Phoebe Waller-Bridge è diventata celebre con Fleabag


James Bond e le donne vere

Bond 25 sarà l’ultimo episodio della serie, fra gli sceneggiatori anche la brava Phoebe Waller-Bridge
/ 10.06.2019
di Mariarosa Mancuso

Si chiama Bond, James Bond, e nel prossimo film avrà a che fare con donne vere. Questa è la notizia, da prendersi alla lettera. James Bond non cambierà il suo atteggiamento prensile e seducente verso le donne – è nella sua natura, avrebbe guastato il personaggio tratto (con molte libertà) dai romanzi di Ian Fleming.

Saranno le donne a cambiare, dopo che nel team di sceneggiatori di Bond 25 è entrata Phoebe Waller-Bridge, meglio conosciuta dai suoi ammiratori come Fleabag, il titolo della serie (su Amazon Prime) che l’ha lanciata. Dall’Inghilterra ha conquistato Hollywood, oltre alla copertina dell’ultimo numero di «Deadline» dedicato alla comicità, con la scritta «Wonder Woman». E dire che solo qualche anno fa un provocatore come Christopher Hitchens – lo stesso che aveva attaccato Madre Teresa di Calcutta nel pamphlet «La posizione della missionaria» – sosteneva che la comicità femminile non esiste.

Molti sono gli sceneggiatori che si sono avvicendati al capezzale di Bond 25, quinto e ultimo con l’attore Daniel Craig (nessuno lo voleva, all’inizio, secondo i fanatici l’attore era troppo brutto per il ruolo). I titolari Neal Purvis e Robert Wade, John Hodge (aveva scritto il vecchio Trainspotting, e pure il seguito un paio d’anni fa, quando si pensava che il regista sarebbe stato Danny Boyle). L’ex membro di Scientology Paul Haggis (premio Oscar per Million Dollar Baby di Clint Eastwood e per Crash, che aveva anche diretto). Molti anche gli incidenti, Craig si è ferito e negli studi di Pinewood è scoppiato un incendio.

Phoebe Waller-Bridge è stata arruolata da Daniel Craig, con la complicità del regista Cary Joji Fukunaga, il californiano con padre giapponese che aveva diretto la prima stagione di True Detective (dove non si ricordano personaggi femminili di spicco). Si è riscattato con Jane Eyre, un bellissimo adattamento del romanzo di Charlotte Brontë, con Mia Wasikowska e Michael Fassbender. Sua anche la bizzarra serie Maniac, e il primo film – resta uno dei migliori – prodotto da Netflix, Beasts of No Nation (quando ancora la piattaforma streaming non era esplosa in tutta la sua potenza, scontrandosi con il festival di Cannes).

«La sceneggiatura già esisteva, mi occuperò solo dei dialoghi» spiega Phoebe Waller-Bridge, riportando d’attualità un mestiere che usava negli anni d’oro di Hollywood. Non sempre gli sceneggiatori erano brillanti nel botta e risposta, c’erano specialisti pronti a dare una mano. Materiale ce ne sarà, visto e considerato che nel nuovo film (atteso per l’aprile 2020) l’agente segreto con licenza di uccidere fa il ricco pensionato in Giamaica, e ha una relazione con la dottoressa Madeleine Swann (la Bondgirl Léa Seydoux, si erano conosciuti in una clinica sulle alpi austriache, il film era Spectre). Cose da dirsi ne avranno, prima che James Bond torni in servizio, richiamato per un’emergenza.

La dialoghista aggiunta viene dalla televisione (e anche questo è un segno dei tempi, il piccolo schermo una volta era il rifugio degli attori senza un futuro nel cinema). E alla televisione è arrivata facendo teatro. Dettaglio ancora più interessante: i professionisti vanno a caccia e sanno riconoscere i talenti, se da anni il vostro spettacolo non ha pubblico, forse è colpa vostra, non siete abbastanza bravi.

Fleabag – sta per «sacco di pulci» – è il titolo del monologo con cui Phoebe Waller-Bridge ha vinto nel 2013 il Fringe di Edimburgo, la sezione del festival teatrale dove chiunque può portare il suo spettacolo. BBC Three ha ordinato una prima serie di 12 episodi (in accordo con gli Amazon Studios). La seconda è disponibile da metà maggio, purtroppo con sei episodi soltanto.

«Sono avida, egoista, cinica, apatica, moralmente fallita, non merito di essere chiamata femminista» confessa la protagonista della serie, che non ha nome. «Sacco di pulci» basta e avanza. Il padre cerca di convincerla a frequentare riunioni di «empowerment» per signore, ma lei alza subito la mano quando chiedono «rinunceresti a cinque anni di vita per un corpo perfetto?». Certo che sì, al «belle dentro», non ha mai creduto nessuno. Però bisogna fingere. La nostra pulciosa trentenne non ha nessuna intenzione di farlo, né su questo argomento, né su altri come il sesso («non è che sono ossessionata, solo ci penso sempre») o l’amicizia (la sua migliore amica nonché socia si è suicidata).

Non ha neanche l’intenzione di rinunciare al magnifico rossetto rosso che sfoggia in ogni situazione, anche le più deprimenti.