Il re dei gatti è Balthus. Nome d’arte di Balthasar Klossowski de Rola nato a Parigi il 29 febbraio 1908. Così si definisce in un autoritratto del 1935. Più precisamente il titolo esatto è A portrait of H.M. The King of cats painted by himself (dove per H.M. intende sua maestà). Il dipinto è ora in mostra alla Fondation Beyeler di Basilea che dedica all’artista un’intensa retrospettiva. Qui si ritrae con vestiti molto attillati, la mano destra sui fianchi, quella sinistra attaccata alla giacca, le gambe lunghissime e il volto serio, un po’ imbronciato. In primo piano un grosso gatto sornione che si struscia sui pantaloni.
I gatti sono la sua passione e qua e là fanno spesso capolino nei suoi dipinti. Forse Balthus si identifica con loro: aristocratici, indipendenti, fieri, solitari. L’amicizia di un gatto è preziosa perché sa riconoscere un suo simile e lo tratta da pari. Questo suo amore lo identifica come un artista fuori dagli schemi, fuori dalle avanguardie che oggi sono sinonimo di conservazione. Lui, invece, il massimo concentrato di restaurazione, sia nei modi che nell’arte, appare come il vero rivoluzionario. Il nonno materno era compositore per la sinagoga di Breslavia. Lo zio materno, tale Spiro, sposato con l’attrice Tilla Durieux, ritratta da Max Oppenheim come Giocasta e infine «intima» di Rosa Luxemburg. Alberto Arbasino racconta che quando Balthus era direttore di Villa Medici a Roma «si presentava come un leggendario maître d’hôtel celebrato da Proust perché più aristocratico dei suoi signori». Un dandy fuori da ogni contesto sociale, singolare in ogni aspetto. Sembra che tagliasse l’insalata a piccoli quadrettini prima di mangiarla.
I suoi punti di riferimento estetici sono Piero della Francesca e, soprattutto, Masaccio. I dipinti che ne risultano sono composti da colori terrosi, sporchi; le figure appaiono immobili e ieratiche, come sospese in un universo irreale. Certo le proporzioni delle persone non sono quelle canoniche e le forme femminili non sono di una bellezza classica: i volti fissi, immobili, le gambe tozze a colonna. Ma sono venate di una certa inquietudine intrisa di latente surrealismo e da un ritorno all’ordine.
Per tutta la vita (1908-2001) Balthus è andato avanti per la sua strada incurante di ciò che gli accadeva intorno e per tutta la vita, nonostante i riconoscimenti internazionali, è rimasto ai margini della storia dell’arte, costellata da provocazioni sostanziali più che tecniche, di forma più che di metodo, di intenti più che di prassi. L’arte per l’avanguardia del secolo scorso è solo pensiero e la tecnica è annullata, come elemento negativo e inutile. Siamo nel regno dell’intelletto, del «concetto», e l’artista vuole assurgere a intellettuale. Quasi mai ci riesce. Balthus, al contrario, pur con una tecnica e una forma sgrammaticata, entra di diritto nella scia degli artisti pittori che con le sue provocazioni (almeno così ad alcuni paiono) rivoluziona la recente storia dell’arte. Certo di lui si scrive solo per la sua presunta morbosità e i suoi lavori si osservano con l’occhio viziato dal peccato.
Recentemente un suo Thérèse rêvant del 1938, ricoverato al Metropolitan Museum of Art di New York e ora in mostra a Basilea, è salito agli onori della cronaca per una petizione fantasiosa che ne richiedeva la rimozione o la ricollocazione in un nuovo contesto per via della sua forte carica erotica o per meglio dire per il suo incitamento alla pedofilia. Si sa, viviamo in un mondo pieno di neopuritanesimo, dove tutto viene rimesso in discussione e qualche anima bella in odore di politicamente corretto si sofferma su questioni inesistenti mentre ci sono uomini che sgozzano altri uomini.
Scrive l’artista: «I miei dipinti, che trattino adolescenti o siano paesaggi, sono dominati da una stessa idea… il risveglio della vita. Perché ci sia vita, è necessario che ci sia il desiderio amoroso». Antonin Artaud, per il quale Balthus progetta scenari e costumi per Les Cenci, scrive in occasione della prima personale dell’artista alla Galerie Pierre di Parigi del 1934: «Il nudo ha qualcosa di secco, di duro, di esattamente riempito, e anche di crudele, bisogna dirlo. Invita all’amore ma non dissimula i suoi pericoli. Quanto alla poesia essa entra nella pittura di Balthus a mezzo di una tela intitolata La Toilette de Cathy dove il corpo giovane e amoroso di una donna si impone come un sogno». La donna ha il volto da sfinge, il sesso ben marcato e i seni divaricati.
È comunque l’ambiguità la cifra caratterizzante dei suoi lavori. Ne La rue del 1933 troviamo diversi personaggi: dalla bambina che gioca alla mamma con il pargolo in braccio, all’operaio con un pezzo di legno sulle spalle. Ma è sulla sinistra che un uomo, fra la generale indifferenza, avvicina una ragazza. Un incidente, un inciampo o come sostengono i malevoli un tentativo di stupro in strada?
La sintesi del suo lavoro si trova in una delle ultime opere in mostra: Le Chat au miroir III del 1989-1994. Qui una giovane ragazza seduta su un sofà porge uno specchio al gatto di fronte che si guarda. Il suo mondo trova così una sintesi fra bellezza femminile e bellezza animale, fra seduzione e verità, fra mondo reale e mondo immaginario. Le due figure, simbolo dell’indipendenza e del desiderio, si fondono come in una fiaba per «vecchi bambini».
La mostra di Basilea non è ovviamente esaustiva come quella curata da Jean Clair a Palazzo Grassi di Venezia nel 2002, che proponeva circa 200 opere delle 350 dipinte dall’artista, ma vale comunque la pena di visitarla. Le opere esposte sono 40 e ripercorrono tutte le stagioni creative di Balthus dal 1928 agli anni Novanta. Realizzata in collaborazione con il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, dove si sposterà agli inizi del prossimo anno, vanta una serie di prestiti internazionali da musei come il Metropolitan Museum of Art e il Museum of Modern Art di New York, il Centre Pompidou di Parigi e la Tate di Londra. Nelle sale sono presenti dei mediatori artistici per eventuali informazioni o dubbi e in un pannello apposito, posizionato nel lungo corridoio vetrato che dà sul giardino, si possono lasciare dei commenti sulla cartolina argentata prestampata con la domanda: Cosa ti affascina, irrita o sorprende nelle opere di Balthus?