Coi suoi 35 anni è stato il più giovane direttore nella storia del più importante Capodanno musicale al mondo, quello di Vienna; e non in un’edizione qualunque, ma nel 150esimo anniversario del più famoso valzer degli Strauss, il Bel Danubio blu, gran finale del concerto assieme alla Marcia di Radetzky. Ma ieri, in mondovisione, Gustavo Dudamel non ha portato sul podio solo i suoi riccioli corvini, il suo contagioso sorriso sudamericano o il talento che l’ha fatto debuttare coi Wiener Philhamoniker nell’ormai lontano 2007; il musicista di Barquisimeto, la «ciudad crepuscolar» nota per la bellezza dei suoi tramonti, ha portato nella sala d’oro del Musikverein e in milioni di case la storia sua e de El Sistema venezuelano di cui è ambasciatore mondiale.
«Centinaia di migliaia, ormai quasi un milione di bambini e ragazzi sono stati sottratti alla malavita dei barrios (le favelas venezuelane) grazie al Sistema inventato nel 1975 da José Antonio Abreu: dar loro uno strumento, insegnare la musica e metterli subito in orchestra; in quarant’anni ne sono nate a centinaia in ogni parte del Paese, tanti genitori che venivano a sentire i loro figli, totalmente digiuni di musica, hanno poi iniziato a studiare uno strumento e formare orchestre amatoriali di adulti» illustra Dudamel, perfettamente a suo agio nel ruolo di testimonial di un Sistema che è divenuto un modello culturale e sociale copiato in tutto il mondo. Le orchestre giovanili e infantili, dove militano bambini tra i 7 e i 18 anni, hanno suonato nei maggiori teatri e la Simon Bolivar, la formazione più famosa di cui Gustavo è direttore musicale a vita e in cui arrivano i migliori strumentisti, tutti tra i 18 e i 25 anni, ha un contratto in esclusiva con la Deutsche Grammophon, l’etichetta di Karajan e Abbado, dei Wiener e dei Berliner Philharmoniker.
«Io stesso sono un frutto del Sistema: ho iniziato in un’orchestra infantile come violinista, a 11 già dirigevo ma da noi è normale: si parte a 6, 7 anni e fino agli 11, cioè fino a quando si è in un’orchestra infantile, si ha per maestri i ragazzi tra i 12 e i 18 che suonano in quelle giovanili, secondo il principio di mutuo insegnamento». A dirla così sembra facile, ma gli inizi furono tutt’altro che scontati: «Abreu girava per le case dei barrios, bussava alle porte e invitata le famiglie ad affidargli i loro piccoli; li invitava senza avere ancora gli strumenti, non c’erano soldi e il Sistema non era ancora una realtà enorme e nota come oggi: negli anni tutti i governi, di destra e di sinistra, nonché sempre più benefattori e ammiratori stranieri, hanno sostenuto il progetto, ma all’inizio, quando non ci credeva nessuno a parte Abreu, ottenere qualche violino e un violoncello era una vera impresa».
Quando la realtà ha superato la fantasia è stato tutto più semplice: il miracolo di baby spacciatori, ladri e teppisti che invece di maneggiare coltelli e pistole iniziavano a impugnare archetti e imbracciare viole e tromboni ha commosso e convinto il mondo. «Ciò che accade ha dell’incredibile: con i ragazzi proviamo anche tre, quattro sinfonie di Mahler nella stessa giornata, per sei, sette ore; non penso ci sia nessuna orchestra professionale al mondo che abbia questi ritmi. Certo, sono bambini, quindi ad ogni sinfonia ci prendiamo una pausa e giochiamo a pallone; sì, uso la prima persona plurale, gioco anch’io!». Niente arrangiamenti per bambini, i baby orchestrali affrontano partiture vere che fanno tremare le vene e i polsi alle filarmoniche più acclamate. «Questi ragazzi suonano con un entusiasmo e una passione unica. Dopo una tournée internazionale con i Wiener ho diretto un’orchestra giovanile a Upata, nel nordovest del Venezuela; in entrambi i casi c’era la sinfonia Dal nuovo mondo di Dvorak e se devo dire quale sia stata l’interpretazione più convincente, beh, la sincerità e la freschezza che si percepivano a Upata penso siano irripetibili; per questo nonostante gli impegni siano sempre di più non rinuncio a passare qualche mese con questi giovani».
Dover dirigere il Capodanno di Vienna non ha travolto Dudamel: «La prima volta che mi trovai sul podio dei Wiener, dieci anni fa, mi tremavano le mani, ma dopo tre minuti si era già creata una profonda empatia e tutto si è sviluppato in modo molto naturale. E poi non ho l’assillo della perfezione: la natura, che è meravigliosa, non è perfetta; l’esecuzione dal vivo non è un film o un quadro, non rimane per sempre e non puoi cambiarla, l’errore sono tre secondi su oltre un’ora di musica». Soprattutto per Dudamel non è stata la prima volta che è salito sul podio sotto la sguardo di cento milioni di spettatori: «A febbraio ho diretto la Youth Orchestra di Los Angeles, creata sul modello del Sistema, al Super Bowl; dovevano suonare i Coldplay, sono molto amico di Chris Martin (frontman della band, ndr.) che come me crede nella musica come contributo al bene comune; li abbiamo accompagnati orchestrando alcune loro canzoni, è stato un momento incredibile».