Dove e quando
Barry X Ball. The End of History, Villa e Collezione Panza, Varese. Fino al 9 dicembre 2018. Orari: tutti i giorni, tranne i lunedì non festivi, dalle 10.00 alle 18.00

Barry X Ball, Flayed Herm
Barry X Ball, Dual Jeanne

Il volto tecnologico del passato

Villa Panza a Varese ospita una retrospettiva dello scultore Barry X Ball
/ 19.11.2018
di Alessia Brughera

Sono stati i primi anni Ottanta ad assistere alla nascita del rapporto di stima e di amicizia tra il collezionista Giuseppe Panza di Biumo, scomparso nel 2010, e l’artista statunitense Barry X Ball. Il lungimirante conte, che già dalla metà degli anni Cinquanta raccoglieva i lavori delle più interessanti correnti internazionali, aveva ritrovato nelle creazioni dello scultore nato a Pasadena una visione dell’arte affine alla sua, legata all’esplorazione delle potenzialità di una luce trattata nella sua purezza e alla ricerca di una forte connessione con lo spazio. A quei tempi Ball realizzava opere minimaliste in cui all’oro profuso sullo sfondo delle superfici veniva affidato il compito di generare raffinati giochi luminosi. Panza aveva subito acquistato molti di quei primi esiti artistici così carichi di energia e di spiritualità e aveva sostenuto l’artista invitandolo spesso a lavorare nella sua dimora varesina immersa nel silenzio. Le strade dei due si sono poi allontanate quando, nella seconda metà degli anni Novanta, nel percorso di Ball avviene un repentino mutamento di rotta che  porta l’artista ad abbandonare l’astrazione a favore di un linguaggio figurativo; una svolta, questa, che se a livello formale appare molto evidente, sul piano concettuale mantiene i medesimi principi su cui poggiava la produzione iniziale.

Oggi la prima retrospettiva completa dell’opera di Barry X Ball organizzata negli spazi di Villa Panza ricongiunge il lavoro dello scultore, classe 1955, a colui che è stato uno dei suoi primi estimatori e di cui ancora oggi l’artista conserva un prezioso e vivido ricordo. Nella mostra, allestita secondo un criterio che non segue la successione cronologica ma che punta a evidenziare la coerenza dell’indagine, troviamo oltre cinquanta opere, dagli esordi minimali che tanto hanno affascinato il conte Panza agli esiti più recenti, a creare un percorso in cui il richiamo ai secoli trascorsi muove dall’idea di una storia dell’arte che travalica le coordinate temporali in nome di una bellezza universale eterna.

Proprio la relazione tra antico e contemporaneo è uno dei cardini attorno a cui ruota la ricerca di Ball: «Voglio che il mio lavoro sia imbevuto dell’intensità che caratterizzava l’arte del passato e che, nel presente, fatico a ritrovare. La mia opera ha sempre dichiarato il proprio omaggio a precedenti storici europei (in particolar modo italiani) con cui sto interagendo in maniera ancora più intima nelle mie nuove sculture» sottolinea l’artista.

Per Ball, nato nella modernissima California, la vecchia Europa con la sua cultura millenaria ha un fascino irresistibile. Del 1984 è il primo viaggio dell’artista alla scoperta dei capolavori di Giotto, di Leonardo, di Michelangelo e di tanti altri grandi maestri, che lo spingono a conoscere e sperimentare con entusiasmo le tecniche medievali e rinascimentali. Il confronto con il passato deve però per Ball condurre a qualcosa di inedito, di altamente innovativo. E non può che essere altrimenti per un artista cresciuto nella fede nel progresso. Ecco che, nelle sue sculture, il volgere lo sguardo indietro nel tempo non viene inteso come semplice imitazione ma come reinterpretazione in chiave tecnologica del passato, in una commistione di tradizione e innovazione. 

Le sue repliche di opere antiche e moderne passano difatti attraverso l’uso di apparati e sistemi avanzati, quali scanner 3D, macchine digitali ad alta risoluzione e robot a controllo numerico, per trovare poi solida forma nel marmo, nell’alabastro, nel lapislazzuli o nei metalli pregiati. La progettazione virtuale e la modellazione al computer delle sculture si accompagnano in Ball alla cura manuale delle finiture, come a rimarcare che dopo l’uso, anche preponderante, della tecnologia, è sempre e comunque l’impronta umana ad attribuire all’opera la sua unicità. Ed è proprio questo paziente e meticoloso intervento sulla materia a scongiurare il pericolo che le creazioni di Ball divengano semplici esercizi di stile frutto di una cieca fiducia nel mezzo tecnologico.

Il percorso della mostra varesina raccoglie molti dei lavori più rappresentativi dell’artista, come il doppio ritratto sospeso dello scultore americano Matthew Barney e di Ball stesso, un’opera realizzata in onice messicano rosso e bianco in cui i volti dall’espressività esasperata dei due personaggi vengono trafitti da un giavellotto dorato. Interessanti sono anche i ritratti in pietra dell’artista Lucas Michael e della gallerista newyorchese Jeanne Greenberg Rohatyn in cui Ball insegue un’incisività maggiore tramite la deformazione dei lineamenti. 

Emblematiche della capacità di Ball di reinterpretare il passato secondo un nuovo linguaggio sono le sculture appartenenti alla serie dei Masterpieces: in Sleeping Hermaphrodite, del 2008-10, l’artista rivisita l’Hermaphrodite endormi conservato al Musée du Louvre restituendone un’immagine dalla sensualità accentuata grazie all’uso del marmo nero del Belgio, la cui superficie viene trattata in molteplici modi; Envy e Purity, poi, ispirate rispettivamente a L’invidia dello scultore fiammingo Giusto Le Court e a La Dama Velata di Antonio Corradini, sono opere che irretiscono lo spettatore, l’una per l’inquietante irruenza che la caratterizza, l’altra, in perfetta antitesi, per il delicato magnetismo che emana.

Sempre alla ricerca di un costante dialogo tra storia e contemporaneità, Ball si appropria della tradizione per superarla attraverso la sperimentazione tecnologica, conducendola così verso nuove dimensioni creative.