Una mostra che apre una finestra su un mondo forse non molto conosciuto: quello delle riviste di moda femminile. Siamo nei primi decenni del ’900 e per lo più nell’editoria francese, ma anche in quella di altri paesi come l’Italia, fioriscono pubblicazioni che si rivolgono soprattutto alle donne dei ceti superiori, talvolta con uno sguardo scanzonato al mondo che le circonda, in una società che vive il tragico momento a cavallo tra le due guerre. Moda, villeggiatura, arte, cucina, buone maniere... fors’anche come evasione per non vedere quello che stava succedendo in Europa.
La grande moda che detta legge nel mondo è da sempre quella francese con i nomi illustri che a partire da quel periodo si affermeranno fino a diventare marchi internazionali ancora presenti ai nostri giorni; e le riviste di moda, presto passate al colore, ne sono la cassa di risonanza: «La Gazette du bon ton», «Modes et Frivolités», «Journal des modes», «Vogue» in Francia, mentre per l’Italia le cronache ricordano «Lidel» – con contributi tra gli altri di Grazia Deledda e Luigi Pirandello – e negli anni seguenti «Grazia» e «Annabella», tanto per citare due nomi noti anche da noi. In Ticino si potrebbe ricordare l’«Illustrazione ticinese» fondata agli inizi degli anni 30, seppure con intenti redazionali più ampi e interessi più generali.
Una grande storia di costume quella appena accennata, che concerne la società nel suo complesso, essendo il capitolo della presenza femminile una parte di un insieme articolato con agganci all’economia, all’educazione, al costume; temi che studiosi di antropologia culturale e sociologia hanno approfondito con studi e pubblicazioni, compito che esula da queste brevi note.
Torniamo alla mostra ginevrina aperta alla Fondation Baur, che vuole mettere in scena l’influsso delle mode cinesi e giapponesi nella sartoria di élite francese, dando spazio a una ricca collezione di tessuti artistici di sua proprietà, così come a una raccolta di preziosi kimono donati da privati in questi ultimi anni; messi accanto ai disegni originali di modelli di haute couture parigina con i quali dialogano idealmente. Vari tipi di tessuto, forme, colori, soggetti esotici irrompono nella moda europea durante i primi decenni del secolo scorso, così come influenzano le arti dell’epoca, il gusto dei grandi collezionisti occidentali e quello dei musei.
Le curatrici della mostra ricordano in particolare il caso del citato kimono che con il suo taglio ampio, l’armonia delle linee, la scelta dei soggetti e il fascino degli accessori, conquista i grandi couturiers che intravedono oltre l’abito la figura di una donna libera da costrizioni, per esempio dal vecchio corsetto; una liberazione anche simbolica che affianca le lotte femminili per i diritti civili, politici e di comportamento sociale.