Tommaso Donati è un trentenne artista luganese diplomatosi all’EICAR (Ecole internationale de création audiovisuelle et de réalisation) di Parigi. Il suo lavoro si divide tra la fotografia, il cinema documentario e quello sperimentale. Alcuni suoi cortometraggi sono stati presentati in numerosi Festival internazionali, tra cui quello di Locarno. È proprio sulle rive del Verbano che è nato il suo interesse per le immagini; la magia di Piazza Grande – confessa – lo ha affascinato, permettendogli inoltre di scoprire quell’altro cinema cui ci ha abituato la rassegna locarnese.
La sua formazione di regista appare evidente nella mostra che gli sta dedicando Casa Pessina di Ligornetto, schietta e diretta sin dal titolo, Teresa. Le sue immagini sembrano infatti fotogrammi di un film ancora da girare. Protagonista assoluta la Signora Teresa, portinaia del cosiddetto Grattacielo di Pregassona, costruito nel 1962 in quella che allora era ancora la campagna luganese. Donati entra nel suo universo con estrema discrezione, tenendo altresì ben presente il monito di Charlie Chaplin, uno che di immagini ne sapeva qualcosa: «Bisogna sempre sfrondare»! La sua è una fotografia diremmo essenziale, che stimola lo spettatore a cercare un racconto al di là dell’inquadratura. E allora poco importa sapere che succede in quell’immenso edificio (16 piani, 75 appartamenti: quasi un intero quartiere dentro un solo edificio), poiché il ritratto che Donati ci propone di Teresa diventa paradigma di tante altre esistenze, forse umili ma certo ricche di emozioni, sentimenti, disincanti, nostalgie, momenti particolari di un quotidiano apparentemente uguale e monotono.
Una sedia dimenticata in un angolo, le foto di famiglia appese alla pareti, il telefonino con l’immagine-ricordo di un matrimonio che forse Teresa ri-guarda accarezzandosi teneramente la fede che porta al dito e ripensando al destino. Un destino che dalla Calabria l’ha portata a Pregassona, in quello che da vanto architettonico della città (sebbene, all’epoca, non mancarono certo le voci che gridavano alla scandalo, lamentando una skyline rovinata per sempre...), subendo non solo le ingiurie del tempo, oggi torna al centro della cronaca (quasi) solamente per le retate antidroga periodicamente compiute dalla polizia. Donati non cerca «la bella inquadratura» e come detto concede pochissimo al dettaglio. Il fotografo, scrive Margherita Cascio nel volumetto che accompagna l’esposizione, «compie una sorta di viaggio che va dalla dimensione più ampia del quartiere, del palazzo, per arrivare a quella più intima del corpo e di come il corpo abita uno spazio, in un percorso che attraversa frontiere non sempre visibili».
Splendido infine il primo piano di Teresa, con una luce caravaggesca (i personaggi di contorno della «Cena di Emmaus» in particolare) che dà fascino e mistero al ritratto.