo esaurito in poche righe. Tra una pianta di azalee e un vecchio viale delle bocce Frisch visse e lavorò, invitando ospiti vicini (come Alfred Andersch e Golo Mann) e lontani, a cui lasciava fruire l’abitazione. Una cosa è certa però: Berzona non fu un «buen retiro», un luogo dove riposarsi al termine di una vita lavorativa. In quegli anni Frisch era ancora in piena attività, nomade tra i cuori pulsanti del mondo (Berlino, New York, Roma e Zurigo le sue tappe abituali) e protagonista del vivace dibattito culturale. In questo contesto, quindi, l’angolo del Ticino prescelto conquista una funzione privilegiata, nonostante qualche scomodità: toglie alla quotidianità il rumore – fisico e metaforico – della città, imponendo un ritorno all’essenzialità necessaria delle cose, alla sobrietà della pagina bianca.

L’allestimento dell’esposizione curata da Riccardo Carazzetti e dalla stessa fotografa nel piccolo museo di Loco cerca di evocare proprio la condizione del progetto comune rimasto incompiuto, l’impressione di qualcosa di lasciato «in sospeso» e non ancora giunto a termine: da una parte, sulla parete, le fotografie – allora scattate in pellicola – della natura scabra ed essenziale, i ghiacci del paese ai margini della zone abitate (un contesto ideale per evocare le riflessioni contenute nel libro di Frisch), e dall’altra parte le parole dello scrittore stampate su tende trasparenti che si sovrappongono alle immagini nella visione d’insieme: le ventotto citazioni che, a quello stadio del progetto, erano state scelte dallo scrittore per il libro.

Seppur non concluso, l’insieme, ad oggi, non manca di suggestione, rimandando a una condizione universale di incompiutezza, comune a tutti, di una parte delle nostre aspirazioni: esso gioca su un duplice confronto tra uomo e natura, il primo in Val Onsernone, il secondo nell’isola nordica.