Nella valigia musicale
1. La viola – Dalle primissime note classiche fino all’ultimo concerto folk, passando attraverso gli anni di studi al conservatorio e ai dischi registrati, la mia viola è stata con me ovunque. Non l’ho mai cambiata ed è quindi su di lei che si può seguire la mia vita, dalla fine della fanciullezza all’età adulta. È l’unico oggetto in cui potrei identificarmi: rappresenta la consapevolezza di me e porta i segni di ciò che sono stato, ricordandomelo ogni volta. È con la mia viola che si è sviluppato l’amore per gli strumenti musicali in genere, per la loro storia e per la loro costruzione.
2. La chiave per accordare pianoforti – Imparando il mestiere di tecnico e costruttore di pianoforti mi sono appassionato, approfondendolo, al mondo del suono e all’arte dell’accordatura. La chiave per accordare i pianoforti diventa ben presto l’oggetto più utilizzato: un vero e proprio ponte tra l’uomo e lo strumento. È solo attraverso quella chiave che si può raggiungere l’obiettivo ultimo, cioè la perfetta armonia – fatta di accordatura e intonazione – tra tutte le corde. E nei pianoforti moderni si tratta di circa 230 corde in un solo strumento!
3. Il pianoforte Erard – A farmi perdere la testa per gli strumenti a tastiera antichi e per il loro recupero è stato l’incontro con un pianoforte a coda Erard del 1907, che acquistai senza motivi particolari se non quello dell’urgenza – da parte del vecchio proprietario – di svuotare il proprio appartamento. Grazie a questo strumento ho conosciuto la delicatezza, la varietà e le potenzialità degli strumenti antichi rispetto allo standard attualmente in voga. Iniziando ad appassionarmi alla storia di questo Erard si è accesa una più ampia curiosità – diventata una vera e propria fame di conoscenze – riguardo l’intera storia evolutiva del pianoforte. Una storia tecnica e artigianale che – malgrado sia lo strumento più diffuso di tutti – spesso viene travisata, mitizzata o misconosciuta dagli stessi pianisti. Perché quando Chopin componeva le sue opere, il suono che sentiva era molto diverso da quello dei pianoforti moderni.
4. Il disco «Tabula Rasa» di Arvo Pärt – Suonare o riparare strumenti non è però abbastanza. Anzi: non servirebbe a nulla se prima di tutto non adorassi ascoltarla, la musica. Un disco che ho acquistato quando avevo vent’anni e ho letteralmente consumato è Tabula Rasa di Arvo Pärt. Addirittura ne avevo acquistato due copie, per conservarne almeno una in caso di perdita. È il più straordinario gruppo organizzato di suoni mai concepito, una perfezione combinatoria ed estetica che ho riscontrato in pochissime altre creazioni musicali. E nella forza di Tabula Rasa – al tempo stesso concettuale e sensoriale – perdono di senso le etichette e le categorie, lasciando semplicemente la musica.
5. Un registratore audio portatile – Un altro oggetto di cui difficilmente faccio a meno è il registratore digitale portatile, che mi dà la possibilità – oltre che di appuntare idee musicali volanti – di catturare sprazzi del mondo sonoro che incontro per strada, durante i viaggi o semplicemente ascoltando gli oggetti quotidiani, quelli che normalmente siamo abituati soltanto a guardare. Il fascino di ascoltare veramente un rumore sta lì, nella sublimazione del consueto, e catturarla in un senso musicale apre a infinite possibilità di sensi e rielaborazioni.